La ristrutturazione di questa vecchia casa Vittoriana risulta quasi sconvolgente per il lettore italiano abituato a un concetto di casa come oggetto solido che pone al riparo di un mondo esterno ostile. Al nord invece si ha un altro concetto, più interiorizzato, di privacy; perché non si ha paura della trasparenza.
Prima viene l’ispirazione e poi l’azione. In questa ristrutturazione l’ispirazione è stata: luce, luce, luce! Il perché è evidente: la luminosità del cielo britannico, per lunga parte dell’anno, lascia molto a desiderare. Per risolvere il problema alla radice hanno pensato di sostituire le pareti esterne del palazzo (che erano in cotto pieno) con grandi vetrate continue di tradizione razionalista. Ma l’operazione non è finita così, la seconda fase è stata: colorare, colorare, colorare. Colorare innanzitutto i pavimenti, utilizzando materiali molto diversi tra loro, come il legno di pero e le piastrelle ceramiche blu elettrico. Poi colorare i contenitori con tinte differenti, tutte piuttosto vivaci ma armonizzate in una tavolozza ben studiata. Ogni anta ha un colore diverso, come se fosse l’armadio di Arlecchino. La terza fase è stata quella dedicata al verde, proprio per ammorbidire uno spazio diventato un po’ freddo e artificiale. Dietro alcune grandi finestre sono state collocate, entro contenitori blu elettrico, alcune piante rampicanti con canne di bambù come sostegno. In un caso come quello qui illustrato, dove la ristrutturazione ha coinvolto tutti i piani di una casa a schiera Vittoriana, l’atteggiamento progettuale è stato decisamente professionale, frutto dell’esperienza di un architetto abituato a questi interventi. Ma anche il privato, se si esercita anche solo mentalmente, può realizzare per se stesso (conoscendo meglio di altri i propri bisogni) un’abitazione conformata sulle proprie necessità come un vestito su misura. Per progettare cambiamenti corretti è sufficiente avere senso della prospettiva e immaginare la propria casa come un unico contenitore dove disporre nel modo migliore le varie zone funzionali. Questo è un modo di affrontare il problema diverso da quello di altre pubblicazioni dove ci si limita a suggerire come cambiare l’aspetto superficiale della stanza, ma senza entrare in merito sulla struttura degli spazi e la collocazione delle funzioni. Cambiare le superfici e gli oggetti non realizza una vera trasformazione, perché le limitazioni fisiche delle stanze rimangono le stesse. Nel nuovo progetto occorre passare dalla bidimensionalità alle tre dimensioni. Questa è la sfida che deve raccogliere chi vuole qualcosa di più. Case a schiera in una città industriale inglese
|