L’architettura della memoria Testo di: Walter Pagliero Due stilisti napoletani hanno reinterpretato un palazzo della belle époque puntando sulla luminosità, Le città europee dove la gente ha voglia di eccedere sono poche, per l’Italia possiamo candidare Napoli e dintorni, dove abbiamo la villa reale più grande, le feste pirotecniche più imponenti e l’arte di arrangiarsi più fantasiosa. Tra Napoli e Caserta, in una zona agricola ricca di vegetazione, due fratelli entrambi stilisti di moda, Giuseppe e Il risultato non ha certo il sapore del progetto creato a tavolino; tutto sembra nascere per gemmazione spontanea, idea su idea, azzardo dopo azzardo. L’intervento è stato radicale: su tutto è stata preventivamente passata una mano di bianco e i vecchi pavimenti sono stati sostituiti da un marmo lucido beige chiaro che continua in tutta la casa. Così il palazzo è diventato un ambiente smaterializzato, quasi metafisico, dove si sono divertiti a mettere in bella L’effetto globale affascina: si basa sullo strano sposalizio di una compassata struttura monumentale di derivazione neoclassica fatta convivere con presenze ultraromantiche di gusto rococò . E’ come se l’intero palazzo uscisse dal suo nobile aplomb per divertirsi con uno sfrenato e voluttuoso gusto della vita, in sintonia con la moda che esce da queste stanze pensata nello stesso spirito. E’ ispirandosi ad essa che i due stilisti sono riusciti a cambiar anima a un palazzo nato con atmosfere e rituali molto più controllati. A questo punto va detto che uno dei due fratelli stilisti abita qui stabilmente e quindi la grande casa non è solo un teatro per i visitatori, ma anche qualcosa di intimo e personale. A questo riguardo Annalisa Tirrito ha scritto: “Tutto avviene a palazzo, dalla creazione di abiti lussuosi al trascorrere
|