Prima di entrare, ecco ti aspettano) forti figure colore della ruggine, colore del tempo che scorre ma lascia una traccia, scul-ture nervose che annunciano un forte messaggio, un discorso, un linguaggio ricco di emozioni.Sono forse i soldati, forti, paladini impavidi piceni al seguito del guerriero di Capestrano rinati dal DNA di Gino Masciarelli ? La terra antica d’Abruzzo, rivive nei “kouroi “ che introducono alla casa dell’artista. Sono lì a sottolineare il rango dell’artista che abita qui, sono la storia antica che non si è mai spenta anzi come fuoco vivo riprende a fiammeggiare. Sulla porta un ricco bassorilievo: ancora segni, simboli, personaggi segnati nel bronzo, incastonati nella massiccia porta di rovere antico.La porta, ti annuncia stò entrando. Entro.Non c’è angolo che non testimoni il lavoro intenso di un artista che ha lasciato la sua terra d’Abruzzo che cita spesso, per trovare in Milano, la metropoli, il trampolino per correre nel mondo, vivere il mondo, il pianeta tutto, per fate, per raccontare con le sue mani i suoi pensieri quanto giorno per giorno vive e ha vissuto e vuol vivete. Le sue mani sono il pennello della sua anima.L’artista è generoso: apre la sua anima agli altri, ha l’ansia del grande che non vuole tenere solo per se stesso il vortice di pensieri che bollono nel suo spirito, vuole condividere le sue emozioni, cerca un mezzo, uno strumento efficace.Gino Masciatelli ha scelto la carta, il colore, il ferro, il bronzo, la pietra il legno, la materia tutta.Ogni opera è come un fossile che non ha più tempo, che non conosce tempo. Il tempo si è fermato, ogni opera ha una storia, tante storie che nella materia si sono cristallizzate.I pensieri, le emozioni sono incise, sono graffiate si sono fatte materia.Io come architetto sono molto attento a vedere, a riconoscere come il gesto dell’artista, il disegno, la scultura, il quadro, è materia cristallizzata, è un’anima, è un pensiero, sono più pensieri, riflessioni che diventano protagonisti dell’architettura della casa, dove l’uomo abita, dove vive, dove ha bisogno di riconoscere nelle cose che sono il paesaggio della sua casa, un messaggio un compagno, un invito a riflettete.Ognuno di noi, tutti noi siamo animali del branco, ognuno di noi ha bisogno dell’altro, l’arte vera è quella che ti fa sentire gli altri molto vicini.La vita dell’artista cristallizzata nelle forme del disegno, nelle forme delle sue sculture diventa protagonista, amica compagnia, non più silente ma ricchissima di sempre nuove emozioni che si rinnovano. Nei mesi scorsi, ma dopo alcuni anni di incontri e scambi amichevoli, ho visitato il grande Studio di Gino Masciarelli in fondo a Via Solferino a Milano; poche settimane fa, dopo un ulteriore momento di confronto e di approfondimento sul suo lavoro plastico, ho ricevuto l’impaginato di un volume dedicato alla sua intensa attività segnico-grafica con il gentile invito ad operarne un’introduzione critica. Questi dati quasi biografici di un rapporto di amicizia culturale mi permettono di segnalare come sia arrivato lungo un processo attento e scandito da tappe diverse per poter entrare nel vivo di un lungo ed articolato percorso espressivo; ritengo infatti che lo stesso studio di Masciarelli, ancora testimonianza significativa di una stagione dell’arte contemporanea ne a Milano del secondo dopo-guerra, accanto ai miei personali ricordi degli studi di scultura di Giò Pomodoro e di Giancarlo Marchese, con la disposizione per disseminazione ‘disordinata’ di opere e libri, disegni e fotografie, manifesti di mostre e sculture e gioielli, possa rappresentare la ricerca estetica e valere con gli stessi dati espressivi oggi raccolti in questo volume.Vedo un chiaro e positivo rapporto di confronto caleidoscopico tra la frequentazione fisica ed esperenziale dello Studio e l’ampia scelta di disegni e progetti diversi, scanditi lungo quattro decenni di lavoro, dove cioè il libro appare strettamente collegato ad un rapporto di frequentazione e di svelamento di una lunga ed insistita esperienza di indagine e di comunicazione visiva, condotta lungo un percorso sostanzialmente uniforme sul piano delle intenzioni e dei desideri; il volume svela pienamente la riservatezza espressiva di Masciarelli dove intendo mettere in evidenza la ricerca della delicatezza e dell’ironia, l’attenta elaborazione del patrimonio iconografico delle origini, la sensibile interpretazione del colore e la libera gestione della sua vitalità interiore, la cura della forma ed il suo moltiplicarsi e svilupparsi nello spazio tra natura e sogno. Se si osserva con attenzione il processo e lo sviluppo espressivo dei cento disegni attentamente selezionati, all’interno di una grande produzione grafico-coloristica e progettuale, da Gino Masciarelli si potrà arrivare a rintracciare quella sostanziale unità di linguaggio che definisce i contorni qualificanti di un raccoglitore di emozioni, di una sorta di erbario di forme, di un’enciclopedia di razze e di figure vissute nel rapporto tra realtà e fantasia; cosi appaiono disegni che si articolano tra invenzione e progettazione, tra soluzione di libera espressione tra il segno e il colore, tra le forme strutturali per la scultura e la libertà policroma delle emozioni nei gioielli, l’allegria fresca e la curiosità senza tempo del libero disegno, tra paesaggio e figura. Il colore appare un dato specifico di questa raccolta e straordinario per vitalità e freschezza, agitato tra leggerezza ed ironia, tra libertà e curiosità; il colore sembra sostenere un’azione creativa che appare sempre surreale, che a tratti si sofferma antropologicamente espressionista con piccole sottolineature ed improvvise accenzioni. Con questi dati di leggerezza e di libertà espressiva la ‘scultura progettata’ di Masciarelli appare sotto una luce assai più chiara, dove il dato del disegno si configura l’asse portante sia nella natura filiforme che in quella volumetrica; il disegno della scultura, dei suoi contorni e nella definizione delle superfici, dei fattori che si aggiungono e si intersecano, appare il dato caratterizzante di una volontà espressiva che non sichiude su se stessa, che non si intrappola nei segreti della materia, ma che sceglie lo sviluppo ed i processi del racconto simbolico, ch
e insegue una narrazione che il fruitore interpreta e gestisce in autonomia e libertà. Gino Masciarelli. Cento disegni tra invenzione e progettazione. di Andrea B. Del Guercio. Così lo stesso dato naturalistico, evidente sin dagli inizi e presente sotto forme e soluzioni diverse lungo il percorso di comunicazione, affiora e scompare nell’invenzione iconografica per configurarsi se non quale dato suggestivo di inizio per poi dissolversi nel movimento libero delle forme mentre il colore apporta brevi testimonianze del soggetto originario per poi caricarsi di gioia nella scoperta creativa di una ‘nuova realtà’.Il desiderio della scoperta e dell’invenzione si afferma sin dal 1969 negli studi e nei vivaci appunti per i ‘gioielli’ su i quali Masciarelli proietta uno stato di leggerezza e mobilità della forma, mentre al colore attribuisce un forte contributo alla ricerca della vitalità ancestrale dei simboli; l’ampio spazio affidato alla creatività del ‘gioiello’, alla valenza colta del monile, si ripercuote lungo il percorso linguistico-visivo stimolando un costane rapporto di libertà e intensità, di curiosità e di profondità interiore. Attraverso questo processo anche lo studio per la ‘scultura’ segnala la volontà di Mascarelli di allargamento della forma verso lo spazio ed il movimento; nei progetti e nei disegni per la scultura succedutisi e rinnovatisi tematicamente negli anni appare costantemente insistito il dato del movimento e progressivamente quello dell’elevamento leggero rispetto alla tangibilità della materia, dello sviluppo e dell’altezza dalla base al culmine della piramide, dalle radici agli alti rami ed alle ultime foglie dell’albero.In uno stato di rapporto e contaminazione creativa il colore inizia tra il ’71 e il ’72 ad occupare uno spazio sempre più autonomo cosi da invadere e segnare nunerose carte decisamente caratterizzate da ulteriore stato di freschezza e di leggerezza; Masciarelli si proietta con una fitta rete di segni dipinti e policromi, allontanandosi da soluzioni di sottolineatura dell’immagine, e raggiunge una condizione di autonomia visionaria, di gioiosa esasperazione dell’emozione .Attraverso l’incontro e lo scambio tra queste tre aree di comunicazione, il gioiello, la scultura e la carta gioiosa, si afferma sulla fine degli anni ’70, forse alla luce di un’influenza del concetto di libera decorazione, di spunto surreale internazionale, la componente etnico-antropologica e con essa la scoperta del ‘sacro’ nell’immagine che affiora da lontane culture e preziosi patrimoni; un percorso che sfocia sulla fine degli anni ’70 nella configurazione di ‘divinità ancestrali’ ed una lunga produzione di opere ‘totemiche’ in cui il ‘volto’ si afferma soggetto lungamente indagato, la cui costante presenza è territorio insistito di scontro tra il colore e la forma, tra il rigore della geometria e le sottolineature ‘espressioniste’; un clima espressivo ed un paesaggio iconografico in cui le ‘braccia’ appaiono un ulteriore dato sottolineato ed accentuato dalla presenza moltiplicata dei tentacoli, nella moltiplicazione dei dati e dalle materie, in costante sviluppo e moltiplicazione.Se gli anni ’80 segnalano l’attenzione inventiva di Masciarelli verso una generale affermazione del concetto di spazio, la scultura tende a suggerire con più forza la presenza del confronto con l’habitat, intendendo l’interferenza e il dialogo tra soggetti diversi, tra figura e paesaggio, tra luogo e abitatore, tra natura ed albero; tutti i soggetti si allargano e si ridistribuiscono in un’area più ampia e la scultura inizia a vivere una vita interna animata ed articolata tra le forme e i temi. Un percorso che porterà lungo gli anni ’90 ad acquisire maggior spazio e presenza rinnovata del soggetto naturale, umano e naturale, tra uomini, animali e piante.Lo scultore Gino Masciarelli nato in terra d’Abruzzo, residente da oltre quarant’anni a Milano, sente in modo intenso le radici culturali da cui si è originato tutto il suo lavoro.
Fin da bambino, frequentando la “bottega artigiana” del padre, ha appreso la tecnica della forgiatura, l’uso del maglio e l’amore per i metalli…, indirizzando il suo interesse in un percorso artistico di ricerca stilistica e utilizzo di materiali che spazia e si arricchisce divenendo un “work in progress” rivolto al tuttotondo scultoreo.
Le sue opere privilegiano un discorso collettivo, un sentire condivisibile dell’esperienza umana, con riflessioni sulle origini e l’evoluzione degli archetipi culturali.
Ha lavorato per lungo tempo in Nord America e Berlino.
Alcune delle opere su Committenza realizzati:
“Mani della pace” Musei Vaticani – Roma
“Grande piramide” UNESCO – Düsseldorf
“Lunotto” Palazzo ONU – Ginevra
“Volo nel futuro” Port Authority – New York
“Omaggio al calciatore” Stadio Meazza – Milano
“Madonna” Ospedale Civile – Pescara
“Kinder in Not” – Düsseldorf
“Sonnatrach” Gas Algerino – Algeri
“Medaglia commemorativa” Ferrovie dello Stato – Tarvisio (Ud)
“Città degli animali” – Berlino
“Golden Skate Awards 2008” – Milano
“Grande scala caotica” (DNA) Montecampione (Bs)