Un baluardo militare per l’accoglienza

Restauro e rinnovamento: una sede museale nel Forte di Bard

La sua lunga storia è intessuta di conflitti, ma nel clima dell’unità europea, il vecchio forte trova una nuova destinazione, per la cultura, lo scambio di idee, per favorire il turismo nella Valle d’Aosta.

Servizio di: Leonardo Servadio

L’ambientazione è impressionante: la rocca sorge sul grande sperone di roccia nel fondovalle, prima che questo diventi pianura. Un baluardo naturale a presidio della via che dalla Pianura Padana porta ai valichi del Piccolo e del Grande San
Bernardo. Sotto le sue poderose mura doveva passare chiunque volesse, attraverso la Valle d’Aosta, inoltrarsi in Italia.
Luciano Caveri, Presidente della Regione Autonoma Valle d’Aosta e dell’Associazione Forte di Bard, descrive il suo “lento e inesorabile declinare dovuto all’evoluzione delle tecniche e anche alla pace tanto attesa sul Vecchio Continente”. Che farne dunque? L’idea è stata di trasformarlo in un museo, valorizzando con nuovo spirito quella sua posizione eremitica
e forte, minacciosa e ascetica. Così Forte di Bard, col suo borgo, luoghi “intrisi dalle ragioni della guerra”, come ancora sottolinea Caveri, sono diventati “inno alla pace, luogo dedicato alle montagne”.
Ne valeva la pena: il sito è ricco di memoria. La sua storia è antichissima, spiega Teresa Charles, Assessore alla Cultura della Valle: “Questo promontorio roccioso era frequentato sin dalla più lontana antichità, come dimostrano i graffiti preistorici.

In alto, vista della rocca militare, tutta in pietra. In primo piano, la parte denominata Opera Carlo Alberto e di Gola. Qui alla fine degli anni Ottanta sono state rifatte le coperture. Terminati i lavori (curati dal Ministero dei Lavori pubblici e dalla Regione Autonoma) nel 1990 la proprietà del sito è stata trasferita dal Ministero delle Finanze alla Regione.
Nel gennaio 2006 è stato aperto al pubblico il primo spazio espositivo del complesso museale, con la mostra “Alpi di sogno”.

“La rocca – continua la Charles – dovette essere fortificata sin dall’epoca preromana, ma le prime testimonianze documentarie certe risalgono al 1034”.
Il forte affascinò il giovane Stendhal che era al seguito di Napoleone quando questi giunse in Italia. Dopo essersi vista sbarrata la strada da quel baluardo, il generale lo fece abbattere. Allora “Carlo Felice – riferisce ancora la Charles – negli anni Trenta dell’800, lo fece ricostruire su disegno dell’architetto militare Olivero”. Oggi “la scommessa – ha scritto
Maurizio Tropeano nel raccontare la storia del Forte – è quella di trasformare un luogo costruito per impedire con ogni mezzo l’accesso dei nemici, in uno spazio aperto, facilmente espugnabile anche da bambini e anziani”. Il Forte è stato reso alla sua valle e alla sua gente.
Il recupero ha mosso i primi passi nel 1992, con la partecipazione della comunità locale e della Comunità europea. Uno dei primi esempi di progettazione “partecipata” dalla gente del luogo.
L’intervento fa parte della ristrutturazione dell’economia della Valle: anche nei suoi splendidi panorami erano sorte industrie, e anche qui avviene il passaggio all’epoca postindustriale.
Al nuovo museo si richiede di rappresentare “la cultura e le tradizioni di tutte le Alpi”. Il Forte diventa luogo di accoglienza, centro turistico e di informazione, portale per la grande vallata.

La rocca a presidio delle vie di accesso alla Pianura Padana, diventa luogo di incontro
e di accoglienza per il turismo e la cultura nella Valle d’Aosta.

La vista dall’alto pone in evidenza il carattere di fortezza che, sorgendo sul fondovalle, era in grado di controllare le vie di transito attraverso le Alpi.
Il complesso culturale e turistico include il forte e il borgo, articolato in diversi luoghi e spazi, non solo di carattere museale, ma anche espositivo per mostre temporanee, di accoglienza, di ristoro e spazi commerciali.
Insomma un centro integrato, capace di orientare il visitatore alle potenzialità della Valle.

A sinistra: la sala di ingresso.
Sopra, la sala dedicata alle Alpi. Il Museo delle Alpi coglie i segni della lunga evoluzione del territorio.
Il visitatore ha la possibilità di compiere un viaggio ideale, accompagnato da esperti in diversi settori: il naturalista, il geografo, l’antropologo, lo storico. Si assiste così alla nascita della catena montuosa, allo sviluppo del suo habitat naturale, alla colonizzazione da parte dell’uomo, alle fasi di trasformazione degli insediamenti e della viabilità, all’evoluzione della civiltà alpina e del paesaggio.
Il Museo delle Alpi è nell’Opera Carlo Alberto.
Il Museo del Forte, nell’Opera Ferdinando superiore; il Museo delle Frontiere, nell’Opera Ferdinando inferiore e il museo per i giovani, Alpi dei ragazzi, nell’Opera Vittorio.
Le mostre temporanee, negli spazi delle Cannoniere dell’Opera Carlo Alberto.

Le cifre, una storia

I numeri sono aridi e freddi, ma avolte sanno svelare l’importanza di un’impresa. E questa del forte di bard è senz’altro una grande i
mpresa, cominciata da poco e lanciata verso il futuro. Museo delle alpi e delle frontiere, del forte e delle fortificazioni alpine, delle Alpi dei ragazzi, è anche spazio per mostre temporanee, centro di introduzione al patrimonio culturale valdostano, ha sale per proiezioni e incontri, manifestazioni culturali, incluse quelle enogastronomiche, e ospita anche un hotel, un ristorante, una caffetteria e negozi specializzati. Il tutto su 14.467 metri quadrati di superficie (di cui 3.600 per aree espositive, oltre 2000 di cortili interni) per arrivare ai quali si supera (a piedi o con l’ascensore inclinato esterno) un dislivello di 106 metri.

Vi sono 806 gradini di scale e un totale di 283 locali, 385 porte, 323 finestre, 296 feritoie. Con la ristrutturazione sono stati posati 112.705 metri di cavi elettrici e rimossi 153.737 metri cubi di terreno.al progetto hanno lavorato oltre 500 maestranze e oltre 100 progettisti e consulenti. Nel forte ora ci sono quattro musei dotati di apparati multimediali, una macchina espositiva dotata di apparati scenografici,ricca di ricostruzioni e rievocazioni. Le testimonianze intrinseche al luogo, come i graffiti preistorici, s ono valorizzati insieme con le esposizioni contemporanee. Gli allestimenti di oggi dialogano con i muri e con la roccia. È questa della complessità e dell’integrazione, dell’articolazione diacronica e dell’attualizzazione armonica, la filosofia che ha ispirato chi si è occupato degli allestimenti. Era il suo guardiano, ora è il nuovo portale della valle.

In alto, panorama notturno.
Tutti gli impianti sono
totalmente nuovi, l’impianto
di illuminazione è rilevante
per l’agibilità del luogo. Nel
riquadro: interno dell’Hotel
Cavour, nel borgo.

L’accesso al Forte è stato facilitato con l’inserimento di un ascensore esterno inclinato. Dal sottotetto sono stati rimossi tre metri di detriti: erano la barriera che serviva per assorbire eventuali esplosioni di eventuali bombardamenti. Nella ristrutturazione si è trovato un equilibrio tra l’antica destinazione del luogo e quella attuale. Ora, tra l’altro, può ospitare
collezioni di oggetti di design italiano: è la vetrina di una civiltà in tutti i suoi risvolti.

L’arrivo della strada di accesso al borgo e al forte.
Il dislivello dal fondovalle è di un centinaio di metri.
A sinistra: le piante del complesso, ai vari livelli,
mostrano la ampia articolazione del sito,
vera cittadella militare.
Nella parte più bassa dell’insediamento si trova l’Opera Mortai e Polveriera, dove sono stati aperti spazi logistici e didattici per scolaresche.
Terminata la fase preparatoria, i lavori per la riqualificazione sono stati realizzati tra il 1999 e il 2007.

Ma soprattutto qui si trova la montagna, spiegata e presentata nelle sue diverse accezioni. Non un solo museo, ma tante sale espositive, per molte occasioni.
Una vera porta aperta, una potenzialità pronta per proiettare la montagna verso un futuro che oggi si può intravedere. Al cuore, la scelta di fondo: là dove c’era divisione e conflitto, oggi c’è l’incontro e la proposta di una cultura nuova.

 

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