New Urban Agenda da Milano a Dortmund

Tempo di lettura: 7 minuti.

New Urban Agenda: scopriamone di più insieme all’urb. Maria Scantamburlo, General Manager Walas Concepts

Buongiorno architetto, ultimamente mi sono interessato alla New Urban Agenda che le Nazioni Unite hanno presentato alla conferenza Habitat III a Quito nel 2016 , Ecuador. Questo documento rappresenta la visione per il futuro delle nostre città e fornisce norme e principi per la pianificazione, la costruzione, lo sviluppo, la gestione delle aree urbane. Se n’è parlato molto in teoria, e da un paio di decenni a questa parte iniziano a diffondersi sempre di più progetti virtuosi, che implementano in maniera pratica queste direttive e stanno trasformando le nostre città in maniera più sostenibile. Ho chiesto il punto di vista di una europea italiana che lavora in campo di policy-making a livello internazionale e si occupa di progettazione in diversi contesti urbani.

Urb. Maria Scantamburlo, General Manager Walas Concepts, Gruppo World of Walas

Ti ho rintracciato tramite Linkedin, mi racconti qualcosa di più sul tuo background e sul come mai ti sei interessata a questa tematica?

Sono italiana, vivo ad Amburgo dal 2011 e ho studiato presso il Politecnico Milano e l’HafenCity Universität. ha come tema i programmi europei che supportano lo sviluppo urbano attraverso cooperazioni, esperienze di exchnage&learning e di capacity building a livello internazionale.

Maria Scantamburlo: Sono italiana, vivo ad Amburgo dal 2011 e ho studiato presso il Politecnico Milano e l’HafenCity Universität. La mia tesi di laurea magistrale ha come tema i programmi europei che supportano lo sviluppo urbano attraverso cooperazioni, esperienze internazionali di scambio e apprendimento e di capacity building. Visto che di fatto la pianificazione urbana non è un tema di competenza della Commissione Europea né di organi sovraordinati o organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite (ma delle regioni, delle autorità metropolitane e delle città stesse), l’aspetto interessante è cercare di capire come questi cerchino comunque di influenzare sia la pianificazione sia i processi di sviluppo a livello locale. Per approfondire questo tema, ho lavorato poi a Parigi in uno dei programmi europei che coordinano e supportano proprio lo sviluppo urbano.

Ogni vent’anni circa vengono svolte le “urban agenda”

Gerben van Straaten, fondatore del gruppo World of Walas, che presenta Earth Charter Cities Manifesto a UNHabitat a Quito nel 2016

Maria Scantamburlo: Nell’ultima quarantina d’anni le città hanno svolto un ruolo sempre più fondamentale nello sviluppo globale. Vista la loro importanza e la loro influenza, ha quindi senso che si investa nella pianificazione e programmazione di questi centri, per accelerare la sostenibilità.

Così nasce la richiesta delle Nazioni Unite e della Commissione Europea per agevolare le pratiche virtuose, per indirizzare processi a livello locale.

Cosa intendi per lo sviluppo sostenibile?

Lo sviluppo sostenibile, secondo gli accademici, ha quattro aspetti.
Uno è ambientale, che include misure per esempio per riduzione le emissioni di anidride carbonica, avere acqua pulita, avere fonti di energia rinnovabile ecc. Ma la sostenibilità non è solo quella ambientale.
C’è anche quella sociale, volta a includere tutte le fasce di popolazione, i vari gruppi e le minoranze. Ma anche dare più possibilità alle donne o alle persone giovani per ridurre per esempio la povertà e dare lavoro.
Si parla anche di sostenibilità economica.

Visto che piani e progetti devono sopravvivere sul lungo periodo, bisogna lavorare su modelli economici che aiutino lo sviluppo passo dopo passo, costruendo una solida base finanziaria per coprire l’investimento del primo periodo e ma anche per finanziarsi nella fase di espansione e di miglioramento.
E poi c’é anche l’aspetto istituzionale. E’ necessario creare un sistema di istituzioni pubbliche e di politiche quadro che supportino la sostenibilità stessa. Questo è l’aspetto più difficile da spiegare in generale perché, a seconda del Paese e delle regioni in cui si é, le istituzioni e le politiche hanno forme differenti e sono percepite in maniera diversa.

Una foto di come è l’area dell’altoforno a Phoenix West a Dortmund oggi e il primo render con i nuovi edifici con cui si vogliono riattivare la struttura

Dicevi anche di agevolare pratiche virtuose, mi puoi fare qualche esempio?

Maria Scantamburlo: Per fortuna le buone pratiche sono davvero tante. Io, ad esempio, lavoro per un gruppo di società che cerca di fare progetti virtuosi anche in questo senso, provando a sviluppare a livello locale progetti che includano elementi di sostenibilità ambientale, sociale e finanziaria, soprattutto in contesti urbani che attraversano crisi economiche e subiscono la competizione con aree limitrofe più attrattive. Anche questo è un modo di fare sostenibilità, lavorando per reinventare modelli economici, per mobilitare le risorse locali e per far rientrare la popolazione.

Un esempio pratico

Un esempio che rappresenta questo lavoro, è quello che potete vedere anche alle mie spalle. Abbiamo iniziato a lavorarci da un anno a questa parte, si trova Dortmund nella regione della Renania Settentrionale-Vestfalia in Germania, che ha avuto una grossa crescita negli ultimi 100 anni fino alla fine agli anni 2000 grazie alle acciaierie. In seguito alla delocalizzazione di questo settore di industria pesante, la città è rimasta con diverse grandi aree dismesse, con edifici industriali da smantellare o riqualificare e una significativa disoccupazione.

Stato di fatto del complesso dell'altoforno nell'area Phoenix West, Dortmund.
Stato di fatto del complesso dell´altoforno nellarea Phoenix West, Dortmund.

Secondo te, di che cosa ha bisogno la città di Dortmund?

Maria Scantamburlo: C’è bisogno di ricucire i tessuti e le relazioni tra queste grandi aree industriali e il loro intorno e di restituire questi spazi alla città stessa. Noi del gruppo World of Walas svolgiamo il nostro lavoro in collaborazione con gli altri attori locali e ci impegniamo insieme per lo sviluppo sul lungo periodo. Ci tengo a precisare che noi curiamo i progetti non solo dal punto di vista della progettazione ma anche investendo nella realizzazione e del management. Grazie al nostro concept per l´area Phoenix West che contiene una visione e modelli per ridare nuovo impulso economico, sociale e ambientale, nel 2018 abbiamo convinto il sindaco della città di Dortmund e siamo diventati proprietari del complesso degli alti forni e un altro edificio, chiamato in tedesco Schalthaus, che era la centrale elettrica all’epoca.

Si parla di recuperare spazi molto estesi.

Il complesso con l’alto forno è su un lotto di circa 25.000 mq; mentre l’edificio chiamato Schalthaus ha circa 7.000 mq e conta un’altra parte di altri 3.500 non costruiti. Per noi si tratta di un progetto molto ambizioso, ma il nostro team si puo’ basare sull’esperienza degli altri nostri progetti di riqualificazione in Olanda, che si trovano tuttora a uno stadio di sviluppo già avanzato.

Mappatura dell’approccio progettuale

Le immagini dietro di te cosa rappresentano?

E’ il concept, si può vedere le diverse funzioni a cui abbiamo pensato per il primo edificio che dobbiamo riattivare, quello dove ci sarà anche la partecipazione pubblica. Sotto si vede il piano generale che spiega un po’ il nostro approccio. C’è spiegato il modello economico che ci sta alle spalle, il modello di crescita e i numeri diciamo: quanti i posti di lavoro, che abbiamo deciso di generare, quanto investimento, quali sono i nostri criteri di sviluppo.

Tornando alla New Urban Agenda…

Maria Scantamburlo: Accanto ai progetti, un’altra parte significativa del nostro lavoro è quello che noi chiamiamo partecipazione a piattaforme e policy making. Grazie alla nostra esperienza pratica, io e altre persone del mio team siamo membri di diversi gruppi di lavoro su politiche quadro e strategie anche a livello internazionale.

Il fondatore della società, Gerben van Straaten

A questo proposito, il fondatore della società, Gerben van Straaten, lavora con le Nazioni Unite e ha contribuito alla formulazione della New Urban Agenda, prendendo parte personalmente al processo di partecipazione globale, che ha incluso molte città, molte nazioni, molti gruppi di interesse. Mi piace rimarcare questo aspetto perché le Nazioni Unite hanno spesso un modo di lavorare inclusivo. Un modo di lavorare che tiene in considerazione differenti punti di partenza e sfide dei diversi contesti. In questo modo, si mettono insieme criticità e potenzialità della moltitudine di contesti urbani nelle varie zone del mondo e gli obiettivi dell’Agenda 2030. Così, si è arrivati ad elaborare la New Urban Agenda, documento che spiega come le città possono implementare questi obiettivi: i Sustainable Development Goals (SDGs), alla scala locale, risolvendo le situazioni problematiche, ma anche usando tutte quelle opportunità e quei progetti virtuosi, per accelerare il processo di sviluppo sostenibile.

Il gruppo World of Walas

Considerando le interconnessioni alla scala globale, riconoscendo il vantaggio di alcune realtà come quella italiana ed europea, e il bisogno di crescita di contesti emergenti come quelli, per esempio, delle città africane, la New Urban Agenda include riflessioni sulla situazione attuale e indirizzi che coordinano le azioni in maniera strategica.

Accanto alla New Urban Agenda, noi del gruppo World of Walas abbiamo partecipato alla formulazione e lavoriamo alla diffusione di un altro documento, la Carta della Terra. La Carta della Terra è un manifesto etico che raccoglie il sistema di valori che sono rappresentativi della nostra società. La Carta della Terra sta alla base di quasi tutti i documenti che sono stati approvati dalle Nazioni Unite negli ultimi 20 anni. In particolare, il fondatore della nostra società, Gerben van Straaten, è l’autore della Carta della Terra per le Città, che fornisce il passo intermedio tra i documenti che ho citato.

Siamo quasi nel 2020 e si guarda già al 2030: cosa sta succedendo?

Veduta aerea dell’area di Phoenix West a Dortmund. Si vedono gli edifici di proprietà del gruppo World of Walas. In particolare il complesso dell’altoforno nell’ansa del nastro blu e Schalthaus, l’edificio più in basso nell’immagine.

Maria Scantamburlo: Mettendo insieme i diversi elementi dei contesti urbani nelle varie zone del mondo e gli obiettivi dell’Agenda 2030, si è arrivati ad elaborare la New Urban Agenda.

La New Urban Agenda è il documento che spiega come le città possono implementare questi obiettivi, gli SDGs, alla scala locale, risolvendo le situazioni problematiche. Spiega anche come usare tutte quelle opportunità e quei progetti virtuosi, per accelerare il processo di sviluppo sostenibile.

La New Urban Agenda considera le interconnessioni alla scala globale. La New Urban Agenda riconosce il vantaggio di alcune realtà come quella italiana ed europea, e il bisogno di crescita di contesti emergenti come, per esempio, le città africane. Inoltre, la New Urban Agenda include riflessioni sulla situazione attuale, a dare indirizzi sulle le azioni in maniera strategica.

 

Cercheremo di gestire il processo nella maniera più integrativa possibile, di ridare anche un po’ di fiducia sul futuro

 

Accanto alla New Urban Agenda, noi del gruppo World of Walas abbiamo partecipato alla formulazione e lavoriamo alla diffusione di un altro documento, la Carta della Terra. che è quello che sta alla base di quasi tutti i documenti che sono stati approvati dalle Nazioni Unite. Si tratta di un manifesto etico che raccoglie il sistema di valori che sono rappresentativi della nostra società. In particolare, il fondatore della nostra società, Gerben van Straaten, è l’autore della Carta della Terra per le Città, che fornisce il passo intermedio.

Mettendo insieme questi principi etici e quelli derivati dalle diverse esperienze e politiche a livello nazionale, regionale e locale negli ultimi vent’anni, si è creato il documento della New Urban Agenda.

Che cos’è la Carta della Terra?

Maria Scantamburlo: In un sito dedicato, c’è la possibilità di segnalare quali sono delle buone pratiche. Nel sito si può anche di entrare in contatto con gli attori che stanno lavorando all’implementazione della NUA.
La New Urban Agenda non va considerato come un documento finito, ma come un processo. Il lavoro della Conferenza Habitat non si è concluso.

Ci sono ancora tante cose da fare, da ripensare e da riformulare perché le proiezioni fatte sul cambiamento climatico, per esempio, in particolare nei contesti urbani, sono abbastanza scoraggianti. Per cui ci sarà bisogno di accelerare ancora più significativamente l’implementazione degli obiettivi sostenibili. Il dibattito aiuta a creare e a far crescere l’impegno, la responsabilità e il senso di urgenza da parte di tutti.

Approccio economico finanziario della progettazione architettonica

Come approcciate alla progettazione delle città?

Se pensiamo alle città come a degli ecosistemi in continuo divenire, abbiamo bisogno di programmi di sviluppo in continuo aggiornamento. Molto spesso gli strumenti di piano non sono così tanto flessibili da accomodare cambiamenti in maniera veloce per utilizzare tutte quelle opportunità che si aprono appunto per implementare la sostenibilità.

Ha senso che anche in queste politiche quadro come la New Urban Agenda si parli di rivoluzionare il policy-making. La New Urban Agenda presenta gli strumenti di piano, il sistema della governance, il fare progettazione urbana, i modelli di finanza. Inoltre, dimostra la loro fattibilità e le buone pratiche già citate prima.

Il fondatore della nostra società, ha anche fatto un passaggio intermedio, che è la Carta della Terra per le città. La Carta della Terra è un altro documento utilizzato per la formulazione della linea Urban Agenda.

Che ruolo ha l’architettura in questo processo di sviluppo? Si può dire che anche in questo caso l’architettura e la progettazione architettonica riusciranno ancora una volta a salvare il mondo?

Maria Scantamburlo: Sì e no, nel senso che l’architettura ha un ruolo fondamentale in quanto è l’involucro che permette allo sviluppo locale di accadere. Purtroppo però ogni tanto l’architettura non aiuta lo sviluppo locale, anzi lo blocca. Basti pensare a come è cambiato e cambia il mondo del lavoro e dell’abitare nell’ultimo periodo. Molto spesso l’architettura è troppo rigida, non aiuta i processi di riforma e non accompagna il cambiamento.

A mio avviso, quello che serve è una buona architettura. Serve un’architettura flessibile. Serve un’architettura che utilizzi gli edifici come un gruppo di materiali che si possono assemblare e riassemblare, in maniera facile, per supportare tutto ciò che fa sviluppo, fa lavoro, fa qualità della vita.

[su_slider source=”media: 28921,28922,28923″]

Allora si può dire che la buona architettura salverà il mondo

Maria Scantamburlo: Sono le persone che fanno lo sviluppo, che salvano il mondo, non l’architettura. Quando tutti cambieremo il modo di pensare e di vivere nello spazio in cui siamo, in maniera più sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale e finanziario, allora sì potremmo salvare il mondo. L’architettura di per sé è solo un contenitore e non salverà nessuno

Maggiori informazioni sulla New Urban Agenda 2016, Habitat III, Quito, Ecuador

Saranno gli architetti assieme a tutte le altre persone che riusciranno a coinvolgere, a salvarlo?

Maria Scantamburlo: Gli architetti disciplinano un processo di sviluppo, lo supportano, però non solo coloro che di fatto fanno lo sviluppo. Questo è quello che mi dispiace. Molto spesso fare un progetto di un edificio o anche di un quartiere è un lavoro individuale o di un team molto ristretto. Inoltre, ci si occupa della definizione della forma. Per sviluppare il progetto di Dortmund, di cui mi sto occupando personalmente, sto imparato a lavorare insieme alla community. Dialogare con community è indispensabile perché è quella che deve usare, vivere e lavorare gli spazi che sto creando. La community ti stimola a partire dalla funzione prima che dal design.

Ci puoi fare un esempio più specifico dell’approccio con cui tu e il tuo gruppo state lavorando?

Maria Scantamburlo: Per l’edificio Schalthaus, io e il mio team abbiamo pensato a un sistema modulare e a un processo partecipativo. Aiuteremo i potenziali affittuari a implementare il loro business model. Inoltre, aiuteremo a capire lo spazio di cui hanno bisogno. Valuteremo dimensioni, materiali, tipo di equipaggiamento, ma anche terremo in considerazione quanto si possono permettere di pagare in termini di affitto. Aiuteremo a capire, attraverso un processo partecipato di ideazione dell’architettura. Creeremo spazi su misura e un ambiente vario, a misura d’uomo e pieno di ispirazione, ma allo stesso tempo basato su un bisogno reale e immediato.

Intervista di Edmondo Jonghi Lavarini 

Riferimenti:

 

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)