Campane

LA VOCE CHE UNISCE

Edificate secondo una tradizione antica, ben individuabili tipologicamente pur nella infinita varietà di espressioni locali, le chiese ortodosse sono assai diverse da quelle occidentali, ma hanno campane identiche alle nostre.

Da quando nel 1054 avvenne la scissione tra la Chiesa d’Oriente e la Chiesa Cattolica, la prima, chiamata “ortodossa”, ha mantenuto ferma la sua adesione alla consuetudine, così nel rito come nell’architettura che ospita il rito. Nella tipologia architettonica delle chiese orientali ortodosse sussiste una continuità priva di cesure, seppur non esente da evoluzione, nel corso della storia e fino ad oggi. Il “tipo” fondamentale, l’impostazione di base dell’edificio rimane sostanzialmente lo stesso, nel corso dei secoli si registrano pochi cambiamenti e, forse, più sensibili di quelli dettati dall’evoluzione culturale nella storia, sono le variazioni determinate dalle diverse culture locali. Nelle chiese orientali, usuale è l’impostazione a pianta “centrale” dell’edificio. La pianta vede prevalente il disegno a croce greca. Caratteristici i campanili dalle coperture a “cipolla”, spesso rivestite di lastre dorate. Caratteristici sono anche le grandi lanterne che individuano la parte centrale della chiesa, rendendo in tal modo una figura talvolta slanciata, per quanto sempre radicata al suolo con forza, grazie alla pluralità di absidi che movimentano i muri esterni e arricchiscono lo spazio interno di ambiti diversi. Com’è noto, alla scelta della continuità nel disegno architettonico, si accompagna, altrettanto marcata, la decisione di mantenere la tradizione nell’iconografia. Questa ha la sua manifestazione maggiore nell’iconostasi: la parete che separa i fedeli dai sacerdoti durante la celebrazione. I fedeli ascoltano la voce dei celebranti e partecipano alla celebrazione col loro canto, ma vedono solo – tranne che in pochi momenti – le figure che compongono l’iconostasi. Il monastero di S. Clemente, a Skopje in Macedonia, costituisce un esempio significativo di architettura ortodossa. L’impianto è regolare, compatto nella forma che si sviluppa attorno a un tiburio centrale, secondo un decrescere di tetti a falda nelle quattro direzioni.

Il monastero di San Clemente presso Skopje, da poco restaurato e sul cui campanile è stata collocata la nuova campana di fabbrica italiana La camapna in LA, elaborata artisticamente, completa di telaio, di meccanica e di motore per il suono a distesa

Tale regolarità resta interrotta solo dall’elevato tamburo che sovrasta il luogo della cappella e dal campanile che sorge sul lato opposto. Nel territorio macedone è particolarmente forte il sentimento di appartenenza alla comunità locale. Il monastero qui assume necessariamente la funzione di rappresentare nel senso più compiuto la comunità locale, della quale è l’emblema. D’altro canto il monastero, come anche la chiesa, assume anche la funzione di esprimere l’universalità della fede. E forse non c’è nulla di più astratto e di più universale, nella presenza fisica dell’edificio religioso entro il territorio, del suono delle campane. Suono che a tutti si rivolge: fedeli e non, appartenenti alla specifica comunità, o persone di passaggio. E’ molto significativo che il primate della Chiesa di Skopje, Mons. Joakim Herbut, abbia commissionato a un produttore italiano la nuova grande campana per il monastero di San Clemente. Le Officine Trebino hanno avuto la possibilità di collaborare direttamente con il prelato macedone, che ha seguito personalmente tutta la preparazione della campana in LA, lavorata artisticamente, completa di telaio, di meccanica e di motore adatto per il suono a distesa. Una campana molto particolare: riporta infatti l’icona di S. Clemente e le varie dediche in lingua locale. Non solo: è azionata da un meccanismo comandato da un computer studiato appositamente per la Chiesa Ortodossa: tutti i suoni infatti rispettano fedelmente le usanze e le feste della chiesa locale. La grande campana è stata installata dai tecnici specializzati della fonderia Trebino di Uscio (GE), che è anche fornitrice della Santa Sede. Insomma, quella di Skopje è una campana che parla il linguaggio universale dell’intesa e della fraternità tra Chiese separate, ma nelle quali resta forte il desiderio della reciproca intesa.

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