La casa Walser

Tratto da:
Case di montagna n.49
La casa Walser

Incantevole e sempre piena di poesia, la tipica casa Valsesiana a tipologia Walser, ristrutturata e adattata ai moderni bisogni di una famiglia di oggi, ha saputo mantenere intatto il proprio fascino riappriopriandosi della “memoria”.

Un grande amore per la montagna e per le tradizioni locali: questa è la molla che spinge ad acquistare ed in seguito a riadattare, ristrutturandola ma mantenendone intatto il “senso” e la poesia, una casa tradizionale come questa, di tipologia Walser. Costruita circa 400 anni fa ed abitata per secoli da generazioni di pastori e montanari, questa baita ha anche conosciuto l’onta dell’abbandono, è stata lasciata vivere di soli ricordi secondo un copione ovvio e triste che accomuna molte abitazioni caratteristiche del nostro patrimonio culturale. Riscoprirla, intuirne la storia e le potenzialità, riprogettarla a seguire nuovi e più moderni standard di vita, senza mai privarla di quella componente elusiva ed ineffabile che è la memoria, è stata una sfida e al tempo stesso un omaggio doveroso ad una tradizione di grande spessore e vaore come quella delle comunità montane tipiche della zona dell’alta Valsesia. Una operazione di recupero delicata e certo non facile, in cui nuove possibilità offerte dalla tecnica moderna (come l’impiego per il fabbisogno idrico di acqua piovana raccolta dal tetto in beola e convogliata in una cisterna in giardino in cui viene clorata e resa potabile) si sposano con il ricordo di antichi costumi e tradizioni. Il primo piano della casa, quello in cui anticamente erano posi-zionati tanto la stalla che la cucina, è ora diventato un piano “di servizio”, in cui si concentrano funzioni dell’abitare che non trovano posto nei locali della zona giorno o di quella notte. È qui infatti che sono state ricavate una simpatico locale destinato a taverna, un capace ripostiglio e l’utilissima cantina. Collegato agli altri due che formano l’impianto del progetto per mezzo di una scala interna (in sostituzione della precedente che serviva come collegamento verticale ma che era tradizionalmente posizionata all’esterno dell’edificio), questo piano è solo il preludio a quanto appare ai due livelli superiori. Il solaio intermedio è destinato alla zona notte, con le camere da letto dalla caratteristica sistemazione “ad alcova”, una soluzione che rende caldo e confortevole il riposo anche durante i freddi mesi invernali. È sempre sullo stesso piano a trovare posto anche il bagno, altra “modernità” ricavata nel nuovo disegno e non prevista nell’originario progetto della casa Walser, in cui lo spazio servizi era invece previsto all’esterno dell’abitazione. L’ultimo piano, dove anticamente era il fienile (sistemazione adatta ad isolare termicamente la sottostante casa durante l’inverno) è ora interamente dedicato alla zona giorno, con la cucina ed il soggiorno-pranzo impreziositi da una intelligente e premurosa opera di restauro e recupero da parte degli artigiani locali, che hanno saputo sagomare accuratamente ogni singola pietra o beola, ogni singola trave di legno secondo tecniche antiche che ne hanno permesso una perfetto inserimento in quanto di originale era sopravvissuto all’incuria degli uomini ed al passare del tempo. Tutt’intorno il perimetro della casa corrono i caratteristici loggiati in cui, quando la casa è stata costruita, trovava spazio l’erba tagliata messa a seccare per l’inverno, e che sono ora sono stati riconvertiti in nuovi spazi per godere del meraviglioso panorama dell’alta Valsesia. Meraviglioso e, fortunatamente, pressoché invariato fin dal tempo in cui la Valle era abitata dai primi coloni Walser.
Lucio Leone

La Valsesia

Il pane di segale veniva confezionato e cotto nei forni frazionali due volte all’anno: in primavera e in autunno. Era poi disposto su apposita rastrelliera nel granaio (spicher) appesa al soffitto, lontana dalle pareti per evitare che i roditori potessero raggiungerla. Furono i Latini ad impiantare i vigneti e ad impostare la tradizione colturale che nei secoli, seppure con i necessari adeguamenti, non venne mai meno. I Nebbioli ebbero un particolare periodo di fulgore nel 1500, quando Mercurio Arborio, Gran cancelliere dell’Imperatore Carlo V ne fece un elemento integrante della propria arte diplomatica portandoli sulle tavole dove si costruivano gli scenari politici dell’Europa…

La casa adibita a museo (Walser Museum tel. 0163-922935) in frazione Pedemonte è un significativo e pregnate esempio, simbolo della matrice etnica Walser di questo paese delle Alpi. La casa è costruita tutta in legno e si appoggia sul basamento di pietra.. Nella foto si può vedere il particolare degli ingressi al piano delle stalle e la scala esterna di pietra che porta al piano delle camere. I tetti sono coperte da “piode”, lastre di pie
tra grigia locale. Secondo alcuni storici, il Puncetto Valsesiano è stato portato in questo territorio dai Mori, durante l’invasione degli arabi avvenuta nel 900 dopo Cristo. Comunque sia, è bello pensare a come le Valligiane di un tempo, donne abituate ai duri lavori della vita quotidiana, abbiano saputo tramandare quest’arte, che un tempo era solo un modo di arrotondare il magro bilancio familiare o di passare le serate dei lunghi inverni. Questa preziosa trina,rivalutata nel 1800 dalla Regina Margerita di Savoia, viene oggi spesso usata anche per arricchire le tende delle finestre delle case di montagna. Scapin è la tipica pantofola valsesiana originariamente creata con con i ritagli degli indumenti ormai logori e resa resistente dalla lavorazione della suola “intralata” con canapa che veniva appositamente coltivata.

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