Palazzo Ciccarelli di Cesavolpe di Napoli ARGOMENTARE UN PROGETTO DI RESTAURO

Restauro del costruito storico e monumentale di una parte del Palazzo Ciccarelli di Cesavolpe di Napoli — Collocazione della Biblioteca dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli

ARGOMENTI DI ARCHITETTURA  ISSN 1591-3171  N. 7/2021
DOI: 
10.13140/RG.2.2.33337.70244

ABETI Maurizio, ORLANDO Rocco, SICIGNANO Claudia, MELELLA Roberta

1. INTRODUZIONE

Il progetto di restauro è nato* dall’esigenza di conferire idonea sistemazione alla Biblioteca dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli (operativa dal 1975) che rappresenta uno dei maggiori fondi librari del Mezzogiorno d’Italia. La biblioteca trova il proprio nucleo centrale in collezioni, grandi opere e repertori di carattere filosofico, dove sono ampiamente rappresentati i temi della filosofia del Settecento europeo, soprattutto di orientamento illuminista: la grande filosofia tedesca (Fiche, Schelling, Kant, Hegel, ecc.) e francese (Voltaire, Bayle, Diderot, Helvetius, D’Alembert, Rousseau, Wolf, ecc.) dei secoli XVIII e XIX, ma anche i pensatori italiani dell’Ottocento (De Sanctis, Spaventa, Vera, Fiorentino, Labriola, Tari, ecc.). Comprende anche edizioni cinquecentesche, seicentesche e settecentesche di opere di Aristotele, Platone, Cicerone, Tommaso d’Aquino, Agostino, Bodin, Bacon, Grotius, Boyle e Newton. Infine offre una ricca dotazione di testi che testimoniano l’ambiente storico e culturale entro cui si formarono le idee e il pensiero di figure fondamentali della cultura italiana e meridionale quali Vico, Gravina e Muratori.
In considerazione del valore bibliografico e documentario della raccolta libraria e dei rischi che essa corre, si è evidenziato l’urgenza di un intervento di restauro mirato ad assicurare la corretta conservazione e recupero di una parte del monumentale Palazzo Ciccarelli di Cesavolpe, patrimonio architettonico del XVI secolo, ubicato nel centro storico di Napoli (fig. 1).

* Ente Regione Campania (Italia) con Decreto n. 37 del 6 febbraio 201 della Direzione Generale 
per le Risorse Strumentali esprimeva la volontà di avviare un percorso per la “Costituzione di
 una biblioteca per l’allocazione, conservazione e pubblica fruizione del patrimonio bibliografico 
dell’Istituto Italiano gli Studi Filosofici di Napoli ubicata in Piazza S. Maria degli Angeli”.  

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Fig. 1 Palazzo Ciccarelli di Cesavolpe, Napoli.

2. FISIONOMIA DELLA BIBLIOTECA

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Fig. 2 Piante

L’immobile oggetto del restauro è parte del Palazzo Ciccarelli di Cesavolpe, che fu la residenza, già dal 1575, dei principi di Melfi del Carretto Doria. Successivamente, trasferito in eredità al marchese di Torriglia, nel 1595 fu venduto ai monaci Teatini. L’edificio passò in proprietà a don Pietro Castellet, reggente della Vicaria, il quale fece eseguire importanti lavori di ristrutturazione per l’arrivo del Cardinale Zapata, che fu qui ospitato prima di trasferirsi nel palazzo in piazza Trieste e Trento. In seguito Luigi Castellet, figlio di don Pietro, nel 1642 cedette i due immobili al nuovo reggente della Vicaria, don Diego Bernardo Zuffa, sposo di Caterina di Castiglia, e da questi alle figlie. Alla metà del XIX° secolo il Marchese di Cesavolpe, don Francesco Ciccarelli, acquistò entrambi i palazzi e li abbellì affidando i lavori all’architetto Cesare Cardona che ne fece una dimora di gran lusso e grandiosità, tanto da essere considerato uno dei palazzi più belli della città. All’inizio del XX° secolo divenne possedimento della famiglia Del Balzo dopo il matrimonio tra don Nicola Del Balzo duca di Presenzano ed Enrichetta Ciccarelli marchesa di Cesavolpe.
Nel corso delle operazioni di rilievo le analisi delle strutture hanno confermato che l’attuale immobile, nella sua configurazione attuale, derivi dall’unificazione, succedutasi nel tempo, di due corpi di fabbrica originari, come è intuibile anche dalla stessa articolazione del prospetto. Ristrutturato in età neoclassica, che evidenzia una autonoma conformazione stilistica nella zona del portone di ingresso e nelle campiture ad esso più prossime, che si differenzia dal resto del fronte. Le stesse unità immobiliari oggetto dell’intervento di restauro, ricadono in entrambi i corpi di fabbrica originari.
Il compendio si presenta con una differenziata articolazione spaziale, che vede un piano rialzato di notevoli dimensioni, un piano seminterrato, dotato comunque di affacci esterni, e alcuni locali posti ad un piano superiore; un ampio giardino all’interno del quale si trova un piccolo caffehaus (fig. 3) ne completano la consistenza.

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Fig. 3 Caffehaus.
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Figg. 4 e 5 Ingresso e corte interna.

La conformazione attuale dell’immobile vede ora l’accesso principale risolto mediante il superamento di dodici scalini (fig. 4) che si dipartono direttamente dal cortile del fabbricato (fig. 5) e raggiungono il livello superiore dell’immobile.

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Fig. 6 e Figg. 7 e 8 Corridoio e sala rettangolare.

Dal vano di ingresso si accede ad un lungo corridoio (fig. 6) da un lato del quale si entra nell’ampia sala, di forma rettangolare, di oltre 190 mq. (figg. 7 e 8).

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Fig. 9 Ambiente prospiciente Piazza S. Maria degli Angeli (NA).

Lo stesso corridoio, dall’altro lato, distribuisce una doppia serie di ambienti paralleli (fig.9), la più esterna delle quali prospetta direttamente la Piazza tramite tre finestre e nove balconi.
Nei pressi dell’ingresso, infine, è posta una scala che raggiunge gli ambienti posti al primo piano, che affacciano direttamente sul giardino attraverso un unico lungo balcone (fig. 10).

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Fig. 10 Ambienti posti al primo piano

Al termine del corridoio una scala a tre rampata conduce al livello sottostante, caratterizzato, in massima parte, da un grande vano che affaccia direttamente sul giardino. Sono altresì presenti piccoli ambienti, con coperture a volta, di irrigidimento fondazionale del fabbricato. Il piano di calpestio dello scantinato risulta inferiore al piano del terreno (figg. 11 e 12); onde offrire un’adeguata illuminazione e areazione, le finestrature aprono su di una sorta di ballatoio, anch’esso sottoposto rispetto alla quota giardino, e largo circa 1.40 m..

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Figg. 11 e 12 Vista esterna ed interna del livello seminterrato.

Da questo livello, infine, attraverso una rampa di scale, si raggiunge l’uscita secondaria dell’antico fabbricato Ceccarelli, che si pone, in adiacenza a quella principale, su uno dei lati del cortile (fig. 13).

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Fig. 13 Rampa secondaria.

I solai dell’edificio monumentale si presentano in gran parte piani, ad eccezione degli ambienti afferenti alla porzione di palazzo che già in origine, probabilmente, presentava elementi formali di maggior pregio; tali ambienti presentano coperture a volta.
Alcuni dei solai piani, evidenziano interventi di irrigidimento statico realizzati con il classico posizionamenti di travi metalliche al disotto delle travi lignee, databili ad interventi al fabbricato, nel suo complesso, successivi al sisma del 1980. Lo stato strutturale dell’immobile manifesta il lungo periodo di abbandono, perdurato per più decenni.

4. L’IPOTESI DI PROGETTO DI RESTAURO

L’ipotesi di progetto di restauro si diparte proprio dall’attuale segmentazione degli spazi, che diviene generatrice delle nuove funzioni della biblioteca. Si prevede quindi di posizionare al piano rialzato tutte le funzioni “pubbliche” connesse alla struttura (sala lettura, sala conferenze, sala multimediale, spazi mostra,ecc.), mentre al piano seminterrato gli spazi sono deputati al solo deposito dei volumi e delle riviste. Le stanze poste al primo piano, che si configurano come un appartamento separato, vengono designate invece alle funzioni amministrative e di catalogazione connesse alla gestione della Biblioteca.
In termini di capacità di archiviazione del materiale librario, il progetto predisposto calcola possibile una capacità teorica di allocazione di testi pari a circa 130.000 volumi.
In termini di capacità di archiviazione del materiale librario, il progetto predisposto calcola possibile una capacità teorica di allocazione di testi pari a circa 130.000 volumi.

– Piano seminterrato
Al piano seminterrato, anche in considerazione dei carichi, troverà allocazione la maggior parte dei testi, utilizzando, nella sala di maggiori dimensioni, pari a circa 180 mq, impianti di archiviazione compattabili. Ai piani superiori troveranno posto la restante parte dei volumi.
È previsto un ambiente da destinare ad ufficio per gli addetti alla ricerca dei volumi, nonché specifici ambienti per servizi e ripostigli.
È stata inoltre prevista la sistemazione di un montacarichi di collegamento con la sala superiore per il trasferimento dei volumi da dare in consultazione.
Onde ottimizzare le fasi lavorative e di movimentazione dei testi si prevede l’istallazione di un ulteriore montacarichi che consenta il trasferimento dei volumi nei locali del primo piano. Ciò per consentire ai volumi in arrivo, da catalogare, di giungere direttamente al piano superiore senza intersecarsi con i percorsi destinati all’utenza.
Non è previsto, per questa zona, l’accesso del pubblico.

– Piano rialzato
Tale piano rappresenta il cuore pulsante della biblioteca, il suo aprirsi alla città su piazza Santa Maria degli Angeli a Pizzofalcone, nel quartiere San Ferdinando, e risulta caratterizzato in primo luogo dalla grande sala, di superficie pari a circa 200 mq. Una grande sala multifunzionale che, prevalentemente adibita a sala di lettura, possa trasformarsi rapidamente, attraverso l’utilizzo di mobilio e suppellettili mobili, in spazio “altro”, offrendosi alla possibilità di ospitare mostre, concerti, happenings, stages, ecc.
Relativamente agli altri spazi, la loro caratterizzazione è derivata dalla particolare tipologia dei potenziali utenti. Un’utenza che, proprio per la peculiarità del materiale librario messo a disposizione, non risulta quantitativamente consistente ma qualitativamente significativa. Per tale motivo si è scelto di attrezzare, nelle stanze di affaccio alla piazza, zone lettura per piccoli nuclei o singoli fruitori; e quindi stanze dotate di tavoli con numero limitato di sedute e stanze con singole e separate postazioni informatiche per l’accesso a documentazione elettronica. Sono state anche
individuati quattro ambienti da destinare a docenti universitari o studiosi che, per un periodo limitato di tempo, hanno necessità di disporre di un piccolo studio autonomo.
Nelle stanze-filtro, a ridosso del lungo corridoio, e che spesso sono di transito per le salette di lettura, sono stati allocati i servizi per l’utenza, il centro stampa, e piccoli salottini per favorire gli incontri e gli scambi culturali fra utenti.
Per favorire la più ampia allocazione del vasto patrimonio librario dell’Istituto, per ogni stanza è inoltre prevista una distribuzione perimetrale di scaffalature di adeguata capienza.

– Primo piano
In questi locali troveranno posto tutte le attività amministrative della biblioteca non connesse direttamente alla fruizione pubblica. In questi spazi avverrà la catalogazione dei testi in arrivo, attraverso un apposito montacarichi e, in relazione all’evolversi delle attività della biblioteca potranno anche esservi svolte alcune, o tutte, le fasi legate alla digitalizzazione dei testi.

– Spazi esterni e padiglione
Tali ambiti spaziali concorrono a fornire un valore aggiunto alla struttura, e nel progetto diventano parte integrante della biblioteca. Il giardino, che alle nostre latitudini risulta fruibile per gran parte dell’anno, diventa spazio alternativo di lettura e confronto, con la predisposizione di piccole aree di lettura e sosta, e il caffehaus, centro e punto di ristoro e incontro.
Il collegamento tra il giardino e la restante parte della Biblioteca è assicurato dalla presenza delle due rampe di scale che lo collegano ai due terrazzi adiacenti alla grande sala di lettura.

5. LE SCELTE PROGETTUALI

L’intervento di restauro, inserito, come già accennato, in un edificio di chiara valenza storica, presenta caratterizzazioni formali tali da imporre significativi interventi di salvaguardia e restauro; va considerato inoltre che la configurazione attuale degli spazi deriva dalle trasformazioni e dagli ampliamenti che si sono succeduti nel tempo. Ad una parte che, almeno strutturalmente, è ascrivibile agli edifici originari o a trasformazioni edilizie ormai storicizzate, si affianca la porzione di fabbricato realizzata sul finire degli anni ’60.
Per la parte di più antica edificazione, costituente gran parte del piano ammezzato e del primo piano, si è proceduto ad un’operazione di recupero delle caratteristiche percettive dei singoli ambienti, demolendo alcune recenti tramezzature e ripristinando i varchi di passaggio originarie restaurandoli.
Nuovi tramezzature sono state predisposte nei soli servizi igienici, che peraltro incidono in maniera marginale e in spazi architettonicamente poco significativi. Il lungo corridoio, elemento distributivo dei vari ambienti, e già in passato costituente la vecchia loggia prospettante il terrazzo, continuerà ad assolvere la sua funzione di “decumano massimo”. Si ipotizza di connotarlo formalmente in maniera differenziata, quasi a riportarlo alla sua originaria funzione di filtro tra interno ed esterno, identificando come tale la grande e luminosissima sala.
A tale proposito è da sottolineare che, paradossalmente, la tipologia costruttiva, lo stato di degrado e la capacità portante della parte edificata alla fine degli anni ’60 è risultata la più fragile, tanto da far ritenere più economicamente sostenibile, e a vantaggio della sicurezza, la demolizione del manufatto e il suo completo rifacimento. La soluzione adottata è stata quella di realizzare il nuovo manufatto con una struttura intelaiata in cls. armato, in adiacenza alla struttura portante dell’edificio. Per quanto riguarda le soluzioni di facciata, si è ipotizzato di mantenere, al livello inferiore, la classica tompagnatura muraria con il ripristino delle attuali aperture; per il livello superiore si è invece scelto di adottare da una facciata continua in vetro, prospettante il giardino, che manifesti la sua “alterità” rispetto al contesto, senza adottare finte soluzioni di contestualizzazione. Tale scelta, inoltre, come già accennato, risulta coerente con la volontà di evocare, al livello del piano rialzato, la dualità interno/esterno, attraverso la diversa luminosità degli ambienti.
Per quanto attiene al giardino, la soluzione progettuale adottata prevede la costituzione di alcuni percorsi, pavimentati in tufo, riposizionando le due vasche presenti che, seppur senza alcuna connotazione architettonica di particolare pregio, rappresentano ormai una caratteristica formale ormai storicizzata. Tale nuova conformazione si pone come obiettivo di rendere il giardino elemento fondante di socializzazione tra gli utenti della Biblioteca, congiuntamente al caffehaus, dove trova allocazione il punto ristoro. Il padiglione, per quanto già accennato, è l’unico elemento che prevede un recupero della sua attuale caratterizzazione formale.
L’intervento non prevede interventi significativi sui prospetti degli edifici originari, se non per quelli interni al giardino, i quali saranno oggetto solo di piccoli interventi manutentivi che si dovessero rendere necessari per ripristinare gli elementi formali di prospetto risultati ammalorati.
Tutti gli infissi esterni saranno sostituiti elementi in legno tinteggiato, di forma e caratteristiche identici agli attuali, coerentemente con le esigenze di unitarietà della facciata.
Per quanto riguarda la pavimentazione, non è stato possibile rinvenire alcun elemento di caratterizzazione stilistica o di valenza storica. Se ne prevede la sostituzione con elementi in materiale lapideo, la cui cifra stilistica sarà demandata alle successive fasi di approfondimento progettuale.
Nell’ambito della progettazione di restauro elaborato, minuziosa attenzione è stata posta sulla verifica dei requisiti strutturali dell’immobile, anche in relazione alle normativa vigente. L’immobile, come detto, è costituito da una parte di edificazione antica ed una di più recente realizzazione. Si è reso necessario, per la parte realizzata in muratura portante, prevedere adeguati interventi di irrigidimento. Per la parte più recente si ipotizza, come detto, il rifacimento del nuovo corpo.
Particolare cura è stata infine posta nella determinazione della dotazione impiantistica della Biblioteca, sia per aderire alle prescrizioni dettate dalla normativa vigente, sia per rendere più sicura e agevole l’utilizzo di tutti gli spazi, interni ed esterni, della biblioteca.

6. CALCOLO DI EMBODIED ENERGY E EMBODIED CARBON

Nella Tabella sono riportati i valori di Embodied Energy e Embodied Carbon dei materiali ed elementi utilizzati per il restauro

L’Embodied Energy rappresenta la misura dell’energia utilizzata nel ciclo di produzione dei materiali fino al loro utilizzo finale, calcolata come la quantità di energia non rinnovabile per unità di materiale edile, componente o sistema [1].
L’Embodied Carbon viene definita come la quantità di emissioni di CO2 dovute all’estrazione delle materie prime, al trasporto, alla lavorazione, produzione ed altre attività connesse. La principale fonte di emissioni di CO2 in relazione al ciclo di vita dei materiali da costruzione è la combustione di fonti energetiche fossili durante il processo produttivo [2] .
Tali indicatori sono stati presi da ICE Inventory of Carbon & Energy, un inventario elaborato dall’Università di Bath (Inghilterra) nel 2011 e aggiornato nel 2019, in cui vengono elencati i valori di EE e EC, rispettivamente in MJ/kg e kgCO2/kg , dei più frequenti materiali usati in ambito edilizio e industriale. Tali valori sono stati successivamente moltiplicati per i rispettivi pesi in kg di ogni singolo materiale/elemento utilizzato per l’intervento di restauro oggetto di studio, per ottenere i valori totali. Da questi ultimi si sono ricavati l’embodied energy e l’embodied carbon per unità funzionale, nello specifico l’unità di superficie, ottenendo così: EE unità funzionale [MJ/m²] = 2017,588ed EC per unità funzionale [kgCO2/m²]= 168,044.
I valori ottenuti potrebbero sembrare eccessivi per una semplice intelaiatura in acciaio, tuttavia tale sistema costruttivo risulta essere idoneo ad un possibile disassemblaggio degli elementi con eventuale riciclo o riutilizzo degli stessi. Diversi studi hanno infatti accertato la maggiore facilità di riutilizzare elementi e/o materiali provenienti da un sistema tecnologico assemblato “a secco”, ovvero mediante bullonatura o saldatura nel caso degli elementi in acciaio [3].
Inoltre, sapendo che dalla Gerarchia dei Rifiuti è da preferire la pratica del riuso piuttosto che del riciclo, le tecnologie a secco rispondono meglio a questo requisito in quanto le componenti edilizia possono, con un opportuno smontaggio e verifica di qualità, essere riutilizzate tal quali e quindi essere re-immesse nel ciclo produttivo in maniera diretta senza ulteriore spreco di energia. In questo modo si realizza un ciclo produttivo circolare, ispirato ai cicli biologici, denominato “to cradle to cradle” (dalla culla alla culla), con l’obiettivo di eliminare del tutto i processi produttivi di tipo lineare, denominati “to cradle to gate” (dalla culla alla tomba) [4] .

7. METODOLOGIA E STRUMENTI DI INDAGINE

L’unità immobiliare, posta al piano rialzato, composta: da una struttura originaria in Muratura; da un corpo aggiunto realizzato con struttura portante in C.A. e da un ampio spazio esterno (giardino) pertinenziale; attualmente versa in uno stato di abbandono, ma per essa è in corso la progettazione tesa al suo completo restauro e rammodernamento, per allocare la nuova Biblioteca dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli.
A tal uopo, in ragione della opportunità di verificare, anche se a campione, le condizioni dei solai e delle murature verticali dell’immobile, richiedono l’esecuzione (fig. 14) delle indagini geologiche e strutturali minime ritenute occorrenti, e consistenti in:

  • Indagini sulle strutture:
Fig. 14 Prove su murature con l’impiego di un martinetto piatto.

n. 2 prove su murature con l’impiego di un martinetto piatto e con un doppio martinetto, per la valutazione della resistenza a compressione e delle caratteristiche di deformabilità di due strutture murarie verticali a campione, con conseguente stima della tensione limite e dei moduli elastici associati;
n. 2 prove di carico quasi-statiche su solaio, con la tecnica del carico distribuito, per la verifica in sito della tenuta di altrettanti orizzontamenti del piano di calpestio dell’impalcato superiore presi a campione.

  • (Indagini geognostiche)

n. 3 prove penetrometriche dinamiche standard (DPM), di cui due da realizzare presso il giardino, ed una presso le fondazioni della struttura in esame, per la verifica delle caratteristiche di resistenza meccanica dei terreni presenti nelsottosuolo;

Fig. 15 Indagine MASW.


n. 1 prova sismica con tecnica MASW (fig. 15), per la definizione della categoria sismica di suolo;


n. 1 indagine georadar presso il giardino, al fine di escludere la presenza di cavità superficiali.
Premesso che, come noto, tutte le tecniche investigative si distinguono in invasive, non distruttive (N.D.) o moderatamente distruttive (M.D.), nelle tabelle e nelle pagine che seguono si descrivono in dettaglio le metodologie di indagine, le norme di riferimento e le attrezzature impiegate, nonché le risultanze analitiche delle verifiche condotte, illustrate in maniera più esaustiva nei rapporti di prova e nelle elaborazioni grafiche, dove le tecniche prescelte sono codificate secondo il seguente schema:

PROVE N.D. o M.D. INVASIVE
M.D. = Martinetto doppio
P.C. = Prove di carico

Allo stesso schema si farà riferimento per l’esposizione progressiva delle risultanze ottenute.

7.1. Introduzione alle tecniche di indagine M.D.
Preliminarmente ad una verifica statica e/o ad un intervento di rinforzo di strutture in muratura è essenziale stabilire, in fase progettuale, le caratteristiche meccaniche di deformabilità e di resistenza dei materiali costituenti l’opera in studio.
L’approccio più semplice a disposizione del progettista è rappresentato dalle prove di tipo distruttivo, eseguite su campioni prelevati dalle stesse strutture murarie.
Tuttavia, questi campioni, per essere sufficientemente rappresentativi del comportamento medio globale della struttura, devono essere di grandi dimensioni ed indisturbati. Tali requisiti difficilmente si rispettano, se non ricorrendo a tecniche di prelievo sofisticate ed onerose. Inoltre, nel caso di edifici storici o monumentali, è impossibile anche il prelievo di campioni di piccole dimensioni.
Come noto, la conoscenza approfondita delle caratteristiche meccaniche dei materiali costituenti una struttura muraria può ottenersi, oltre che con le prove invasive, anche mediante metodologie non distruttive (prove n.d.).
L’esigenza di caratterizzare in modo corretto le murature portanti attraverso prove meccaniche non distruttive è stata soddisfatta per l’immobile di Piazza S. Maria degli Angeli di Napoli grazie all’utilizzo della tecnica di prova basata sull’impiego dei martinetti piatti.

7.2. Le prove con martinetti piatti
Tali prove consentono di determinare “in situ” le caratteristiche di deformabilità di campioni di muratura di grandi dimensioni, fornendo chiare ed esaurienti risposte in merito a:
• lo stato di sollecitazione esistente nell’elemento murario (martinetto singolo);
• le caratteristiche di deformabilità e la resistenza a compressione (martinetto doppio).
L’indagine con il martinetto singolo (fig. 16) si basa sul seguente principio: una discontinuità prodotta su una sezione di un corpo sottoposto a carichi provoca la liberazione delle tensioni che mutuamente, attraverso quella superficie ideale, le due parti si scambiano.
L’annullamento delle tensioni dovuto all’eliminazione delle iperstaticità interne (taglio) genera l’instaurarsi di deformazioni individuabili attraverso la variazione delle distanze di punti posti simmetricamente rispetto al taglio stesso.

Fig. 16 Martinetto piatto singolo.

Mediante l’introduzione di un martinetto piatto nella discontinuità creata è possibile, incrementando gradualmente la pressione, allontanare le superfici del taglio riportando le distanze tra i punti a quelle iniziali; il valore della pressione per il quale si ristabilisce la configurazione geometrica iniziale corrisponde allo stato di sollecitazione della muratura all’atto della prova.
La validità del principio permane fintanto che nell’intorno della discontinuità prodotta il corpo non esca dal regime elastico lineare. L’eventuale instaurarsi di deformazioni plastiche, causate da tensioni elevate provocate da un’eccessiva riduzione della sezione conseguente ad un taglio troppo grande, porterebbe ad una sopravvalutazione dello stato di stress.

Fig. 17 Martinetto piatto doppio.

La prova con il martinetto doppio (fig. 17) permette invece di effettuare la verifica della resistenza a compressione delle murature “in situ”, sottoponendo un elemento di muratura isolato dai due martinetti a cicli di carico crescenti. Le sollecitazioni vengono incrementate fino all’insorgere di lesioni. Nella curva carico – deformazioni si evidenzia il punto di non linearità degli spostamenti che individua la sollecitazione a rottura dell’elemento murario.
L’attrezzatura utilizzata per l’esecuzione delle prove consta in:
• piastrine circolari (basi deformometriche) metalliche come riferimento per la misura delle distanze;
• un deformometro millesimale per la lettura degli spostamenti;
• una pompa pneumatica per fornire la pressione ai martinetti;
• i martinetti (celle di carico), di forma e dimensioni variabili;
• una mototroncatrice (sega) speciale per eseguire i tagli nella muratura.
Il martinetto piatto, di forma rettangolare o semiovale, è una cella di carico in acciaio ad alta resistenza azionata idraulicamente.
Nello specifico caso in esame, sono stati impiegati martinetti semi ovali di produzione BOVIAR e Glotz (standard), corredati da rispettivi certificati di taratura, con le seguenti caratteristiche:
• superficie 930 cm2
• dimensioni 350 x 260 x 4
• lamiera 0.8 mm
oltre a:
• basi deformometriche della Mayes, in acciaio inox, φ 6,3 mm;
• un deformometro di produzione italiana da 300 mm, con comparatore meccanico millesimale della Mitutoyo con display digitale a cinque cifre;
• una pompa idraulica manuale da 60 bar a due manometri φ 160 mm, di produzione tedesca, della Glotz GmbH;
• una mototroncatrice a scoppio a trasmissione eccentrica della HUSQVARNA, mod. Partner K960 RING, con lama diamantata φ 350 mm.

7.3. Prove con doppio martinetto (standard ASTM C 1197-91; ASTM C1197-2004)

Fig. 18 L’esigenza di caratterizzare in modo corretto le murature portanti attraverso prove meccaniche non distruttive.

Nella prova con due martinetti, un elemento semicilindrico con dimensioni di circa 40 x 50 cm viene isolato su una superficie in muratura per una profondità di circa 26 cm, mediante due tagli orizzontali praticati in corrispondenza della fessura della malta (fig. 18).
L’elemento campione viene sottoposto, per mezzo di due martinetti inseriti nei tagli, a cicli di carico e scarico. Tre coppie di basi di misura verticali, ed una coppia orizzontale, installate sulla superficie libera del campione, permettono di misurare le deformazioni assiali e trasversali del campione di L’elemento campione viene sottoposto, per mezzo di due martinetti inseriti nei tagli, a cicli di carico e scarico. Tre coppie di basi di misura verticali, ed una coppia orizzontale, installate sulla superficie libera del campione, permettono di misurare le deformazioni assiali e trasversali del campione di muratura. Questo viene sottoposto a cicli di carico, il primo dei quali arriva fino alla pressione di esercizio determinato in precedenza con la prova singola.
La variazione delle distanze tra le coppie di riferimenti sono confrontate con le distanze misurate prima dell’inizio dei cicli di carico. Quando si raggiunge la plasticizzazione della malta, essa perde completamente la sua capacità di deformarsi, diventando un corpo rigido uniformato alla tessitura muraria.
Gli spostamenti si mantengono costanti fino alla completa plasticizzazione della sezione, quando a piccoli incrementi di carico si riscontrano grandi deformazioni.
Superato tale stato, la sezione va in crisi, e si formano le prime lesioni superficiali in corrispondenza del taglio orizzontale dove è alloggiato il martinetto.
Quanto detto presuppone che siano realizzate due condizioni:
• che le analisi siano condotte nel campo elastico lineare di deformazione;
• che la sconnessione operata non provochi ampie plasticizzazioni sull’elemento sottoposto a prova a causa di tensioni troppo elevate presenti prima della realizzazione dei tagli.
Le modalità della prova approssimano in maniera soddisfacente un regime di compressione assiale; tuttavia i risultati ottenuti risentono delle condizioni di vincolo dell’elemento sottoposto a controllo.
Le prove effettuate hanno riguardato una muratura perimetrale ed una di spina.
Di seguito se ne illustrano, nei rapporti di prova con martinetti piatti, i dettagli:

  • Martinetto doppio – MD1
  • Martinetto doppio – MD2
PROVA UBICAZIONE PRESSIONE (1) Mpa Modulo (2) Mpa
MD1 Muro perimetrale – piano rialzato 0,97 1142
MD2 Muro di spina – piano
terra
1,62 1456

La pressione (1) indica la tensione di rottura laddove è stato possibile determinarla analiticamente. Il modulo (2) indica invece il modulo di elasticità secante, calcolato come indicato nei rapporti di prova.
Dall’analisi della suddetta tabella si evince che le pressioni di rottura, come i moduli elastici, sono risultate modeste nella prova eseguita in corrispondenza della muratura perimetrale, inferiori a 1 MPa (10 Kg/cmq), mentre gli esiti della sperimentazione condotta presso la muratura di spina indicano tensioni di rottura >15 Kg/cmq, tipiche di una muratura di tufo dalle discrete caratteristiche di resistenza a compressione.

7.4 Prove di carico
Come anticipato, il piano di indagine affidato prevedeva l’esecuzione di due prove di carico su altrettanti solai del piano di calpestio dell’impalcato superiore, occupato in parte da uffici, in parte da una ampia balconata/terrazza.

Figg. 19 e 20 Prove di carico estreno ed interno.

Le prove sono state realizzate, la prima con superficie di carico posta sul balcone/terrazzo (fig. 19), di cui sopra, e la seconda all’interno degli uffici della Municipalità (fig. 20) .
Non è stato necessario procedere alle verifiche preliminari, di prassi per la scrivente, finalizzate ad una analisi speditiva all’intradosso per una corretta collocazione dei sensori di prova, in quanto questo si presentava a vista, costituito da travetti (PC1) oppure da travature di legno sostenute da più recenti elementi metallici (PC2).
(I due test sono stati realizzati utilizzando un materasso speciale per collaudi di dimensioni 3,0 x 4,0 metri, posto preferibilmente al centro del solaio da caricare, e riempito di un volume di acqua tale da raggiungere il carico di prova indicato dai progettisti.
Nel corso degli stessi test gli abbassamenti sono stati rilevati in cinque punti mediante trasduttori montati su altrettante aste telescopiche in alluminio in corrispondenza dell’ambiente sottostante.
Almeno uno dei sensori è stato collocato in corrispondenza degli appoggi, al fine di discriminare il cedimento degli stessi.
Riguardo ai carichi di prova, in considerazione della destinazione d’uso dei solai, esse sono state spinte, con incremento e decremento costante del carico, con un sovraccarico di 300 Kg/mq.
Al termine di ciascuna prova sono state rilevate le deformazioni residue (ciclo di scarico).

Fig. 21 Vista solaio.

Al di sotto del solaio (fig. 21) caricato in ciascuna prova gli abbassamenti sono stati rilevati in continuo, mediante i trasduttori elettronici (definiti nel rapporto di prova Sn), collegati ad una centralina di acquisizione dati, che ne ha consentito anche la visualizzazione su monitor.

Nell’allegato C si riportano le tabelle complete dei valori delle deformazioni sperimentali misurate in funzione del carico applicato, unitamente al corrispondente grafico, oltre alla tabella riportante i cedimenti massimi e quelli residui, depurati degli effetti dei cedimenti degli appoggi e di quelli (stimati) di deformazione termica sui materiali impiegati per le prove.

7.5 Risultati prove di carico su solaio

Fig. 22 Pianta con posizionamento delle prove di carico.

Prova PC1

Dall’esito delle indagini è emerso che nel corso della PC1 i massimi abbassamenti sono stati registrati presso il sensore S3 (mezzeria), dove è stata rilevata una freccia max (depurata dai cedimenti agli appoggi) di 1,52 mm (cfr. allegato C), con deformazioni residue modeste (di circa 0,1 mm, pari a < 10% della freccia massima), a testimonianza della assenza di deformazioni plastiche; nel corso della prova PC2

se da un lato sono stati riscontrati in mezzeria (S3) abbassamenti simili al primo test, i valori massimi depurati dei cedimenti agli appoggi sono risultati inferiori a 1 mm, ed è stato riscontrato inoltre un lieve fenomeno di schiacciamento presso il sensore S5, dovuto alla deformazione residua della muratura per il sovraccarico applicato.
Riguardo ai risultati ottenuti, per ogni prova si riportano nel corrispondente rapporto allegato le tabelle complete con i valori dei cedimenti massimi rilevati in funzione dei carichi applicati, le tabelle riportanti i cedimenti massimi assoluti misurati da ciascun sensore, e il grafico con i dati delle deformazioni in funzione dei carichi.

8. DESCRIZIONE GENERALE DEI RISULTATI DEI CALCOLI STRUTTURALI

L’opera oggetto della presente verifica è costituita da due corpi di fabbrica dei quali il primo è una struttura in c.a. giuntata dal secondo che, a sua volta, è il secondo livello di un edificio storico di sei livelli in muratura. In questa prima fase si descrive l’intervento sul primo corpo che è di ricostruzione, ma con struttura in acciaio. In una seconda fase si descrive l’intervento sulla parte in muratura.

8.1 Parte in acciaio
Il primo si sviluppa per due piani di cui uno seminterrato con destinazione d’uso biblioteca. Ha una sagoma a L al piano seminterrato e rettangolare al piano superiore. Le dimensioni principali sono di m. 25.80 X 9.60 e altezza alla gronda di m. 9.67. La struttura è costituita da 6 telai in acciaio posti ad interasse di m. 4,37 e l’ultimo obliquo. Il solaio di calpestio è in acciaio con lamiera grecata e soletta di irrigidimento e la copertura è con capriate, arcarecci e lamiera gregata. La fondazione è costituita da plinti e travi di collegamento nonchè da una piastra irrigidente di spessore cm.30 la quale ha anche la funzione di sostenere gli elementi cupolex di altezza cm.70 e relativa soletta in c.a. da cm.7 armata con maglia Ø 8 15 X 15 la cui portanza è di 3000 N/mq. come carico permanente e 16000 N/mq come carico accidentale. Questi carichi giustificano la specifica destinazione in quanto il locale ospiterà elementi compattabili contenti libri.
Vengono riportate di seguito due viste assonometriche contrapposte, allo scopo di consentire una migliore comprensione della struttura oggetto della presente relazione:

Fig. 23 Vista Anteriore
La direzione di visualizzazione (bisettrice del cono ottico), relativamente al sistema di riferimento globale 0,X,Y, Z, ha versore (1;1;-1).
Fig. 24 Vista Posteriore
La direzione di visualizzazione (bisettrice del cono ottico), relativamente al sistema di riferimento globale 0,X,Y, Z, ha versore (-1;-1;-1).

8.2 Materiali impiegati e resistenze di calcolo
Per la realizzazione dell’opera in oggetto saranno impiegati i seguenti materiali:

Materiali calcestruzzo armato

Materiali acciaio

LEGENDA:

Tensioni ammissibili allo SLE dei vari materiali

Tutti i materiali impiegati dovranno essere comunque verificati con opportune prove di laboratorio secondo le prescrizioni della vigente Normativa.
I diagrammi costitutivi degli elementi in calcestruzzo sono stati adottati in particolare per le verifiche effettuate a pressoflessione retta e pressoflessione deviata.

8.3 Terreno di fondazione
Le indagini effettuate, mirate alla valutazione della velocità delle onde di taglio (VS30) e/o del numero di colpi dello Standard Penetration Test (NSPT), permettono di classificare il profilo stratigrafico, ai fini della determinazione dell’azione sismica, inrocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fina molto consistenti.
Tutti i parametri che caratterizzano i terreni di fondazione sono riportati nei “Tabulati di calcolo”, nella relativa sezione. Per ulteriori dettagli si rimanda alle relazioni geologica e geotecnica.

8.4 Analisi dei carichi
Un’accurata valutazione dei carichi è un requisito imprescindibile di una corretta progettazione, in particolare per le costruzioni realizzate in zona sismica.
Essa, infatti, è fondamentale ai fini della determinazione delle forze sismiche, in quanto incide sulla valutazione delle masse e dei periodi propri della struttura dai quali dipendono i valori delle accelerazioni (ordinate degli spettri di progetto).
La valutazione dei carichi permanenti è effettuata sulle dimensioni definitive.
Le analisi effettuate, corredate da dettagliate descrizioni, sono di seguito riportate:

ANALISI CARICHI

LEGENDA:

9. VALUTAZIONE DELL’AZIONE SISMICA

In particolare il procedimento per la definizione degli spettri di progetto per i vari Stati Limite per cui sono state effettuate le verifiche è stato il seguente:

  • definizione della Vita Nominale e della Classe d’Uso della struttura, il cui uso combinato ha portato alla definizione del Periodo di Riferimento dell’azione sismica.
  • Individuazione, tramite latitudine e longitudine, dei parametri sismici di base ag, F0 e T*c per tutti e quattro gli Stati Limite previsti (SLO, SLD, SLV e SLC); l’individuazione è stata effettuata interpolando tra i 4 punti più vicini al punto di riferimento dell’edificio.
  • Determinazione dei coefficienti di amplificazione stratigrafica e topografica.
  • Calcolo del periodo Tc corrispondente all’inizio del tratto a velocità costante dello Spettro.

I dati così calcolati sono stati utilizzati per determinare gli Spettri di Progetto nelle verifiche agli Stati Limite considerate.
Si riportano di seguito le coordinate geografiche del sito rispetto al Datum ED50:

Latitudine Longitudine Altitudine
[°] [°] [m]
40.8539 14.2506 17

9.1 Verifiche di regolarità

Sia per la scelta del metodo di calcolo, sia per la valutazione del fattore di struttura adottato, deve essere effettuato il controllo della regolarità della struttura.
La tabella seguente riepiloga, per la struttura in esame, le condizioni di regolarità in pianta ed in altezza soddisfatte.

REGOLARITÀ DELLA STRUTTURA IN PIANTA
La configurazione in pianta è compatta e approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni ortogonali, in relazione alla distribuzione di masse e rigidezze NO
Il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui la costruzione risulta inscritta è inferiore a 4 NO
Nessuna dimensione di eventuali rientri o sporgenze supera il 25 % della dimensione totale della costruzione nella corrispondente direzione NO
Gli orizzontamenti possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano rispetto agli elementi verticali e sufficientemente resistenti NO
REGOLARITÀ DELLA STRUTTURA IN ALTEZZA
Tutti i sistemi resistenti verticali (quali telai e pareti) si estendono per tutta l’altezza della costruzione NO
Massa e rigidezza rimangono costanti o variano gradualmente, senza bruschi cambiamenti, dalla base alla sommità della costruzione (le variazioni di massa da un orizzontamento all’altro non superano il 25 %, la rigidezza non si riduce da un orizzontamento a quello sovrastante più del 30% e non aumenta più del 10%); ai fini della rigidezza si possono considerare regolari in altezza strutture dotate di pareti o nuclei in c.a. o pareti e nuclei in muratura di sezione costante sull’altezza o di telai controventati in acciaio, ai quali sia affidato almeno il 50% dell’azione sismica alla base NO
Nelle strutture intelaiate progettate in CD“B” il rapporto tra resistenza effettiva e resistenza richiesta dal calcolo non è significativamente diverso per orizzontamenti diversi (il rapporto fra la resistenza effettiva e quella richiesta, calcolata ad un generico orizzontamento, non deve differire più del 20% dall’analogo rapporto determinato per un altro orizzontamento); può fare eccezione l’ultimo orizzontamento di strutture intelaiate di almeno tre orizzontamenti NO
Eventuali restringimenti della sezione orizzontale della costruzione avvengono in modo graduale da un orizzontamento al successivo, rispettando i seguenti limiti: ad ogni orizzontamento il rientro non supera il 30% della dimensione corrispondente al primo orizzontamento, né il 20% della dimensione corrispondente all’orizzontamento immediatamente sottostante. Fa eccezione l’ultimo orizzontamento di costruzioni di almeno quattro piani per il quale non sono previste limitazioni di restringimento NO

La rigidezza è calcolata come rapporto fra il taglio complessivamente agente al piano e δ, spostamento relativo di piano (il taglio di piano è la sommatoria delle azioni orizzontali agenti al di sopra del piano considerato).
Tutti i valori calcolati ed utilizzati per le verifiche sono riportati nei “Tabulati di calcolo” nella relativa sezione.
La struttura è pertanto:

in pianta in altezza
NON REGOLARE NON REGOLARE

9.2 Classe di duttilità
La classe di duttilità è rappresentativa della capacità dell’edificio di dissipare energia in campo anelastico per azioni cicliche ripetute.
Le deformazioni anelastiche devono essere distribuite nel maggior numero di elementi duttili, in particolare le travi, salvaguardando in tal modo i pilastri e soprattutto i nodi travi pilastro che sono gli elementi più fragili.
Si definiscono i due tipi di comportamento strutturale:

  • comportamento strutturale non-dissipativo;
  • comportamento strutturale dissipativo.

Per strutture con comportamento strutturale dissipativo si distinguono due livelli di Capacità Dissipativa o Classi di Duttilità (CD).

  • CD“A” (Alta);
  • CD“B” (Bassa).

La differenza tra le due classi risiede nell’entità delle plasticizzazioni cui ci si riconduce in fase di progettazione; per ambedue le classi, onde assicurare alla struttura un comportamento dissipativo e duttile evitando rotture fragili e la formazione di meccanismi instabili imprevisti, si fa ricorso ai procedimenti tipici della gerarchia delle resistenze.
La struttura in esame è stata progettata in classe di duttilità classe “BASSA”.

9.3 Spettri di Progetto per S.L.U. e S.L.D.
L’edificio è stato progettato per una Vita Nominale pari a 50 e per Classe d’Uso pari a 3.
In base alle indagini geognostiche effettuate si è classificato il suolo di fondazione caratterizzato darocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fina molto consistenti, cui corrispondono i seguenti valori per i parametri necessari alla costruzione degli spettri di risposta orizzontale e verticale:

Per la definizione degli spettri di risposta, oltre all’accelerazione (ag) al suolo (dipendente dalla classificazione sismica del Comune) occorre determinare il Fattore di Struttura (q).
Il Fattore di struttura q è un fattore riduttivo delle forze elastiche introdotto per tenere conto delle capacità dissipative della struttura che dipende dal sistema costruttivo adottato, dalla Classe di Duttilità e dalla regolarità in altezza.
Si è inoltre assunto il Coefficiente di Amplificazione Topografica (ST) pari a 1,00.
Per la struttura in esame sono stati determinati i seguenti valori:

Stato Limite di salvaguardia della vita

Fattore di Struttura (qX) per sisma orizzontale in direzione X: 1,000;
Fattore di Struttura (qY) per sisma orizzontale in direzione Y: 1,000;
Fattore di Struttura (qZ) per sisma verticale: 1,50.

Di seguito si esplicita il calcolo del fattore di struttura utilizzato per il sisma orizzontale:

Il fattore di struttura è calcolato:
q = qo·KR
dove:
– qo è il valore massimo del fattore di struttura che dipende dal livello di duttilità attesa, dalla tipologia strutturale e dal rapporto αu1 tra il valore dell’azione sismica per il quale si verifica la formazione di un numero di cerniere plastiche tali da rendere la struttura labile e quello per il quale il primo elemento strutturale raggiunge la plasticizzazione a flessione;
– KR è un fattore riduttivo che dipende dalle caratteristiche di regolarità in altezza della costruzione, con valore pari ad 1 per costruzioni regolari in altezza e pari a 0,8 per costruzioni non regolari in altezza.
Si tenga presente che le costruzioni regolari in pianta, qualora non si proceda ad un’analisi non lineare finalizzata alla valutazione del rapporto αu1, per esso possono essere adottati i valori indicati per le diverse tipologie costruttive. Per le costruzioni non regolari in pianta, si possono adottare valori di αu1 pari alla media tra 1,0 ed i valori di volta in volta forniti per le diverse tipologie costruttive.

Gli spettri utilizzati sono riportati nella successiva figura.

9.4 Metodo di Analisi
Il calcolo delle azioni sismiche è stato eseguito in analisi dinamica modale, considerando il comportamento della struttura in regime elastico lineare.
Il numero di modi di vibrazione considerato (15) ha consentito, nelle varie condizioni, di mobilitare le seguenti percentuali delle masse della struttura:

Stato Limite Direzione Sisma %
salvaguardia della vita X 92.7
salvaguardia della vita Y 96.0
salvaguardia della vita Z 100.0

Per valutare la risposta massima complessiva di una generica caratteristica E, conseguente alla sovrapposizione dei modi, si è utilizzata una tecnica di combinazione probabilistica definita CQC (Complete Quadratic Combination – Combinazione Quadratica Completa):

dove:
n è il numero di modi di vibrazione considerati;
ξ è il coefficiente di smorzamento viscoso equivalente espresso in percentuale;
βij è il rapporto tra le frequenze di ciascuna coppia i-j di modi di vibrazione.

Le sollecitazioni derivanti da tali azioni sono state composte poi con quelle derivanti da carichi verticali, orizzontali non sismici secondo le varie combinazioni di carico probabilistiche. Il calcolo è stato effettuato mediante un programma agli elementi finiti le cui caratteristiche verranno descritte nel seguito.
Il calcolo degli effetti dell’azione sismica è stato eseguito con riferimento alla struttura spaziale, tenendo cioè conto degli elementi interagenti fra loro secondo l’effettiva realizzazione escludendo i tamponamenti. Non ci sono approssimazioni su tetti inclinati, piani sfalsati o scale, solette, pareti irrigidenti e nuclei.
Si è tenuto conto delle deformabilità taglianti e flessionali degli elementi monodimensionali; muri, pareti, setti, solette sono stati correttamente schematizzati tramite elementi finiti a tre/quattro nodi con comportamento a guscio (sia a piastra che a lastra).
Sono stati considerati sei gradi di libertà per nodo; in ogni nodo della struttura sono state applicate le forze sismiche derivanti dalle masse circostanti.
Le sollecitazioni derivanti da tali forze sono state poi combinate con quelle derivanti dagli altri carichi come prima specificato.

10. AZIONI SULLA STRUTTURA

I calcoli e le verifiche sono condotti con il metodo semiprobabilistico degli stati limite. I carichi agenti sui solai, derivanti dall’analisi dei carichi, vengono ripartiti dal programma di calcolo in modo automatico sulle membrature (travi, pilastri, pareti, solette, platee, ecc.).
I carichi dovuti ai tamponamenti, sia sulle travi di fondazione che su quelle di piano, sono schematizzati come carichi lineari agenti esclusivamente sulle aste.
Su tutti gli elementi strutturali è inoltre possibile applicare direttamente ulteriori azioni concentrate e/o distribuite (variabili con legge lineare ed agenti lungo tutta l’asta o su tratti limitati di essa).
Le azioni introdotte direttamente sono combinate con le altre (carichi permanenti, accidentali e sisma) mediante le combinazioni di carico di seguito descritte; da esse si ottengono i valori probabilistici da impiegare successivamente nelle verifiche.

10.1 Stato Limite di Salvaguardia della Vita
Le azioni sulla costruzione sono state cumulate in modo da determinare condizioni di carico tali da risultare più sfavorevoli ai fini delle singole verifiche, tenendo conto della probabilità ridotta di intervento simultaneo di tutte le azioni con i rispettivi valori più sfavorevoli, come consentito dalle norme vigenti.
Per gli stati limite ultimi sono state adottate le combinazioni del tipo:

dove:

Le 304 combinazioni risultanti sono state costruite a partire dalle sollecitazioni caratteristiche calcolate per ogni condizione di carico elementare: ciascuna condizione di carico accidentale, a rotazione, è stata considerata sollecitazione di base (Qk1 nella formula precedente).
In zona sismica, oltre alle sollecitazioni derivanti dalle generiche condizioni di carico statiche, devono essere considerate anche le sollecitazioni derivanti dal sisma. L’azione sismica è stata combinata con le altre azioni secondo la seguente relazione:

dove:

E rappresenta l’azione sismica per lo stato limite in esame;
G1 rappresenta peso proprio di tutti gli elementi strutturali;
G2 rappresenta il peso proprio di tutti gli elementi non strutturali;
P rappresenta l’azione di pretensione e/o precompressione;
2i coefficiente di combinazione delle azioni variabili Qi;
Qki valore caratteristico dell’azione variabile Qi.

Gli effetti dell’azione sismica sono valutati tenendo conto delle masse associate ai seguenti carichi gravitazionali:

I valori dei coefficienti 2i sono riportati nella seguente tabella:

Categoria/Azione 2i
Categoria A – Ambienti ad uso residenziale 0,3
Categoria B – Uffici 0,3
Categoria C – Ambienti suscettibili di affollamento 0,6
Categoria D – Ambienti ad uso commerciale 0,6
Categoria E – Biblioteche, archivi, magazzini e ambienti ad uso industriale 0,8
Categoria F – Rimesse e parcheggi (per autoveicoli di peso ≤ 30 kN) 0,6
Categoria G – Rimesse e parcheggi (per autoveicoli di peso > 30 kN) 0,3
Categoria H – Coperture 0,0
Vento 0,0
Neve (a quota ≤ 1000 m s.l.m.) 0,0
Neve (a quota > 1000 m s.l.m.) 0,2
Variazioni termiche 0,0

Le verifiche strutturali e geotecniche delle fondazioni, sono state effettuate con l’Approccio 2, attraverso la combinazione A1+M1+R3. Le azioni sono state amplificate tramite i coefficienti della colonna A1 (STR).
I valori di resistenza del terreno sono stati ridotti tramite i coefficienti della colonna M1.
I valori calcolati delle resistenze totali dell’elemento strutturale sono stati divisi per i coefficienti R3 per le fondazioni superficiali.
Si è quindi provveduto a progettare le armature di ogni elemento strutturale per ciascuno dei valori ottenuti secondo le modalità precedentemente illustrate.

10.2 Stato Limite di Danno
L’azione sismica, ottenuta dallo spettro di progetto per lo Stato Limite di Danno, è stata combinata con le altre azioni mediante una relazione del tutto analoga alla precedente:

dove:

Gli effetti dell’azione sismica sono valutati tenendo conto delle masse associate ai seguenti carichi gravitazionali:

10.3 Stati Limite di Esercizio
Per le verifiche agli stati limite di esercizio, a seconda dei casi, si fa riferimento alle seguenti combinazioni di carico:

In maniera analoga a quanto illustrato nel caso dello SLU le combinazioni risultanti sono state costruite a partire dalle sollecitazioni caratteristiche calcolate per ogni condizione di carico; a turno ogni condizione di carico accidentale è stata considerata sollecitazione di base [Qk1 nella formula (1)], con ciò dando origine a tanti valori combinati. Per ognuna delle combinazioni ottenute, in funzione dell’elemento (trave, pilastro, etc…) sono state effettuate le verifiche allo SLE (tensioni, deformazioni e fessurazione).

10.4 Azione del Vento
L’applicazione dell’azione del vento sulla struttura si articola in due fasi:

  1. calcolo della pressione Normale e Tangenziale lungo l’altezza dell’edificio;
  2. trasformazione delle pressioni in forze (lineari/concentrate) sugli elementi (strutturali/non strutturali) dell’edificio.

10.4.1 Calcolo pressione normale e tangenziale

  • Pressione Normale

La pressione Normale del vento è data dall’espressione:
p = qb·ce·cp·cd
dove
– qb: la pressione cinetica di riferimento data dall’espressione:

con:
ρ: densità dell’aria (assunta pari a 1,25 kg/m3);
vb(TR): velocità di riferimento del vento (in m/s), data da:
vb(TR) = αR·vb, con:
αR: coefficiente dato dalla seguente relazione:

vb: velocità di riferimento del vento associata ad un periodo di ritorno di 50 anni, data da:

vb = vb,0 per as ≤ a0;
vb = vb,0 + ka·(as – a0) per a0 < as ≤ 1500 m;

dove:
vb,0, a0, ka: parametri;
as: altitudine sul livello del mare (m.s.l.m) del sito ove sorge la costruzione;
TR: periodo di ritorno espresso in anni [10 anni; 500 anni].
– Ce: coefficiente di esposizione, che per altezza sul suolo (z) non maggiori di 200 m è dato dalla formula:

ce(z) = kr2·ct·ln (z/z0)·[7+ ct·ln·(z/z0)] per z ≥ zmin
ce(z) = ce(zmin) per z < zmin

dove:
kr , z0 , zmin: parametri (funzione della categoria di esposizione del sito e della classe di rugosità del terreno);
ct: coefficiente di topografia (assunto pari ad 1).
– cp: coefficiente di forma (o coefficiente aerodinamico), funzione della tipologia e della geometria della costruzione e del suo orientamento rispetto alla direzione del vento.
– cd: coefficiente dinamico (assunto pari ad 1).

  • Pressione Tangenziale

L’azione tangente per unità di superficie parallela alla direzione del vento è data dall’espressione
pf = qb·ce·cf
dove
– qb, ce: definiti in precedenza;
– cf: coefficiente d’attrito, funzione della scabrezza della superficie sulla quale il vento esercita l’azione tangente funzione.
Per il caso in esame:

10.4.2 Applicazione delle forze sulla struttura
Per ogni superficie esposta all’azione del vento si individua la posizione del baricentro e in corrispondenza di esso, dal diagramma delle pressioni dell’edificio, si ricava la pressione per unità di superficie.
Per gli elementi strutturali la pressione è trasformata in:
– forze lineari per i beam (pilastri e travi);
– forze nodali per le shell (pareti, muri e solette).
Per gli elementi non strutturali (tamponature, solai e balconi) la forza totale (pressione nel baricentro x superficie) viene divisa per il perimetro in modo da ottenere una forza per unità di lunghezza che viene applicata sugli elementi strutturali confinanti.

11. SISTEMI DI RIFERIMENTO GLOBALE

11.1 Riferimento globale

Il sistema di riferimento globale, rispetto al quale va riferita l’intera struttura, è costituito da una terna di assi cartesiani sinistrorsa O, X, Y, Z (X, Y, e Z sono disposti e orientati rispettivamente secondo il pollice, l’indice ed il medio della mano destra, una volta posizionati questi ultimi a 90° tra loro).

11.2 Riferimento locale per travi

L’elemento Trave è un classico elemento strutturale in grado di ricevere Carichi distribuiti e Carichi Nodali applicati ai due nodi di estremità; per effetto di tali carichi nascono, negli estremi, sollecitazioni di taglio, sforzo normale, momenti flettenti e torcenti.

Definiti i e j (nodi iniziale e finale della Trave) viene individuato un sistema di assi cartesiani 1-2-3 locale all’elemento, con origine nel Nodo i così composto:

  • asse 1 orientato dal nodo i al nodo j;
  • assi 2 e 3 appartenenti alla sezione dell’elemento e coincidenti con gli assi principali d’inerzia della sezione stessa.

Le sollecitazioni verranno fornite in riferimento a tale sistema di riferimento:

  1. Sollecitazione di Trazione o Compressione T1 (agente nella direzione i-j);
  2. Sollecitazioni taglianti T2 e T3, agenti nei due piani 1-2 e 1-3, rispettivamente secondo l’asse 2 e l’asse 3;
  3. Sollecitazioni che inducono flessione nei piani 1-3 e 1-2 (M2 e M3);
  4. Sollecitazione torcente M1.

11.3 Riferimento locale per pilastri

Definiti i e j come i due nodi iniziale e finale del pilastro, viene individuato un sistema di assi cartesiani 1-2-3 locale all’elemento, con origine nel Nodo i così composto:

  • asse 1 orientato dal nodo i al nodo j;
  • asse 2 perpendicolare all’ asse 1, parallelo e discorde all’asse globale Y;
  • asse 3 che completa la terna destrorsa, parallelo e concorde all’asse globale X.

Tale sistema di riferimento è valido per Pilastri con angolo di rotazione pari a ‘0’ gradi; una rotazione del pilastro nel piano XY ha l’effetto di ruotare anche tale sistema (ad es. una rotazione di ’90’ gradi porterebbe l’asse 2 a essere parallelo e concorde all’asse X, mentre l’asse 3 sarebbe parallelo e concorde all’asse globale Y). La rotazione non ha alcun effetto sull’asse 1 che coinciderà sempre e comunque con l’asse globale Z.
Per quanto riguarda le sollecitazioni si ha:

  1. una forza di trazione o compressione T1, agente lungo l’asse locale 1;
  2. due forze taglianti T2 e T3 agenti lungo i due assi locali 2 e 3;
  3. due vettori momento (flettente) M2 e M3 agenti lungo i due assi locali 2 e 3;
  4. un vettore momento (torcente) M1 agente lungo l’asse locale nel piano 1.

11.4 Riferimento locale per pareti

Si rende necessario, a questo punto, meglio precisare le modalità con cui EdiLus restituisce i risultati di calcolo.
Nel modello di calcolo agli elementi finiti ciascun setto è discretizzato in una serie di elementi tipo “shell” interconnessi; il solutore agli elementi finiti integrato nel programma EdiLus, definisce un riferimento locale per ciascun elemento shell e restituisce i valori delle tensioni esclusivamente rispetto a tali riferimenti.
Il software EdiLus provvede ad omogeneizzare tutti i valori riferendoli alla terna 1-2-3. Tale operazione consente, in fase di input, di ridurre al mimino gli errori dovuti alla complessità d’immissione dei dati stessi ed allo stesso tempo di restituire all’utente dei risultati facilmente interpretabili.
Tutti i dati cioè, sia in fase di input che in fase di output, sono organizzati secondo un criterio razionale vicino al modo di operare del tecnico e svincolato dal procedimento seguito dall’elaboratore elettronico.
In tal modo ad esempio, il significato dei valori delle tensioni può essere compreso con immediatezza non solo dal progettista che ha operato con il programma ma anche da un tecnico terzo non coinvolto nell’elaborazione; entrambi, così, potranno controllare con facilità dal tabulato di calcolo, la congruità dei valori riportati.
Un’ultima notazione deve essere riservata alla modalità con cui il programma fornisce le armature delle pareti, con riferimento alla faccia anteriore e posteriore.
La faccia anteriore è quella di normale uscente concorde all’asse 3 come prima definito o, identicamente, quella posta alla destra dell’osservatore che percorresse il bordo superiore della parete concordemente al verso di tracciamento.

11.5 Riferimento locale per solette e platee

12. MODELLO DI CALCOLO

Il modello della struttura viene creato automaticamente dal codice di calcolo, individuando i vari elementi strutturali e fornendo le loro caratteristiche geometriche e meccaniche.
Viene definita un’opportuna numerazione degli elementi (nodi, aste, shell) costituenti il modello, al fine di individuare celermente ed univocamente ciascun elemento.
Qui di seguito è fornita una rappresentazione grafica dettagliata della discretizzazione operata con evidenziazione dei nodi e degli elementi.

Dalle illustrazioni precedenti si evince come le aste, sia travi che pilastri, siano schematizzate con un tratto flessibile centrale e da due tratti (braccetti) rigidi alle estremità. I nodi vengono posizionati sull’asse verticale dei pilastri, in corrispondenza dell’estradosso della trave più alta che in esso si collega. Tramite i braccetti i tratti flessibili sono quindi collegati ad esso.
In questa maniera il nodo risulta perfettamente aderente alla realtà poiché vengono presi in conto tutti gli eventuali disassamenti degli elementi con gli effetti che si possono determinare, quali momenti flettenti/torcenti aggiuntivi.
Le sollecitazioni vengono determinate, com’è corretto, solo per il tratto flessibile. Sui tratti rigidi, infatti, essendo (teoricamente) nulle le deformazioni le sollecitazioni risultano indeterminate.
Questa schematizzazione dei nodi viene automaticamente realizzata dal programma anche quando il nodo sia determinato dall’incontro di più travi senza il pilastro, o all’attacco di travi/pilastri con elementi shell.

13 PROGETTO E VERIFICA DEGLI ELEMENTI STRUTTURALI

La verifica degli elementi allo SLU avviene col seguente procedimento:

  • si costruiscono le combinazioni non sismiche in base al D.M. 14/01/2008, ottenendo un insieme di sollecitazioni;
  • si combinano tali sollecitazioni con quelle dovute all’azione del sisma;
  • per sollecitazioni semplici (flessione retta, taglio, etc.) si individuano i valori minimo e massimo con cui progettare o verificare l’elemento considerato; per sollecitazioni composte (pressoflessione retta/deviata) vengono eseguite le verifiche per tutte le possibili combinazioni e solo a seguito di ciò si individua quella che ha originato il minimo coefficiente di sicurezza.

13.1 Verifiche di Resistenza

131.1 Elementi in C.A.

Illustriamo, in dettaglio, il procedimento seguito in presenza di pressoflessione deviata (pilastri e trave di sezione generica):

  • per tutte le terne Mx, My, N, individuate secondo la modalità precedentemente illustrata, si calcola il coefficiente di sicurezza effettuando due verifiche a pressoflessione retta con la seguente formula:

dove:

– MEx, MEy sono i valori di calcolo delle due componenti di flessione retta dell’azione attorno agli assi di flessione X ed Y del sistema di riferimento locale;
– MRx, MRy sono i valori di calcolo dei momenti resistenti di pressoflessione retta corrispondenti allo sforzo assiale NEd valutati separatamente attorno agli assi di flessione.

L’esponente α può dedursi in funzione della geometria della sezione, della percentuale meccanica dell’armatura e della sollecitazione di sforzo normale agente.

  • se per almeno una di queste terne la relazione non è rispettata, si incrementa l’armatura variando il diametro delle barre utilizzate e/o il numero delle stesse in maniera iterativa fino a quando la suddetta relazione è rispettata per tutte le terne considerate.

Sempre quanto concerne il progetto degli elementi in c.a. illustriamo in dettaglio il procedimento seguito per le travi verificate/semiprogettate a pressoflessione retta:

  • per tutte le coppie Mx, N, individuate secondo la modalità precedentemente illustrata, si calcola il coefficiente di sicurezza in base all’armatura adottata;
  • se per almeno una di queste coppie esso è inferiore all’unità, si incrementa l’armatura variando il diametro delle barre utilizzate e/o il numero delle stesse in maniera iterativa fino a quando il coefficiente di sicurezza risulta maggiore o al più uguale all’unità per tutte le coppie considerate.

Una volta semiprogettate le armature allo SLU, si procede alla verifica delle sezioni allo Stato Limite di Esercizio con le sollecitazioni derivanti dalle combinazioni rare, frequenti e quasi permanenti; se necessario, le armature vengono integrate per far rientrare le tensioni entro i massimi valori previsti.
Successivamente si procede alle verifiche alla deformazione, quando richiesto, ed alla fessurazione che, come è noto, sono tese ad assicurare la durabilità dell’opera nel tempo.

13.1.2 Elementi in Acciaio
Per quanto concerne la verifica degli elementi in acciaio, le verifiche effettuate per ogni elemento dipendono dalla funzione dell’elemento nella struttura. Ad esempio, elementi con prevalente comportamento assiale (controventi o appartenenti a travature reticolari) sono verificate a trazione e/o compressione; elementi con funzioni portanti nei confronti dei carichi verticali sono verificati a Pressoflessione retta e Taglio; elementi con funzioni resistenti nei confronti di azioni orizzontali sono verificati a pressoflessione deviata e taglio oppure a sforzo normale se hanno la funzione di controventi.
Le verifiche allo SLU sono effettuate sempre controllando il soddisfacimento della relazione:

Rd ≥ Sd

La resistenza viene determinata, in funzione della Classe di appartenenza della Sezione metallica, col metodo Elastico o Plastico.
Viene portato in conto l’indebolimento causato dall’eventuale presenza di fori.
Le verifiche effettuate sono:

  • Verifiche di Trazione
  • Verifiche di Compressione
  • Verifiche di Flessione Monoassiale
  • Verifiche di Taglio (considerando l’influenza della Torsione) assiale e biassiale
  • Verifiche per contemporanea presenza di Flessione e Taglio
  • Verifiche per PressoFlessione retta e biassiale

Per ogni tipo di Verifica e per ogni elemento interessato dalla Verifica, i valori delle resistenze e delle sollecitazioni che hanno dato il minimo coefficiente di sicurezza, sono calcolati generalmente come:

CS = Rd/Sd.

13.1.3 Verifiche di Instabilità
Per tutti gli elementi strutturali sono state condotte verifiche di stabilità delle membrature, in particolare sono state effettuate le seguenti verifiche:

  • Verifiche di stabilità per compressione semplice, con controllo della snellezza.
  • Verifiche di stabilità per elementi inflessi.
  • Verifiche di stabilità per elementi inflessi e compressi.

Le verifiche sono effettuate considerando la possibilità di instabilizzazione flessotorsionale.

13.1.4 Verifiche di Deformabilità
In particolare si citano:

  • Verifiche agli spostamenti verticali per i singoli elementi.
  • Verifiche agli spostamenti laterali per i singoli elementi.
  • Verifiche agli spostamenti per il piano e per l’edificio.

13.2 Analisi
Questa analisi è necessaria in quanto, nel caso di cambio di classe e/o destinazione d’uso che comportasse un incremento di carico in fondazione superiore al 10%, occorre procedere all’adeguamento.
La destinazione attuale del piano interessato è di uffici aperti al pubblico con un sovraccarico accidentale di 3000 N/mq mentre quella di progetto è biblioteca con un sovraccarico accidentale di 6000 N/mq.
Verifica della condizione:

Muro P22-P23

La superficie del piano è di circa mq 235
Dall’analisi dei carichi dei solai in legno: attutale progetto
impalcato n. 6 (copertura) 690 690
impalcato n. 5 (abitazione) 625 625
impalcato n. 4 (abitazione) 625 625
impalcato n. 3 (abitazione) 625 625
impalcato n. 2 (uffici) 775 775
impalcato n. 1 (uffici) 775 1 973
totali da N/mq 4 115 5 313
interasse medio del carico m. 5,42 5,42
totali da N 22 303 28 794
peso del muro da N 39 523 39 523
scarico volta (già determinato) da N 48 814 48 814
totali da N 110 640 117 131
differenza
6 490
percentuale
0,06

Note bibliografiche
1. Altamura P., Costruire a zero Rifiuti, Francoangeli Editore, Milano Italy, 2015, p. 92.
2. Ibdem, 92.
3. Sicignano, E.; Di Ruocco, G.; Melella, R. Mitigation Strategies for Reduction of Embodied Energy and Carbon, in the Construction Systems of Contemporary Quality Architecture. Sustainability 2019.
4. Braungart M, Mc Donough W, Cradle to Cradle:Remaking the way we make things, NOrth Point Pr; 1 edizione, 2003.

Indirizzo corrente

Maurizio Abeti, PhD_ MSc
Docente del Corso di Storia dell’Arte Contemporanea e delle Arti applicate
Universitas Mercatorum
Piazza Mattei, 10
00186 Roma 
e-mail: maurizio.abeti@unimercatorum.it

Orlando Rocco, PhD
Laurea in ingegneria
Ricercatore indipendente
83040 Carife (AV)
e-mail: roccorlando@libero.it

Claudia Sicignano, PhD
Università degli Studi di Napoli Federico II  
Dipartimento di Strutture per l’Ingegneria e l’Architettura 
Via Claudio, 21 (edifici 6-7) 
80125 Napoli
claudia.sicignano@unina.it

Melella Roberta, PhD
Università di Salerno
Dipartimento di Ingegneria Civile/DICIV
Via Giovanni Paolo II, 132
84084 Fisciano (SA)  
e-mail: rmelella@unisa.it 
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