Editoriale


Giuseppe Maria Jonghi Lavarini

«Si racconta che nell’alta valle della terra degli Osci, appena fuori dal borgo viveva con due sue ancelle una principessa. Una fata molto bella con i capelli castani e gli occhi color dell’ambra. La sua casa era piccola piccola nitida , pulitissima, con tanti piccoli oggetti tutti in ordine. Anche la corte, con tanti animali, oche e caprette era in allegria intorno al pozzo proprio davanti alla casetta di legno, sasso e calce bianca. La chiamavano fata perchè andava per le case dove la chiamavano e con gentilezza sapeva parlare con le fiamme del focolare.
Sapeva leggere e ascoltare il crepitio delle fiamme e delle scintille, cogliendo tutte le buone cose che il fuoco del camino di quella famiglia conosceva e sapeva riconoscere e prevedere le fiamme; infatti nascevano dai pezzi e tronchetti di legna messi sulla pietra del camino e salivano poi in cielo dove avevano colto le risposte alle domande che avevano ascoltato nella casa che li aveva accolti e raccolti.

Le fiamme erano ritornate ad essere i raggi di sole che
imprigionati sulla terra nelle piante del bosco, felici ritornavano in cielo. La principessa sapeva cogliere le foglie di malva, piccole margheritine, resine, lacrime dei grandi abeti del bosco, denti di leone dal fiore giallo del prato e treccine di licopodio. Con le sue mani bianchissime, affusolate sapeva accarezzare le fiamme spargendo la sua polvere fatta di petali di fiore sui ceppi e sulle piccole fascine intrecciate che metteva nel camino. I licopodi mandavano bagliori … scintille impertinenti sobbalzavano sul fuoco.

Il Monte Rosa visto da Gressoney.
Foto di Rita Ghisalberti

Incominciava così una fiammeggiante conversazione fatta di domande e risposte che solo i bagliori e la danza delle fiamme sapevano dare. Tutte le belle cose del presente e del domani venivano così svelate, la fiamma piegava le sue onde a destra o a sinistra, si alzava o si reclinava… tutto un linguaggio che Morgana, così si chiamava la fata, adagio adagio svelava … tutta la famiglia del focolare era lì, ascoltava le belle nuove e sorrideva… tenendosi per mano mamma e papà, nonni, figli e nipotini e gli amici e le comari più care…
Per ciascuno Morgana, la fata che sapeva ascoltare le fiamme del camino, ripeteva la notizia più bella, perché in tutte le cose c’è quel lato positivo che ricorda la gioia di vivere
.

IL LICOPODIO IL SEGRETO DEI FUOCHI ARTIFICIALI.

“È assolutamente realistico e scoppiettante il fuoco che si può ottenere grazie alla combustione della polvere ricavata da una pianta, il licopodio, che, a contatto con della fiamma, brucia fiammeggiando in modo scenografico.
Per questa peculiare caratteristica, il licopodio, è utilizzato per confezionare fuochi d’artificio e per la realizzazione di effetti teatrali. Il licopodio cresce spontaneamente nei luoghi freschi, nei pascoli, nelle radure boscose delle zone montane e collinari fino ai 2000 metri di quota.

È una pianta a fusto strisciante con foglie piccole e strette, provvista di spighe che producono una polvere gialla composta da spore detta zolfo vegetale, che, raccolta in estate e fatta rapidamente essiccare su fogli di carta bianca, e conservata in luogo asciutto in un vasetto di vetro ben chiuso, ha una proprietà combustibile.
Per questa caratteristica, il licopodio è più comunemente conosciuto con il nome di Erba Strega, in quanto la variopinta fiammata può sembrare davvero miracolosa.

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