L’intervento migliorativo seguito dagli architetti Tringali e La Rosa ha reso al capoluogo abruzzese la prima chiesa ripristinata dopo le distruzioni avvenute col terremoto del 2009. Nuove tecnologie, come quella delle fibre di carbonio, contribuiscono a lenire danni causati anche dall’uso eccessivamente disinvolto del cemento armato.
All’indomani del sisma, scrive S.E. Mons. Giuseppe Molinari, Arcivescovo Metropolita de L’Aquila, “la nostra amata città si è ritrovata profondamente ferita, adagiata sul colle che l’ha vista nascere nel XIII secolo, a contare le perdite di vite umane e delle speranze che con esse l’hanno abbandonata. Era il 6 aprile 2009. Una data che resterà impressa nella memoria dell’intero Paese… Come Chiesa dell’Aquila ci siamo assunti l’impegno di adoperarci perché l’antica chiesa di San Biagio d’Amiternum, sede prescelta nel 2008 per la Parrocchia universitaria, tornasse a splendere come un tempo e meglio di un tempo…”
I lavori di restauro sono durati diciotto mesi e nel luglio 2012 la chiesa, edificata nel XIII secolo e più volte ricostruita dopo i tanti terremoti che hanno colpito il capoluogo abruzzese nella storia, è stata riconsacrata col titolo di San Giuseppe Artigiano.
Come ha sottolineato il Dr. Fabrizio Magani, Responsabile della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell’Abruzzo, questo di San Biagio “è stato il primo cantiere ad aprire nel cuore del centro storico dell’Aquila…
L’articolo completo è disponibile in
CHIESA OGGI 99
Acquistalo online o in Edicola!
APPROFONDIMENTO
http://pro.dibaio.com/tringali-larosaVerona 14-17 Marzo 2013
http://pro.dibaio.com/legnoeedilizia-2013Luglio 2012, L’Aquila, centro storico. L’impressione è quella di trovarsi in un luogo dimenticato, in un antico regno abbandonato, sepolto dalla storia. Niente luce elettrica nelle strade attigue a piazza Duomo, botteghe chiuse, i militari a presidiare quel che resta di uno dei gioielli medievali d’Italia. Si susseguono i divieti, al limite del paradosso: un coraggioso ristoratore ha deciso di riaprire, ma non c’è traccia di clienti, perché non si può percorrere la via di accesso. Motivi di sicurezza.
Tre anni fa, durante il G8, repentinamente spostato a L’Aquila dalla sede originaria della Maddalena, i Grandi della Terra avevano promesso una mano tesa per la ricostruzione. E le istituzioni, nazionali, regionali e locali, si erano dette certe che la rinascita de L’Aquila avrebbe rappresentato un esempio. Niente di tutto questo. Ma in questo buio, che è al tempo stesso istituzionale, politico, economico e civile, lo scorso 22 luglio si è accesa una luce. È stata la Fondazione Roma a rianimare la fiammella della speranza, dimostrando che è possibile «fare», piuttosto che «promettere», e che si può raggiungere un obiettivo concreto, malgrado gli ostacoli burocratici, in presenza di una reale volontà d’azione. Grazie alla Fondazione, la Chiesa di San Biagio d’Amiternum è oggi il primo edificio sacro del centro storico ad essere recuperato integralmente e consegnato alla città, in soli diciotto mesi di lavoro, nel pieno rispetto dei tempi previsti.
La ri-consacrazione e la restituzione al culto della Chiesa sono avvenute con una solenne cerimonia, celebrata dall’Arcivescovo Giuseppe Molinari. Il restauro dell’edificio è stato interamente sostenuto dalla Fondazione Roma, con un contributo di 2 milioni 900 mila euro. La Chiesa di San Biagio d’Amiternum, conosciuta come la «chiesa degli studenti» – sia perché dal 2008 è la sede della parrocchia universitaria di S. Giuseppe Artigiano, sia perché si affaccia su via Sassa, centro della movida aquilana – è rinata con il nome di «Chiesa di San Giuseppe Artigiano».
Quello della Fondazione Roma è stato un intervento eccezionale, realizzato al di fuori del proprio tradizionale territorio di riferimento – corrispondente alle province di Roma, Frosinone e Latina – proprio per il carattere straordinario dell’evento che ha colpito il capoluogo abruzzese. Volendo mostrare la propria solidarietà attiva nei confronti della popolazione aquilana, la Fondazione ha compiuto una scelta fortemente simbolica, promuovendo il restauro di un edificio dalla centralità indiscussa, il cui ruolo è strettamente connesso alle modalità di origine della città, come riunione di castelli preesistenti nella zona. Fra di essi, infatti, vi era anche l’antico sito di Amiternum, all’epoca San Vittorino, sede vescovile, che confluì nella diocesi dell’Aquila, dopo il trasferimento della sede da Forcona nel 1257, per volontà di Papa Alessandro IV.
Il recupero totale della Chiesa, come ha spiegato il Presidente della Fondazione, Prof. Avv. Emmanuele F.M. Emanuele, «rispecchia, per il significato che l’edificio riveste nel contesto cittadino, dal punto di vista storico, sociale e religioso, i principi che ispirano ogni iniziativa della Fondazione Roma». Tre, infatti, sono le caratteristiche del sito che la Fondazione considera prioritarie. In primo luogo, sostiene il Presidente Emanuele, «si tratta di un un luogo dedicato al culto, e la Fondazione è da sempre vicina al mondo della Chiesa cattolica e ai suoi valori, nonché attenta al tema della spiritualità, quale impulso di aggregazione tra gli uomini, veicolo di comunione e solidarietà». Inoltre, ha ricordato il Prof. Emanuele, «il Complesso di San Biagio è sede di attività culturali: prima del terremoto era il luogo deputato ad accogliere il complesso musicale dei Solisti Aquilani, che nel magnifico oratorio settecentesco di San Giuseppe dei Minimi, collegato al corpo centrale della Chiesa, tenevano le sessioni di prova e si esibivano in concerto. La Fondazione, che mi onoro di presiedere, è impegnata da anni nella valorizzazione delle attività artistiche e culturali, che contribuiscono allo sviluppo integrale della comunità». «Infine, ha concluso il Prof. Emanuele – San Biagio è il punto di riferimento degli studenti aquilani, delle giovani generazioni, della classe dirigente di domani. Un mondo al quale la Fondazione dedica da anni le proprie attenzioni, attraverso una serie di programmi, che vanno dall’ammodernamento tecnologico delle scuole statali, di ogni ordine e grado, alla formazione universitaria e post-universitaria, garantita da master innovativi e di grande impatto sociale».
La chiesa, che si trova nella parte più antica del capoluogo abruzzese, a breve distanza dal Duomo – all’interno del quarto di San Pietro, in una zona di origine duecentesca, il cui assetto urbanistico, risalente al XIII e al XIV secolo, è rimasto pressoché inalterato fino ai giorni nostri – rappresenta molto bene la tempra aquilana: nel corso dei secoli la struttura originaria è stata più volte distrutta da eventi sismici, in particolare quelli del 1315 e del 1703, ma è stata sempre prontamente ricostruita. Decaduto ed abbandonato – fu utilizzato addirittura come dormitorio dai soldati durante la Prima Guerra Mondiale e nella seconda metà del Novecento divenne la sede di mostre e mercati – l’edificio è poi tornato a ricoprire quel ruolo centrale che aveva in origine.
L’impianto basilicale presenta tre navate, concluse ciascuna da un’abside, attraversate da un transetto poco pronunciato e non sporgente. All’interno si trova un monumento dal valore altamente simbolico, miracolosamente risparmiato dalla distruzione dell’ultimo terremoto. Si tratta della stele funeraria, in stile gotico, di Lalle (Ludovico) Camponeschi, che è considerato uno dei reali fondatori dellacittà, perché ne promosse la ricostruzione, dopo il sisma del XV secolo.
Negli ultimi decenni la Chiesa di San Biagio era stata fatta oggetto di alcuni interventi di restauro – nel 1980, nel 2005/2006 e nel 2008 –ma il terremoto del 6 aprile 2009 ha prodotto una serie di danni molto rilevanti: il secondo ordine della facciata principale è collassato, il coro ligneo è caduto, la copertura interna della navata principale ha subìto il crollo della porzione adiacente la facciata, le volte delle navate laterali, in laterizi e malta, sono state lesionate, alcuni dissesti hanno colpito i pilastri, la muratura è stata danneggiata.
Dopo una serie di indagini geognostiche e strutturali, mirate ad acquisire tutti i dati necessari per stilare il progetto di restauro, il 18 gennaio 2011 è iniziato l’intervento architettonico vero e proprio, sotto la direzione dell’Architetto Salvatore Tringali – responsabile, tra l’altro, del progetto e dei lavori di ricostruzione della Cattedrale di Noto – e dell’Architetto Rosanna La Rosa.
L’opera di restauro dell’edificio – un consolidamento strutturale, e non una semplice messa in sicurezza – ha interessato vari piani: la ricostruzione della muratura di facciata su via Sassa, con l’utilizzo di materiale lapideo proveniente dal crollo; la realizzazione del cordolo in muratura armata, sia sui muri della navata centrale, che su quelli delle navate laterali; il rifacimento totale delle coperture; il consolidamento e il rifacimento totale di una parte della volta centrale in camorcanna e gesso; il consolidamento delle voltine della navata laterale destra, con il rifacimento dei frenelli e delle costolature, la sarcitura delle lesioni provocate dal sisma.
Nella navata laterale sinistra è stata ricostruita la struttura muraria delle voltine e sono state posate alcune fasce in fibra di carbonio. Nella terza voltina della navata sinistra è stato eseguito il rifacimento totale della costolatura mediana, con mattoni in cotto recuperati nella fase di smontaggio; sono stati consolidati i basamenti dei pilastri e dei piloni, con l’inserimento di tiranti in acciaio inox, mentre i fusti dei pilastri e dei piloni sono stati rafforzati con fasciature in fibre di carbonio. Sono stati inoltre consolidati tutti gli archi, sia trasversali che longitudinali, delle navate, con l’utilizzo di malte in resina, per la ricostituzione del legame tra i conci che, con l’effetto del sisma, si era annullato.
All’interno del cantiere le sorprese non sono mancate. A fianco dell’abside maggiore, durante l’intervento sugli intonaci, è stato rinvenuto nel giugno 2011 un pregevole affresco: la figurazione tardo trecentesca del disegno, con buona probabilità contemporanea alla ricostruzione della chiesa che seguì il sisma del 1349, presenta le linee di una solenne architettura gotica, all’interno della quale campeggia la Madonna con gli angeli. Nel dicembre 2011, durante le operazioni di smontaggio della copertura della navata laterale destra, è stato ritrovato, tra il sottotetto e la volta della cappella destra, un secondo affresco, di circa 40 mq, che rappresenta il Cristo Pantocratore.
Le economie realizzate rispetto alle previsioni iniziali, principalmente grazie al ribasso d’asta derivante dalla gara d’appalto, hanno permesso interventi ulteriori, realizzati con le risorse residuali: la riqualificazione dello spazio liturgico e la decorazione della chiesa: il nuovo organo a canne; i lavori per l’altare maggiore, l’ambone e la sede del celebrante; il restauro delle panche danneggiate e l’integrazione delle mancanti; l’acquisizione di arredi liturgici e di nuove opere d’arte, tra cui il ciclo pittorico su tela ispirato a brani della narrazione biblico-teologica ad opera del giovane artista Giovanni Gasparro.
Alla cerimonia di riapertura della Chiesa le istituzioni – governo, Regione Abruzzo, Provincia de L’Aquila – erano assenti. Il sindaco ha delegato un suo rappresentante. Un atteggiamento che sottolinea ancora una volta la distanza tra il pubblico, con le sue procedure farraginose e la sua meritocrazia mortificata, e il privato di natura sociale, che la Fondazione Roma autorevolmente rappresenta, in grado di raggiungere i propri obiettivi perché dotato di competenze ed efficienza. L’auspicio è che, come già in passato, l’intervento della Fondazione possa essere allo stesso tempo uno stimolo e un esempio.