Progetto di Francesca Punzo, architetto Questo giardino Zen è stato progettato per un grande terrazzo (circa 100 mq.) di un appartamento in città. Si Due lanterne sospese alla trave maestra e lampade a parete illuminano lo spazio; sotto il pergolato l’arredamento è sobrio ed essenziale: un tavolino basso e dei grandi cuscini rivestiti con stoffe dai colori solari come l’arancio e il rosso e il giallo, sono stati pensati per i momenti di relax. Una pausa per escludersi dal mondo e dal suo frastuono immergendosi in una nuova atmosfera contrassegnata da un panorama quieto e rarefatto. Il giardino zen L’intera superficie del terrazzo è ricoperta da sabbia bianca (polvere di marmo) e il perimetro del terrazzo è delimitato da una striscia marcata da ciottoli chiari (levigati di fiume) che, oltre a fungere come scolo per l’acqua piovana nella gronda, può essere letto come il corso di un torrente, quieto e silenzioso. Ogni gruppo di rocce è marcato, intorno, da disegni tracciati da un rastrello; il passaggio di questo strumento rudimentale tale è da considerarsi un momento molto importante nella creazione di un giardino zen, perché è in questo gesto che l’uomo può esprimere la sua forza vitale e rilassarsi, è per questo motivo che il gesto dovrà essere compiuto rigorosamente dai padroni di casa, per generare energia positiva e per rilassarsi prima di accingersi alla meditazione. Ogni roccia è circondata da muschio verde e un faretto illuminerà la sera le composizioni che potranno così essere contemplate anche di notte. Si accede al terrazzo anche dalla porta finestra posta ad ovest. Qui il panorama varia pur mantenendo saldi gli elementi portanti: il pergolato, la sabbia, le rocce, i ciottoli, solo che a questi si è aggiunto un albero, un acero. L’elemento verde, in un giardino zen non viene escluso a priori ma è scelto in modo da mantenersi costante nel tempo. Un tappeto verde congiunge i due pergolati ad ovest, del muschio verde cresce intorno alle rocce, come prati ai piedi di alte montagne circondati da un “mare” non di acqua, ma di sabbia. Non dobbiamo dimenticare che la scelta di tale composizione è dettata esclusivamente dal fatto di voler evidenziare che, eliminata l’acqua, i fiori, il verde totale, rimangono soltanto le pietre come elemento portante dell’anima di un giardino. La pietra non cambia al mutare delle stagioni; il tempo non riesce a distruggerla se la misuriamo sulla limitata lunghezza della vita dell’uomo; un giardino fatto di pietra non varierà il suo colore in primavera come in inverno; il giardino di pietra rimarrà sospeso nel tempo, immobile, e l’animo di chi lo contemplerà vi troverà pace e serenità. Il pergolato ad ovest è arredato in modo da essere più confortevole, infatti questa parte è adiacente all’apertura attraverso la quale si accede alla cucina. NOTE: 1) un primo tentativo di progettare un giardino zen, in uno spazio chiuso, fu fatto nel 1797 nel monastero Ryoanji, il terreno su cui è stato realizzato il giardino è circondato da un canale pieno di ciottoli, che assicurava lo scorrimento delle acque pluviali, e chiuso ad ovest e a sud da un muretto. In pianta le pietre sono poste da est a ovest ( cioè da sinistra a destra) rarità in un giardino giapponese che doveva essere letto da destra a sinistra come i rotoli miniati del XII sec.
Quando e come nasce il giardino Zen Il giardino giapponese che abbiamo illustrato è ispirato allo Zen, un ramo del buddismo alimentato da una linfa del taoismo ed ha lo scopo di rivelarci l’essenza delle cose e dell’Essere alimentando la continua ricerca del proprio Io. Lo zen, in Giappone, trova modo di radicarsi nel XIII secolo. I monaci Zen si dedicano all’arte dei giardini che adottano come mezzo principale per esprimere gli stretti legami tra arte e ricerca della verità. Non si può parlare del giardino giapponese senza ricordare che esso include tre generi molto differenti fra loro: il genere paradisiaco, il genere Da questo si può facilmente comprendere la ragione per la quale, molti dei pittori paesaggisti giapponesi fossero tra i maggiori disegnatori di giardini, come Kose no Kanaoka e Kose no Hirotaka. Una forte
Da questo momento diviene più sensibile ai cambiamenti della natura, ai temi della morte e della rinascita e si apre alla speranza del paradiso e all’accoglienza di Amida (il Salvatore); da questa concezione nasce il giardino paradisiaco (il più antico è databile nel 1052) dove lo specchio d’acqua simboleggia lo stagno con i loti della terra pura in cui rinascono i morti. Più antico il giardino secco che appare nell’XI secolo nel trattato Sakuteiki. In questo volume il giardino secco viene definito come un luogo senza stagioni e senza acqua caratterizzato dalle pietre; l’innovazione di questi giardini consiste nel volere rappresentare l’acqua senza usare l’acqua. Il padre dei giardini zen è Muso Soseki, un monaco che realizzò nel 1339 uno dei più antichi giardini ne . Lo stesso shintoismo è un culto di forme e forze della natura; la pietra pazientemente scolpita dalle acque e dai venti è l’opera del tempo che agisce lentamente. L’antico trattato Sakuteiki, un saggio sui giardini secchi, detta le regole sul posizionamento delle pietre; una delle regole fondamentali è quella di non mettere mai in orizzontale una pietra trovata in verticale e viceversa, questo per non snaturare la sua origine. La presenza di sabbia nei giardini Zen, inoltre, richiama quella parte degli antichi santuari Shintoisti, dove sorgevano le aree sacre. La finalità del giardino Zen, o Kare Sansui (spazi senza acqua), è dunque quella di darci un’immagine essenziale dell’universo. Regole per progettare un giardino zen • Utilizzare grandi rocce che devono rappresentare isole montuose posizionate anche a gruppi evitando i numeri pari e soprattutto il 4 perché il suo ideogramma è simile a quello della morte. Le immagini 1-2-3-4-6-7 sono tratte dal volume “Il giardino Zen” di François Berthier – Edizioni Electa 2001- Architetti e architetture. Le immagini 5-8-9-10-11-12 sono tratte dal volume “The gardens of Japan” di Teiji Itoh – Edizioni Kodansha International 1984.
|