La leggenda del coyote

 

Nei racconti dei primitivi, il possesso del fuoco è sempre collegato all’idea di un furto: esso appare come oltraggio fatto alla natura, un atto di destrezza senza il quale sarebbe stato impossibile addomesticare l’energia selvaggia e libera dell’elemento igneo. Fu con un’astuzia che l’uomo strappò alla natura il suo primo segreto, l’elemento che consente il passaggio dalla barbarie animalesca alla civiltà, dalla sfera del crudo tipica delle belve a quella del cotto di cui solo gli uomini sono detentori. A compiere questo atto, nei miti, è un personaggio divino o semidivino amorale e scaltro, il cosìdetto trickster (o “imbroglione”) come lo si definisce in termini antropologici. Il tipico imbroglione divino del mito greco è Prometeo: era un dio, ma tradì i propri simili; era astuto e subdolo, e per questo seppe trovare l’inganno, sottraendo agli dei il fuoco in quello che fu il primo furto della storia umana, per donarlo agli uomini nascosto in una ferula cava. Ma ogni mitologia ha il suo Prometeo, il suo ladro del fuoco e la sua astuzia primordiale. Nella mitologia dei popoli primitivi il ladro del fuoco è quasi sempre un animale, che non di rado viene poi adottato come animale totem. I racconti degli indiani del Nordamerica spesso assegnano questo ruolo al coyote.
Perché il Coyote? Probabilmente, perché si tratta di un animale intermedio, non troppo distante dall’uomo per forma o natura – come serpenti e coccodrilli – ne troppo vicino a lui, l’uomo lo percepisce amico perché come lui è un cacciatore e perché è solo un passo più in là dell’animale domestico per eccellenza, vale a dire il cane, con il quale il coyote condivide l’aspetto. Così, il coyote appare nella fantasia collettiva come intermediario tra l’elemento selvaggio e la gente umana, l’animale il cui territorio inizia laddove finisce lo spazio dell’uomo, dato che vive nelle immediate vicinanze degli insediamenti nomadi. Questo gli consente di fungere da mediatore tra i due mondi: il mediatore infatti per sua natura opera nello spazio marginale dove due dimensioni diverse s’intersecano. È tipico dei miti del nord americani indicare il coyote come il primo artefice del furto e parlare di una staffetta tra gli animali che si passano l’un l’altro il fuoco rubato. Gli indiani Uintah Utes, dello Utah nord orientale raccontavano che all’inizio dei tempi la loro tribù era priva del fuoco, e malgrado tutti gli sforzi gli uomini non riuscivano a farlo scaturire né a conservare quello che si accendeva spontaneamente. Fu così che un gruppo di animali guidati da Coyote iniziò a cercare il luogo in cui si trovava; a lungo vagarono per la pianura, sinchè giunsero a un villaggio in cui abitanti erano riusciti a produrre il fuoco, che brillava da lontano nella notte illuminandola con le sue vampe. Essi appunto stavano danzando attorno ad un grande falò, e non si accorsero degli intrusi. Ma occorreva essere scaltri, Coyote si legò attorno al capo a raggera alcuni pezzetti di corteccia secca che trovò per terra, e così travestito si unì ai danzatori che roteavano attorno al fuoco; a poco a poco, come portato dall’impeto della danza, si avvicinò alle fiamme sinchè il vento spinse una favilla su uno dei pezzi di corteccia che s’incendiò. Allora Coyote balzò via, correndo e perdifiato, mentre gli abitanti del villaggio, accortisi dell’inganno, si gettarono dall’inseguimento; quando Coyote si sentì mancare le forze, staccò dal capo il prezzo di corteccia infiammata e la passò a Colibrì, che gli correva accanto; disorientati, gli inseguitori si gettarono su Colibrì, ma questi a sua volta passò la corteccia infiammata ad Aquila, e questa a sua volta a un altro animale. Così la staffetta da un animale all’altro proseguì, sinchè il fuoco ritornò a Coyote; nel frattempo gli inseguitori erano stati distanziati e Coyote arrivò trionfante con il tizzone ardente presso il suo popolo. Da allora, gli animali che parteciparono a quella corsa sono venerati dagli uomini, e ogni clan ne adotta uno come antenato. Anche gli indiani Navaho del Nuovo Messico raccontano una storia molto simile. Essi dicono che i primi uomini emersero dal fango della terra e iniziarono a muoversi a stento in modo ostile; subito capirono che a loro mancava il fuoco, mentre gli animali, che vivevano già molto prima di loro, lo possedevano. Non c’era però modo di averlo, e certamente l’umanità si sarebbe estinta se alcuni animali impietositi, guidati da Coyote, non si fossero mossi per aiutarli. Coyote aspettò che tutti gli animali fossero radunati attorno a un fuoco per fare un gioco chiamato del mocassino; l’allegria crebbe, e tutti gli animali ballavano e correvano come esaltati.
In quel momento, fingendo di fare il buffone, Coyote si avvolse attorno alla coda molti aghi di pino resinoso e iniziò a muoverla buffamente in su e in giù come se fosse un burattino. Gli altri animali ridevano spensierati davanti ai contorcimenti di Coyote che balzava qua e là per la radura, sinchè come per gioco saltò attraverso il falò, in modo che l’esca attaccata alla coda si infiammasse. Poi fuggì con la coda infiammata; ci volle qualche attimo perché gli animali s’accorsero dell’inganno, ma subito si gettarono all’inseguimento. Coyote correva velocissimo inseguito dagli altri animali, sinchè si senti stanco. Allora passò il prezioso bottino al pipistrello, e questi a sua volta allo scoiattolo il quale con la sua agilità si nascose in un anfratto delle rocce e riuscì a sfuggire agli inseguitori. Così il fuoco giunse presso i Navaho.

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)