Editoriale

Leggi il segno del Camino

Una persona ha sempre sognato di avere un camino, finalmente trova l’occasione giusta, se lo mette in casa e… da quel momento il camino incomincia a parlare di lui. Sì, perché il camino è un “segno”. Ed è un segno forte, lo si nota subito ovunque lo si mette: in salotto, in sala da pranzo, nello studio, perfino in camera. E siccome siete voi ad averlo scelto, lui parlerà proprio di voi. E’ un camino semplice ed elegante oppure vistoso e pretenzioso? Attenti, è’ attraverso di lui che sarete giudicati; la trasposizione psicologica è inevitabile. Lo stile del camino dice molto sul vostro carattere. Incominciamo dagli stili storici. Il camino gotico (o neogotico) è fiabesco, spirituale, segno di una tendenza immaginativa molto forte che si può spingere fino alla mitomania. Può essere giusto nella casa di chi è creativo o di una persona di grande fascino che non ha solo il camino come suggestione teatrale. Il camino Rinascimento è invece più serio, più maschile; spesso di grande dimensioni, se monumentale va messo solo in una grande casa, ma esistono anche piccoli camini del ‘500 un po’rustici che si adattano bene in qualsiasi casa di campagna. Il camino barocco è invece tipico di chi vuole impressionare con un fasto austero: anche il resto dovrà essere dello stesso livello, altrimenti scomparirà. Il camino rococò, che denota una sensibilità femminile, è il più adatto per piccoli ambienti arredati con delicatezza di tocco e preziosità di dettagli. Il camino neoclassico è il più “moderno” dei camini antichi e denota classe e sobrietà. Il camino ottocento è più bonario, spesso imita altri stili del passato ed è facile negli accostamenti come il suo proprietario. Il camino déco è invece estroso, teatrale, vuole essere sempre al centro dell’attenzione, come voi che l’avete scelto.

Giuseppe Maria Jonghi Lavarini

Cos’è la semiotica

La semiotica è la disciplina che si occupa dello studio dei segni, della loro natura, di come vengono prodotti, comunicati e interpretati. Vorrebbe essere la scienza esatta di tutta la comunicazione. Solo nel ‘900 è diventata una disciplina autonoma, prima erano i filosofi a occuparsene a cominciare da Platone e Aristotele nella Grecia del IV sec. avanti Cristo. Ma cos’è oggi la semiotica? Si parte dal presupposto che tutto è comunicazione, basta che ci sia qualcuno in grado di coglierla. Si comunica non solo parlando o scrivendo, ma anche col modo di vestirsi, di arredare la casa, di scegliere la macchina. Esistono forme di comunicazione più o meno coscienti e più o meno complesse, si va dal linguaggio istintivo del corpo a quello meditato della pubblicità. Ma come opera questa disciplina? Come in tutte le scienze: si parte da un’analisi dei fenomeni. Per spiegare praticamente il suo metodo si fa l’esempio di un ragazzino che manda a sua zia una cartolina dove ha scritto “Ti ricordo sempre”. Il testo è chiaro, ma per la semiotica la comunicazione non finisce lì. Esiste un soggetto che lo trasmette (il ragazzino) e un altro che lo riceve (la zia), un enunciato (la scritta affettuosa) che va visto in rapporto col modello di riferimento dell’enunciatore (l’idea che il nipotino ha della zia bisognosa di affetto) e col modello di riferimento del ricevente (l’idea che la zia ha di suo nipote, sincero o interessato). Questo prima ancora di occuparci dell’analisi testuale: cioè come il testo è scritto da un punto di vista grafico, che tipo di affrancatura è stata usata (normale o prioritaria?), che rapporto c’è tra l’immagine della cartolina e il testo. Ci possono essere codici personali nell’intestazione (il suo nome familiare) e possono giocare dei precedenti (la zia potrebbe interpretare la frase come ironica). Sono tutte operazioni che la zia fa istintivamente quando riceve la cartolina, ma che è compito della semiotica studiare. A che serve? A renderci più coscienti quando comunichiamo. Ad essere comunicatori più esperti, ma anche ascoltatori più smaliziati quando a parlarci è un “grande comunicatore” del nostro ambiente, della politica o della pubblicità.

 

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