Flex house uno spazio fluido

Progetto: Studio di architettura Archikubik (Barcellona)
Servizio: Azzurra Lorenzetto
Foto: Eugeni Pons

Il sociologo polacco Bauman Zygmunt nel suo libro “Modernità liquida”, edito in Italia da Laterza nel 2003, paragona
il movimento e le caratteristiche dei fluidi, sempre capaci di adattarsi ad ogni contenitore uscendone immutati, al modo
di vivere di oggi. Per muoversi fluidamente abbiamo bisogno di spazi fluidi. “In sede di architettura si parla di spazi liquidi che registrano, in qualche modo, sulla propria pelle questa fluidità. Una delle caratteristiche molto presenti oggi nella progettazione è la leggerezza, leggerezza che allude in qualche modo alla liquidità […]”. Lo spazio fluido è uno spazio che non ha mai una forma fissa, ma che prende forma modellandosi su esigenze e situazioni, è per questo
che oggi si privilegiano i loft dove le pareti in muratura per dividere i locali sono scomparse.

Allo stesso tempo si capisce perché quella che sembrava l’ultima frontiera, la “casa cablata”, oggi è superata da una casa emotiva, espressiva e sensibile. In questa “casa sensibile” le tecnologie, pur essendo presenti, spariscono, venendo solo all’occorrenza attivate. Sono coloro che abitano gli spazi che attivano e disattivano la “tecnologia” assecondando le loro esigenze. In questo caso si può parlare di un “sistema flusso” che di volta in volta risponde alle istanze di colui che abita lo spazio. L’eliminazione di pareti fisse e l’ausilio di pareti mobili rende lo spazio fluido e mutevole. Un valido esempio è la Flex House: un progetto dello studio di Architettura “Archikubik” di Barcellona.

Il concept

“Dalla Flex House – dichiarano gli architetti Marta Borbonet, Marc Chalamanch, Miquel Lacasta, Carmen Santana –
emergono i principi in cui noi crediamo: un’architettura avanzata in cui da una parte vi è l’idea di flessibilità sviluppata
ad alti livelli e dall’altra le immense possibilità che lo spazio offre. Seguendo questi principi abbiamo sviluppato un
modello chiamato “tunnel del vento”, che sta a significare uno spazio con la capacità di riconfigurarsi adattandosi all’ambiente circostante. Lo spazio dovrebbe potersi modellare a seconda delle esigenze come avviene nella galleria del vento. Se gli abitanti dello spazio vogliono lavorare, organizzare una festa, cenare, socializzare, meditare, ecc. lo spazio dovrebbe rispondere con nuove forme alle diverse richieste. Per tutte queste ragioni “Flex House” è una particolare speculazione di tutti i possibili gradi di flessibilità dell’alloggio. La definizione dello spazio è basata sulla richiesta e la necessità perciò non potrebbe essere toponomico; ciò significa che il soggiorno potrebbe non essere immediatamente riconoscibile come tale perché nello stesso momento deve essere uno spazio relax e di lavoro come un soggiorno o una cucina e così via. In conclusione lo spazio non dovrebbe avere un Nome.” (Hanno collaborato al progetto: Daniel Serrats, Maite Dominguez, Garazi Burgoa, Marta Gimenez, Antonia Genovart, Filippa Respicio, Rita
Campos, Dacmar Ross, Björn Stürmer, Oihana Bidaguren, Mauricio Pereira Brandao).

IL PROGETTO

Flex House ibrida gli usi attraverso un gruppo di containers facilmente trasportabili e collegabili (plug and play). In questo modo lo spazio prende la forma in accordo con le attività che gli utilizzatori hanno in programma in quel momento. Essi non sono collegati ad un determinato schema in quanto la casa non è stata pianificata
strutturalmente ma processualmente. La progettazione è stata più che altro strategica e gli abitanti stessi saranno i designers della propria casa secondo le loro necessità. La strategia prende forma grazie ai containers facilmente trasportabili. Mobili strutturali e pannelli scorrevoli che sono porte e parti di pareti allo stesso tempo. Solo il bagno è costruito così la zona giorno/notte rimane perfettamente separata senza avere bisogno di ulteriori meccanismi. L’ultima particolarità del progetto è che ogni parte importante (cucina, armadio, soggiorno) sta all’interno di un container. Ad ogni modo il sistema operativo del progetto potrebbe essere clonato in qualsiasi altro spazio.

STUDIO ARCHIKUBIK

Fondato nel 1996 da MARTA BORBONET, MIQUEL LACASTA e CARMEN SANTANA nell’anno 1998 si aggiunge come membro del team anche MARC CHALAMANCH. “Dal momento della creazione di ARCHIKUBIK – spiegano gli architetti – il nostro interesse si è concentrato nell’avvicinarsi alla ricerca e alla realtà costruita, attraverso processi incrociati con altre discipline, mantenendo il rigore e le logiche proprie di una professione complessa come quella dell’architetto. Seguendo questa direzione, e consapevoli dei veloci cambiamenti della Società dell’informazione, il nostro posizionamento strategico si fonda sull’incorporare il vettore Tempo nell’architettura permettendone un avvicinamento all’architettura Corpo, non si fonda quindi semplicemente sul formalizzare e trasportare una dimensione emozionale negli spazi creati. Per rafforzare le nostre ricerche e incorporarne i risultati nei nostri progetti, facciamo parte del corpo docente di Università e Scuole di Design a vari livelli tanto in Catalogna quanto all’estero. Il nostro Studio principale si trova a Barcellona ma abbiamo una sede anche a Parigi, col nostro associato Marc Rolinet dell’atelier Rolinet, per progetti in Francia, e manteniamo una costante relazione con lo studio Hipogeo di Gualajara (Messico) per progetti di ricerca e sviluppo”.

www.archikubik.com

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