Quando eccedere diventa chic

L’architettura della memoria
Un palazzo di famiglia tra napoli e Caserta in cui è mescolato neoclassico e
neobarocco con personalità

Testo di: Walter Pagliero
Servizio di: Annalisa Tirrito
Foto di: Mario Oliva

Due stilisti napoletani hanno reinterpretato un palazzo della belle époque puntando sulla luminosità,
sulle dorature e sui colori intensi del primo novecento.

Le città europee dove la gente ha voglia di eccedere sono poche, per l’Italia possiamo candidare Napoli e dintorni, dove abbiamo la villa reale più grande, le feste pirotecniche più imponenti e l’arte di arrangiarsi più fantasiosa. Tra Napoli e Caserta, in una zona agricola ricca di vegetazione, due fratelli entrambi stilisti di moda, Giuseppe e
Agostino Bencivenga con le donne della maison Rachele, Anna e Giusy, hanno ristrutturato il vecchio palazzo
di famiglia per farne la sontuosa sede della loro attività. Costruito a cavallo del ‘900 mescolando neoclassico e barocco) è stato riarredato dai nuovi proprietari usando lo stesso metodo con cui creano un abito, cioè “vestendolo”
a poco a poco con drappi puntati da spilli e studiando ogni volta l’effetto prima di continuare. Questa operazione l’hanno condotta all’insegna della parola d’ordine spesso usata nell’alta moda: “lusso e sregolatezza ma con misura”.

Il risultato non ha certo il sapore del progetto creato a tavolino; tutto sembra nascere per gemmazione spontanea, idea su idea, azzardo dopo azzardo. L’intervento è stato radicale: su tutto è stata preventivamente passata una mano di bianco e i vecchi pavimenti sono stati sostituiti da un marmo lucido beige chiaro che continua in tutta la casa. Così il palazzo è diventato un ambiente smaterializzato, quasi metafisico, dove si sono divertiti a mettere in bella
simmetria oggetti scelti tra lo stile neoclassico e quello barocco, per essere coerenti con lo stile dell’architettura. I colori, decisamente vivaci ed “emotivi”, seguono una precisa tavolozza: oro a profusione, verde e bianco nei vasi, e per i tessuti tutti i rossi dall’arancio al violetto e al bordeaux. Le sedute, soprattutto le sedie dorate ricoperte con velluti tratti da vecchi copriletto, sono disposte con una simmetria esasperata che mette in luce lo spirito sensuale
della belle époque partenopea.

L’effetto globale affascina: si basa sullo strano sposalizio di una compassata struttura monumentale di derivazione neoclassica fatta convivere con presenze ultraromantiche di gusto rococò . E’ come se l’intero palazzo uscisse dal suo nobile aplomb per divertirsi con uno sfrenato e voluttuoso gusto della vita, in sintonia con la moda che esce da queste stanze pensata nello stesso spirito. E’ ispirandosi ad essa che i due stilisti sono riusciti a cambiar anima a un palazzo nato con atmosfere e rituali molto più controllati. A questo punto va detto che uno dei due fratelli stilisti abita qui stabilmente e quindi la grande casa non è solo un teatro per i visitatori, ma anche qualcosa di intimo e personale.

A questo riguardo Annalisa Tirrito ha scritto: “Tutto avviene a palazzo, dalla creazione di abiti lussuosi al trascorrere
lento dei giorni di riposo: un via vai di maestranze e dame nei giorni feriali si alterna a un sereno godimento di ambienti curati nei giorni di festa”. Il giardino è coerente con l’interno; eccessivo e scenografico, ha una forte carica
suggestiva, a iniziare dai mobili su cui ci si sdraia, che sono leopardati e ricordano raffinatezze da imperatore romano. Il doppio scalone a tenaglia porta a un grande prato dominato da un chiosco con colonne, archi e fontana di gusto dannunziano. Il giardino, dove tutti i fiori sono bianchi (rose, ortensie, azalee e calle) e il tappeto erboso è color smeraldo chiaro, risulta circondato da una cortina di alti cipressi e di soffici arbusti che impediscono di vedere e
di essere visti.

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