La Chiesa custode della Bellezza

Che la Chiesa Cattolica sia di fatto custode di un numero infinito di opere d’arte di straordinaria bellezza è cosa certa, ma il titolo di questa breve riflessione ha anche un altro più profondo significato perché la Chiesa ha anche il dovere e la responsabilità non solo di custodire le cose belle, ma la stessa bellezza in quanto attributo divino che si riverbera sulla creazione e sulle opere dell’uomo. 
Dovere tanto più cogente in un’epoca come la nostra in cui nelle società più sviluppate del pianeta è in atto un allontanamento dalla bellezza ridotta a strumento di dominio e di consenso e vista con sospetto anche nel campo dell’arte che era stato per secoli il suo prediletto terreno di cultura. 
“La bellezza -ha scritto Dostoijevsky – è una cosa terribile: è terribile perché è indefinibile e non la si può definire perché Dio l’ha circondata di enigmi. In essa le opposte rive si congiungono in essa le contraddizioni vivono insieme… Qui il diavolo lotta con Dio e il campo di battaglia è il cuore umano”. 
Il concetto di bellezza, una parola che cambia da un paese all’altro, ha nella lingua una storia complessa e rivelatrice: le parole che la designano sono diverse: l’ebraico tob, che viene adoperata nella Bibbia sia con il significato di bello che con quello di buono; il greco kalos che pur riferendosi a un un valore estetico, si coniuga per naturale attrazione con agatòs, che significa buono dando vita al termine calogagatìa, una bellezza che è anche bontà. Il francese beau, l’italiano bello l’inglese beautiful, derivano dall’aggettivo latino bellus diminutivo di bonicellus che significava buono nel linguaggio dei fanciulli. 
Nel mondo in cui viviamo oggi la bellezza ha due volti contrapposti. Il mondo del potere la difende ipocritamente perchè, trascina, persuade, produce consenso, purchè rimanga qualcosa di relativo, e coincida con ciò che produce piacere senza creare problemi etici o ontologici. 
“…”la bellezza disinteressata – ha scritto Hans von Balthasar -senza la quale il vecchio mondo era incapace di intendersi… ha preso congedo in punta di piedi dal moderno mondo degli interessi, per abbandonarlo alla sua cupidigia e alla sua tristezza”. Il mondo del consumismo e del profitto si compiace di una bellezza “interessata”, una bellezza strumentale, spesso asservita alla logica del denaro, che aiuta a vendere sempre di più e a render appetibili cose del tutto inutili, creando le premesse dello spreco e allargando la forbice della diseguaglianza. 
La “bellezza” così è diventata la seducente regina della pubblicità, spesso associata alla violenza alla infinita accelerazione, alla illusione.  
Per un cristiano la bellezza è qualcosa di diverso, che avvicina a Dio e si esprime in migliaia di pagine scritte, di immagini, di composizioni musicali, che lo aiutano a credere e a capire i misteri della fede. “Tardi ti amai – scrive S. Agostino nelle Confessioni – bellezza così antica e così nuova, tardi ti amai. Sì perché tu eri dentro di me e io fuori. 
Lì ti cercavo. Deforme io mi proiettavo sulle belle forme delle tue creature. Eri con me e non ero con te. La ragione per la quale la bellezza nell’orizzonte dei credenti non ha perso nulla del suo valore sta quindi nel fatto che essa è attributo divino che apre la nostra mente al trascendente:” 
“Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco – si legge nel Salmo25-contemplare la bellezza del Signore”. 
Egli è il più bello tra i figli degli uomini; sulle sue labbra ride la grazia.  
Quindi per chi crede, la bellezza illusoria e aperta al male non può confondersi con la vera bellezza, qualità del visibile che apre all’invisibile e splendore della verità.  

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