Musica: Thelonious Monk


La musica di casa felice

Uomo dominato dalla stranezza comportamentale, da un mutismo eccessivo e da un forte egocentrismo che inevitabilmente influenzarono la sua musica spesso screditata da critiche superficiali.

Thelonious Sphere Monk (Rocky Mount, 10 ottobre 1917, – Weehawken, 17 febbraio 1982) è stato un pianista e compositore jazz conosciuto per il suo singolare stile d’improvvisazione e per il consistente contributo al
repertorio del jazz. Uomo dominato dalla stranezza comportamentale, da un mutismo eccessivo e da un forte egocentrismo che inevitabilmente influenzarono la sua musica spesso screditata da critiche superficiali. Musica che attualmente è stata completamente decifrata e sotto quella coltre di stranezza si è conclamato un nuovo modo di fare jazz a cui si ispirarono le generazioni successive. Il santone pazzo del jazz ha iniziato come pianista stride, e dal 1939 al 1942 ha suonato come house-pianist nel mitico locale Minton’s, dove il chitarrista Charlie Christian, il batterista
Kenny Clarke e parecchi altri precursori hanno gettato le basi del jazz moderno. Durante la permanenza nella big band del trombettista ex ellingtoniano Cootie Williams scrive Round Midnight, a oggi la sua più famosa composizione. Dopo aver militato nella formazione del trombettista Harvey Davis al Cinderella Club, nel 1944 debutta ufficialmente
su disco nel quartetto di C o l e m a n Hawkins, e dal ’47 al ’52 realizza una straordinaria serie di incisioni per la
Blue Note in cui suona la maggior parte delle sue migliori composizioni. Sono della partita Kenny Dorham, Milt
Jackson, Sahib Shihab e soprattutto Art Blakey, che gli resterà amico e collaboratore per tutta la vita.

In Bloomdido (1950) Monk incontra Charlie Parker e Dizzy Gillespie, mitici iconoclasti ciascuno a suo modo. Altra amicizia importantissima fu quella col pianista Bud Powell, che propose più volte interpretazioni personali dei temi dell’amico. Dal trio Plays Duke Ellington (1955) al quintetto di Brilliant Corners (1956), Monk realizza i suoi capolavori su etichetta Riverside, e raggiunge lo status di mito vivente. Come logica conseguenza, nasce il suo quartetto (più o meno stabile), con una splendida serie di tenorsassofonisti che va da Sonny Rollins a Frank Foster, da John Coltrane a Johnny Griffin (Misterioso e In action, 1958), fino a giungere a Charlie Rouse, che resterà fino al 1968. Seguì la controversa partecipazione alla lunga tournée dei Giants of Jazz (1970 – 72, con Blakey, Sonny Stitt, Kai Winding, Al
Mc Kibbon e Dizzy Gillespie). Nel frattempo le cose erano cambiate parecchio nel jazz, e chi si credeva all’avanguardia rischiava di giorno in giorno di restare indietro. Eppure mentre Monk si adagiava sugli allori, nasceva tutta una
nuova generazione di musicisti – pensatori che riconsiderò in chiave quasi free i suoi lavori: Steve Lacy, Don Cherry, Roswell Rudd, ecc. Al di là delle settanta composizioni conosciute, l’eredità di Monk è più o meno evidente nel modo di
suonare di tutti i pianisti di oggi: il fraseggio frastagliato e pieno di clusters, la diteggiatura ineducata, le armonie strane e spesso "sbagliate" hanno insegnato molto a tutti i musicisti che si interrogano sul concetto di libertà.
Ciò che lascia Monk è soprattutto il virtuosismo ritmico fatto di ritardi, accenti spostati, l’uso magico dei silenzi.
l’ascoltatore è continuamente "sorpreso" dall’evolversi dei suoni che non cadono mai nella staticità e prevedibilità.
Monk ha saputo giocare con le note prendendosi gioco di esse: non si limitava ad improvvisare sugli accordi del tema di base ma ne reinventava la struttura armonica facendo appello al suo istinto primitivo, generando dissonanze e giochi di note che si rincorrono e si urtano in una esemplare disinvoltura. Monk morì nel 1982, dopo dieci anni che non metteva piede fuori di casa.

DA LEGGERE
Laurent de Wilde, Thelonious Monk Himself, Minimum Fax, Roma 1999, p. 217.
The Thelonious Monk Reader, a cura di Rob van der Bliek, Oxford University Press, New York 2001, p. 286.
Stefano Zenni, “Round Monk”, Musica Jazz, 11/1992.
Stefano Zenni, “Round Monk: anatomia di quindici capolavori”, Musica Jazz

PRINCIPALI COMPOSIZIONI

52nd Street Theme
Ask me now
Ba-Lue Bolivar
Ba-Lues-Are
Bemsha Swing
Blue Monk
Bright Mississippi
Brilliant Corners
Bye-Ya
Crepuscule With Nellie
Epistrophy
Evidence
Friday 13th
Hackensack
I mean you
In walked Bud
Introspection
Let´s call this
Light Blue
Little Rootie Tootie
Locomotive
Misterioso
Monk´s Dream
Monk´s Mood
Off Minor
Pannonica
Played Twice
Reflections
Ruby My Dear
Rhythm-A-Ning
Straight, No Chaser
Well You Needn’t
Introduzione pianistica a "Brilliant Corners"

CURIOSITÀ
In una puntata dei “Simpsons” un ragazzo della scuola elementare di Springfield Ovest si chiama Thelonius,
in omaggio al grande jazzista.

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