CHI SA AFFRONTARE IL DIALOGO?

Di fronte alle espressioni artistiche le reazioni sono sempre contrastanti, soprattutto nel panorama odierno.
È naturale che in questo sia coinvolta la liturgia, soprattutto considerata come occasione
e ambito per dare vita a un linguaggio che sempre ha avuto grande importanza nel contesto cultuale.
Nell’VIII Convegno Liturgico Internazionale del Monastero di Bose Liturgia e arte, la sfida della contemporaneità, François Boespflug, della Facoltà di Teologia “Marc Bloch” di Strasburgo, rifletteva su alcuni argomenti (il testo completo è negli Atti editi da Qiqajon) che sollecitano diversi interrogativi: – L’avvicinarsi del 50° del Concilio Vaticano II può essere un’occasione per ripensare a quanto espresso nella Costituzione liturgica circa
l’arte?
• Il ruolo potenzialmente teologale dell’arte riesce a manifestare il mistero che essa racchiude, colta nelle sue variegate espressioni destinate al culto?
• Funzionalità non è espressione di sola decoratività, ma molto di più: è cogliere nel linguaggio dell’arte uno dei modi del mistero dell’incarnazione.
• Da qui la responsabilità della Chiesa che in ogni tempo e cultura deve imparare a “commissionare” e a formulare attese per l’arte destinata al culto.
• Ne emerge la dialettica con artisti capaci di lavorare sul sacro con conoscenza di causa,
perché formati all’espressione del divino.
• Ma quali artisti accettano di entrare in questa prospettiva con l’aiuto di istituzioni capaci di offrire una formazione?
• Il discorso si sposta sulla formazione nei Seminari, dove il percorso filosofico e teologico
deve intrecciarsi anche con quello artistico.
• Nel contesto culturale diversificato come quello odierno, come si pone il rapporto tra fede e raffigurazione espressiva del Dio della rivelazione?
• “Commuovere, far ricordare, istruire”: le tradizionali funzioni dell’arte religiosa mantengono ancora oggi la loro validità? Ma come attuarle?
• Nel linguaggio cultuale odierno c’è spazio per l’arte di avanguardia, di difficile comprensione non solo per il credente?

“Senza figura l’uomo non può essere afferrato né trasportato.”
Hans Urs von Balthasar

La dialettica degli interrogativi e delle affermazioni è qui sollecitata perché le urgenze sono sempre in atto, e richiedono risposte previe alla messa in opera di un progetto che una volta realizzato rimane nel tempo.
Viene allora da domandarsi: e se l’occasione del 50° della Sacrosanctum Concilium fosse un motivo anche per riprendere i temi teologici portanti del cap. VII sull’arte e la suppellettile “sacra”?
In questi decenni si è fatto molto cammino. Forse una rilettura di quei principi, puntualizzati a livello teologico e tradotti in linee di spiritualità per chi pone mano a espressioni artistiche non sarebbe senza frutti per il presente e il futuro.
Il contesto della Chiesa italiana ha fatto un percorso davvero emblematico ed esemplare. Le energie messe in atto da prospettive diverse hanno dato effetti che stanno condizionando – pur in una dialettica talvolta vivace – il modo di esprimersi cultualmente e di discutere sui principi e sulle soluzioni individuate.
In riferimento al percorso formativo seminaristico: se non si prepara la committenza alla
consapevolezza di ciò che si deve chiedere all’artista, è quasi naturale che si accolga poi ciò che viene offerto! Da qui scaturisce una delle dialettiche che non possono essere evitate nell’incontro tra filosofia, teologia e cultura, per intercettare all’interno di questa il canone artistico e musicale che deve segnare come un diapason la vibrazione spirituale di un’assemblea chiamata a celebrare in uno spazio in cui tutto parla di culto “in Spirito e verità” sull’onda dei segni iconizzati.
L’esperienza del Lezionari della Chiesa italiana ha offerto un’opportunità di confronto con numerosissime espressioni del mistero annunciato dalla Parola di Dio e raffigurato da numerosi artisti.
Il confronto con le tante espressioni ha aperto dibattiti, provocato ripulse vivaci, sollecitato interesse… al di là delle soluzioni grafiche ben poco usufruibili dai fedeli. È tuttavia un’occasione di incontro e di dialogo tra arte e cultura all’insegna di una traduzione del messaggio evangelico nei canoni artistici della sensibilità odierna. Abituarsi a non capire l’arte moderna (o d’avanguardia) è ingenerare stanchezza e allontanamento da questo linguaggio, con il risultato di aggiungere un’ulteriore difficoltà al linguaggio liturgico che di per sé non è immediato, in quanto domanda una formazione biblica profonda e una conoscenza del mistero liturgico strettamente correlata alla formazione all’ascolto della Parola. Facilitare questa “abitudine” non è rendere un servizio a quel “grande codice” che è la Bibbia che va accostata dal versante del culto, cioè da quel linguaggio in cui la Parola torna continuamente a farsi “carne” nel tempo e nella cultura. Solo così l’arte odierna può continuare a rivolgere la propria sfida alla liturgia, con il risultato che astrazione e spiritualità non sono da contrapporre, ma da coniugare in sintesi armonica, a servizio e quale riflesso del Mistero.

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Manlio SodiHabitat Legno
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