Stop ai letti alla giapponese

La moda, in fatto di arredamento, negli ultimi anni ha portato ad assorbire usi e stili di vita di molteplici ambienti culturali.
Tale globalizzazione ha permesso che alcuni elementi di arredo appartenenti ad altre culture diventassero di uso comune nelle case Italiane, fra questi il “tatami”. Secondo la sua giusta accezione, il “tatami” è un pannello giapponese in paglia di riso pressata e ricoperto in una stuoia di canna di bambù, bordato da una tela nera, utilizzata all’interno delle case giapponesi come pavimentazione. In occidente, questo elemento, spesso è stato trasformato in un “letto di modesta altezza” adagiato al suolo, diventando così decisamente insignificante oltre che dannoso per la salute di chi lo utilizza.
Tale cattiva opinione è largamente diffusa anche fra i fruitori del “tatami”. Per capire il pensiero delle persone, basta leggere i commenti sul web, riassumibili in queste poche frasi: “Non solo è scomodo ma è anche ingombrante per via dei lati sporgenti”; “Una fatica terribile per andare a letto, in pratica ci si deve inginocchiare, lo stesso anche per rifarlo”; “Impossibile per chi soffre di mal di schiena”; “Per pulire sotto bisogna alzare la tavola del letto (pesantissima) e sopra volano tutti i batuffoli di polvere”.
I commenti sugli spigoli e sul mal di schiena, risultano sicuramente di minore rilevanza se paragonati al problema principale: la pulizia.
Benché, negli ultimi anni, sia cresciuta in modo esponenziale l’attenzione per questioni di carattere salutistico (quali intolleranze, allergie e quant’altro) non si spiega come, una buona percentuale di Europei, dorma ancora su un “nido di allergeni”.
Questo genere di letto, benché a volte sia dotato di un materasso ecologico, in genere sostituito da un vero e proprio “futon”, è costituito da una struttura, che per quanto sia in materiali naturali, priva di elementi metallici e realizzata con elementi ad incastri, presenta un grande handicap: l’aderenza al pavimento. Viene da chiedersi come mai prima della moda giapponese, i letti erano progettati e realizzati con un certo distacco da terra (basti pensare ai letti dei nostri padri decisamente alti). Forse per nascondere l’amante e il vaso da notte ma soprattutto per permettere alla polvere di scorrere sotto
il materasso per poi essere eliminata facilmente.
Il letto alla “giapponese” appoggiato al pavimento crea una vera e propria barriera per la polvere. Basta un soffio d’aria e gli acari vengono sollevati e fluttuando si adagiano sopra il materasso, dove si crede di dormire indisturbati e “immacolati”.
In Giappone questo sistema nasce per questioni di spazio e funziona perché si dorme su un materasso (futon), adagiato direttamente su un pavimento naturale e traspirante (tatami). Ogni giorno, il futon viene arrotolato a lato della stanza in modo che possa essere arieggiata e pulita oltre che usata per funzioni alternative.
Questo antico rituale di origine orientale non potrebbe, in alcun modo, essere tramandato nel mondo occidentale in cui la vita frenetica impedisce di avere il tempo utile per dedicarsi a un tal “esercizio di virtù”.
A ciò si aggiunga la difficoltà di alzarsi ogni mattina, oltre allo sforzo che deve essere fatto nel momento del riordino del letto (ben sottolineato anche dalle testimonianze presenti nel web).
Il letto è un elemento fondamentale nella nostra esistenza, considerato che vi trascorriamo sopra un terzo della nostra vita, e il suo buon uso deve essere dettato dal benessere non sicuramente dalla moda.Futon è un materasso in stile orientale, il suo nome significa “materasso arrotolato”, composto da elementi naturali che ne aumentano l’elasticità, la traspirazione e l’ergonomia. Per risparmiare spazio veniva disposto sul tatami soltanto alla sera, date le ridotte dimensioni delle abitazioni nipponiche. Tipicamente è composto da “shikibuton” (materasso) e “kakebuton” (spesso copriletto imbottito).

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