Vibrazioni di creatività ed energia

ARGOMENTI DI ARCHITETTURA ISSN 1591-3171   N. 9/2018
DOI: 10.13140/RG.2.2.25950.69442

L’ARCHITETTURA “A PENTAGRAMMA” DELLA CATTEDRALE DI

SANTA MARIA DEL FIORE DI FIRENZE

ABETI Maurizio (IT)

Abstract

Il rapporto tra musica e architettura interessa e appassiona il pensiero della nostra civiltà dagli albori fino ai giorni nostri: dal mito di Anfione, che fortificò la città di Tebe, a Nikola Bašić, architetto croato, che a Zara, in Croazia, ha realizzato nel 2005 un organo di “pietra (The Sea Organ) in grado di elaborare musica.
“L’architettura è musica congelata”, fu l’affermazione di Goethe e, come questa, rappresenta a meraviglia il legame esistente tra le proporzioni architettoniche della cattedrale di Santa Maria del Fiore in Firenze e le proporzioni armoniche musicali del mottetto Nuper rosarum flores di Guillame Dufay.
Analizzando l’architettura della cattedrale di Firenze si riscontra (come affermò Charles Warren nel 1973) che vi è questa relazione di proporzione, e non solo, ma che anche le sue stesse forme geometriche sono in proporzione armoniche tra loro, rendendo così, nell’identità fisico-spaziale, ancora di più coesistenti spiritualità e scienza dell’architettura.
Il risultato è di sorprendente intensità spirituale nel mostrare come le abilità geometrico-numerologiche fossero al servizio della bellezza e mai fini a se stesse.

Introduzione

Sembra strano pensare che un’arte come la musica possa celebrare un’arte così solida come l’architettura, eppure il sodalizio esiste!
L’architettura è un parametro compositivo che va definito al pari degli altri e in rapporto agli altri. La sua articolazione spaziale viene messa in atto a più livelli: in maniera statica e dinamica, sfruttando il movimento fisico. Tutto questo si svolge nel tempo e nello spazio, al pari della musica che è l’arte e il sistema di conoscenze dell’organizzazione dei suoni, dei rumori e dei silenzi nel corso del tempo e nello spazio.
Musica ed architettura: forme di creatività. La prima è energia sonora (suoni, strumenti musicali, voci, ecc.) al servizio dell’anima e la seconda è la massa fisica dei corpi materiali (cemento, mattoni, legno, vetro, ferro, ecc.), che sono espressione estetica dell’essenza fisica dell’architettura. Potremmo affermare, considerate le straordinarie affinità, che la musica è architettura.
Un’affinità avvalorata da un famoso aforisma di Wolfgang Goethe: «l’Architettura è Musica solidificata». L’affermazione di Goethe comunica esattamente l’analogia esistente fra il suono e la forma plastica, dove l’essenza spirituale invisibile del suono si traduce nell’esperienza vissuta della geometria sensoriale attraverso la “musicalità” della composizione architettonica fatta di contrasti, equilibri, armonie, simmetrie, proporzioni, modulazioni, dissonanze, ritmi, intervalli, ecc., termini che sono da sempre impiegati in queste due discipline artistiche1.

La storia dell’armonia: Musica & Architettura

Fig 1 Le Corbusier, Padiglione Philips, progetto per l’Esposizione Internazionale di Bruxelles, 1958, ©Wikimedia commons.

La pesantezza, la stabilità della pietra, la solidità del marmo da una parte e dall’altra abbiamo la volatilità aerea della musica, sembrerebbe bizzarro poter mettere insieme queste due arti. Eppure vanno insieme dai tempi più remoti, a cominciare dalla mitologia greca. Basti pensare che i fratelli gemelli, Anfione e Zeto, figli di Zeus e di Antiope, diventati i nuovi re di Tebe, dovettero costruire le mura della città, che fino ad allora era solo una semplice fortificazione, detta Cadmeaò. Zeto portava sulle spalle i vari blocchi di pietre, mentre Anfione, magicamente, al suono prodigioso della sua lira, faceva sì che tali massi da soli si andassero a posizionare l’uno sopra l’altro per costruire appunto le mura fortificate di Tebe. Questa è la parte “construens”, ma c’è anche una parte “destruens”. Per esempio nel libro di Giosuè, nella Bibbia dell’Antico Testamento, si legge che Giosuè insieme agli israeliti cinsero d’assedio la città di Gerico. Ubbidendo all’ordine del Signore il popolo fece per sei giorni un giro attorno alle alte mura della potente e ricca città di Gerico. Al settimo giorno come il popolo udì il suono delle sette trombe di corno d’ariete dei sette sacerdoti davanti all’arca del Signore ed ebbe lanciato un grande grido di guerra, le mura della città crollarono (Joshua Fit The Battle Of Jericho).
Nell’antica Grecia, Pitagora capì che la matematica è parte fondamentale della musica per la relazione tra rapporti frazionari e suono. Mentre Platone, nel suo pensiero filosofico, affermò che, come la ginnastica serviva ad irrobustire il corpo, la musica doveva arricchire l’animo. Attribuiva alla musica una funzione educativa, come la matematica: secondo lui bisognava saper scegliere fra tanto e poco, fra più o meno, fra bene o male, per arrivare all’obiettivo finale.
Matila G. Ghyka parla dell’armonia musicale di Pitagora e di Platone, armonia che penetra tutto l’universo con una melodia segreta che agisce nelle forme e nei movimenti reciproci dei corpi celesti.
L’armonia della vibrazione sonora è stata considerata principio fondatore dell’universo da molte culture del passato. Ad esempio gli Egizi pensavano che il loro dio Thoth avesse completato la creazione con il solo suono della voce. Oppure nella Bibbia San Giovanni apostolo nel suo Vangelo dice: «Nel principio era la Parola, la Parola era con Dio, e la Parola era Dio.» (GV 1,1).
el nostro spirito come nella natura, suoni e forme geometriche sono generati dagli stessi rapporti armonici. Nel Timeo, il dialogo platonico che maggiormente ha influito sulla filosofia e sulla scienza posteriori, l’euritmia del canto prosodico diventa elemento generatore dell’architettura: «Questa rigorosa estetica matematico-musicale ha dominato l’architettura antica.»2.
Avendo riconosciuto l’identità strutturale del suo spirito col numero e l’armonia dell’universo, l’uomo dell’Antichità, attraverso la sua architettura, ha fatto dell’opera umana un fatto di ricreazione dedicata allo spirito del creatore del mondo.
D’altronde, anche il libro Le Modulor di Le Corbusier si apre con una “presentazione” che annuncia la nascita di un principio di misura dello spazio confrontabile con la scrittura «di cui fruisce la musica, strumento di lavoro al servizio del pensiero musicale»3.

Fig. 2 Padiglione Philips – schizzi di Le Corbusier e Iannis Xenakis, ©Wikimedia commons.

Le Corbusier sottolinea il passaggio di Matila G. Ghyka (ingegnere e o storico rumeno, noto per la sua opera: Le Nombre d’or, il numero d’oro, il numero irrazionale Φ e le proporzioni ideali nell’arte e nella natura) che proclama “l’armonia e la ritmicità” della costruzione architettonica quando l’architetto raggiunge quella «Sintonia che tende a fa vibrare…[…], la sua opera, di pietra o di marmo»4.

Se si vuole completare questa breve raccolta di riferimenti sulla certezza dell’esistente di una corrispondenza fra la musica e l’architettura, non si può dimenticare l’apporto di Paul Valéry: «Vi sono dunque due arti che racchiudono l’uomo nell’uomo; o meglio, che racchiudono l’essere nella sua opera e l’anima nei sui atti e nelle produzioni di questi atti…[…]. Ma la Musica e l’Architettura non fanno pensare a se stesse…[…]. Esse sembrano votate a richiamarci direttamente, l’una, la formazione dell’universo, l’altra il suo ordine e la sua stabilità.»5.
Un’altra nota di ricordo è il Padiglione Philips (Fig. 1), prima architettura edificata multimediale, progettato da Le Corbusier e realizzato da Jannis Xenakis, architetto, ingegnere e musicista, che fu costruito nei primi mesi del 1958 in occasione dell’Expo Universale di Bruxelles e fu definitivamente demolito nel 1959. Questo edificio «divenne uno dei più singolari “oggetti a reazione poetica” ideati da Le Corbusier. Iannis Xenakis, al momento allievo di Le Corbusier, venne incaricato nel 1956 di creare gli schizzi di quest’opera che negli anni successivi si realizzò con il suo contributo architettonico e musicale. Con questo lavoro Xenakis ha concretizzato la sua idea di Polytopos, dove la musica è concepita come uno spazio aperto che incrocia l’elaborazione spettacolare di molteplici stimoli quali ritmo, tono, luce, movimento di corpi ed infine lo spazio stesso che contiene il tutto…[…]. L’oggetto architettonico fu progettato come un’opera per orchestra nella quale gli strumenti virtuali erano le luci, gli altoparlanti (425 posizionati per creare effetti di spazializzazione del suono), le immagini proiettate sulle superfici incurvate (proiezioni e luci create da Le Corbusier), le ombre e le espressioni degli spettatori, in una sostanziale identificazione dello spazio con il suono, e includeva le

composizioni di musica concreta “Pöème Électronique” di Edgar Varèse e “Concrete PH” di Iannis Xenakis.»6. (Fig. 2)

Fig. 3 Nikola Bašić, Organo marino in forma squamosa – il suono emerge dai fori lungo il gradino più alto, ©Wikimedia commons.

In tanti conosciamo “La leggenda del pianista sull’Oceano” (un film del 1998 diretto da Giuseppe Tornatore, tratto dal monologo teatrale Novecento di Alessandro Baricco), ma chi avrebbe mai fantasticato che il pianista potesse essere il mare stesso? Invece succede davvero! Nikola Bašić, architetto croato, che a Zara, un’antica città della Dalmazia sulla costa adriatica, in Croazia, ha realizzato nel 2005 un imponente organo di “pietra” (The Sea Organ) in grado di elaborare musica e suoni armonici molto delicati sulla base delle ondulazioni del mare e la pressione dell’aria di trentacinque canne di polietilene celate sotto i gradoni bianchi della banchina del porto, in pendio verso il mare. Il suono che fuoriesce attraverso le aperture della pavimentazione ha una armonizzazione basata su sette accordi e cinque tonalità, tipici della musica della Dalmazia. È quindi la natura, grazie alla scienza dell’architettura, a scandire i tempi della musica.(Fig. 3)

Il cantiere del confronto: cattedrale di Santa Maria del Fiore

Fig. 4 Cattedrale di Santa Maria del Fiore, ©Wikimedia commons.

Vedremo come l’architettura si sposa con la musica anche in questo che è uno dei capolavori assoluti dell’architettura di ogni tempo: Santa Maria del Fiore in Firenze (Fig. 4), quinta chiesa d’Europa per grandezza, dopo la Basilica di San Pietro, la Cattedrale di San Paolo a Londra, la Cattedrale di Siviglia e il Duomo di Milano.

Fig. 5 Spaccato della Cupola del Duomo

In architettura, si può dire ufficialmente, che il passaggio dall’Architettura Gotica a quella Rinascimentale nasce con Filippo Brunelleschi (per esteso Filippo di ser Brunellesco Lapi, 1377 – 1446, architetto, ingegnere, scultore, orafo e scenografo) quando ideò, progettò e realizzò per il Duomo di Firenze un capolavoro: la Cupola di “Santa Maria del Fiore”, la più grande cupola in muratura mai edificata, ispirata alla classica cupola romana del “Pantheon”. Una meraviglia sotto tutti i punti di vista, ma anche da un punto di vista proprio architettonico. La cupola di Santa Maria del Fiore, che rivela un Brunelleschi ancora innamorato del verticalismo gotico, è un vero miracolo di ingegneria in quanto l’equilibrio di questo capolavoro imponente è raggiunto senza aiuto di armature, bensì con il semplice raccordo di due calotte cupoliformi incatenate dai prolungamenti dei costoloni. Questa cupola che in realtà è una doppia cupola (Fig. 5) (l’intercapedine misura circa 1,20 metri), realizzata con conci a spina di pesce, che oltre ad assolvere alla sua propria funzione di copertura ha anche quella di sostenere sé stessa, una cupola che si regge col proprio peso, quindi strutturale, con delle dimensioni alquanto stratosferiche: quella interna misura 45 metri e mezzo e quella esterna 54 metri e 80 centimetri.
Il 25 marzo 1436, il Duomo di Firenze veniva consacrato dal Papa Eugenio IV, il quale, salendo i gradini del sagrato, portava con sé una rosa e da qui la dedica a Santa Maria del Fiore.
Guillaume Dufay, compositore e teorico musicale franco-fiammingo, incaricato di celebrare musicalmente questa inaugurazione, compose, pensando proprio alle rose, tra la fine del 1435 e l’inizio del 1436, un mottetto in latino, le cui prime parole sono: Nuper rosarum flores (o ora e per sempre contro l’aspro inverno a te vergine Celeste si dona, con dono Pontificale, una ghirlanda di rosa nel tuo tempio consacrato), appunto una ghirlanda di rosa con riferimento alla dedicazione della basilica di Santa Maria del Fiore.

 

Fig. 6 Nuper Rosarum Flores – Piano strutturale del mottetto e del suo tenore, ©wikimedia.org
Il mottetto Nuper rosarum flores di Guillame Dufay (Fig. 6) è un’opera fortemente rappresentativa di un modo tipico di concepire la musica tra ‘400 e ‘500. Come molte composizioni di quel periodo, fu composto per uno spazio preciso che, in questo caso, fu la Basilica di Santa Maria del Fiore in Firenze. Il rapporto con il luogo non fu per Dufay una questione acustica, ma gli suggerì le proporzioni del mottetto sulla base delle dimensioni della Basilica stessa.
Anche in questo caso di Guillame Dufay ha rispettato quelle che sono le dimensioni aritmetiche, le proporzioni della Basilica, nonché della Cupola, e in particolare le indicazioni metriche che sono fra loro differenti.
Il mottetto è composto da quattro sezioni, tutte di 56 battute, ma con indicazioni metriche tali da rispettare il seguente rapporto di durata: 6: 4: 2: 3, così da ottenere lunghezze diverse delle singole sezioni. Nuper rosarum flores è basato sul tenor Terribilis est locus iste. Esso viene ripetuto 4 volte per una lunghezza pari, ogni volta, a 28 battute; le ripetizioni si caratterizzano per un diverso segno di mensurizzazione che ne modifica le dimensioni pur lasciando inalterato il numero delle battute. Inoltre, il numero di pulsazioni di ciascuna sezione si può ridurre a tale sequenza numerica: 168-112-56 84; ogni membro diviso per 28 dà, ancora una volta, la sequenza 6: 4: 2: 3, indicativa delle proporzioni della struttura del Mottetto. (Fig. 7)
   Fig. 7 Spartito – Nuper rosarum flores, ©wikimedia.org

Queste proporzioni numeriche sono considerate da Charles Warren la testimonianza di una precisa equivalenza con le proporzioni studiate da Filippo Brunelleschi nel progetto della cupola del Duomo di Firenze7.
Ma perché bisogna dividere per 28? Guillaume Dufay calcolò anche questo: 28 sono le braccia*, vale a dire circa 16 metri e mezzo della larghezza della navata centrale, e 28 sono le braccia dell’altezza della Cupola (che in media misura 34 metri), la quale rispetta regole ben precise: il profilo angolare esterno è un sesto di quarto acuto, mentre quello interno è un sesto di quinto acuto. Ciascuna diagonale dell’ottagono esterno, che misura circa 54 metri, è stata suddivisa in quattro parti uguali: da qui la definizione di “quarto acuto”; tutto torna ed è tutto perfetto.
Dall’antichità il Rinascimento cercò di recuperare quelli che erano i moduli architettonici classici: l’uso di forme geometriche elementari per la soluzione delle piante, la ricerca di articolazioni ortogonali e simmetriche, per di più l’impiego della proporzione armonica tra le parti.
Gli architetti del Rinascimento, in quella ricerca della perfetta proporzione che è quasi la definizione dell’arte di tale periodo, hanno seguito Vitruvio, considerando i suoi dieci libri come testo sacro. Quando, per l’oscurità della trattazione o per la mancanza delle figure, non lo intendevano, o quando lo trovavano in contrasto con i dati dei monumenti antichi, cercavano d’interpretarlo con ingegnosi accorgimenti, e anche di semplificarne le norme, recandole a portata di tutti; ma specialmente nei riguardi degli ordini architettonici hanno ancora più accentuata la concezione d’un sistema armonico di rapporti semplici alla cui base era il modulo*: la geometrizzazione dell’architettura sottoposta alla combinazione modulare.

Fig. 8 Pianta cattedrale di Santa Maria del Fiore, ©Wikimedia commons

Ma che cosa sono 6: 4: 2: 3 in termini architettonici? E bene, 6 sono i moduli con cui si sviluppa la navata centrale; poi abbiamo i transetti, a sinistra e a destra, caratterizzati ciascuno da due moduli, quindi due più due 4; poi abbiamo i 2 moduli dell’abside e poi, infine, 3 sono i moduli che portano dal pavimento sino all’inizio della cupola, (Fig. 8) tanti moduli architettonici, tanti moduli musicali.
A dimostrazione di quanto Guillaume Dufay tenesse a creare una correlazione tra musica e architettura, pensò che le voci dei due tenori dovessero muoversi rispettando le diverse distanze tra cupola interna e cupola esterna, cioè dell’intercapedine, laddove si allontanavano queste mura, quella interna e quella esterna, l’intervallo tra le due voci aumentava, viceversa, dove diminuivano diminuiva l’intervallo delle due voci
A tale complessità formale va poi aggiunto il fattore d’impatto (l’“ars combinatoria”) tra il nuovo stile architettonico, che iniziava ad imporsi già nel primo quattrocento, e la musica di Guillame Dufay che, all’interno dell’area della musica sacra, sarà la chiave stilistico-estetica della musica rinascimentale. Il risultato dell’accordo è di sorprendente intensità spirituale a mostrare come le abilità geometrico-numerologiche fossero al servizio della Bellezza e mai fini a se stesse.
E ancora una volta architettura e musica si sposano nei modi più felici e con gli esiti più straordinari.

*     Il braccio era una unità di misura che aveva lunghezza diversa a seconda delle regioni Italiane ed era in uso prima dell’adozione del sistema metrico decimale. A Firenze il braccio misurava: 58,36 cm.

*Un modulo architettonico è una misura di grandezza o una unità che viene ripetuta più volte in maniera da dare proporzioni equilibrate in un edificio. A partire da questo modulo venivano prese le misure di tutti gli altri elementi, con precisi rapporti di proporzione matematica.

"Un doveroso ringraziamento per la sua sensibilità e il suo notevole contributo a Gianvincenzo Cresta, Professore di Teoria dell’Armonia e Analisi presso il Conservatorio “Domenico Cimarosa” di Avellino,  che ha reso possibile e credibile la parte relativa al processo creativo dell’organizzazione del linguaggio musicale con i caratteri tipologici e compositivi dell’Architettura della cattedrale di Santa Maria del Fiore in Firenze."

Note bibliografiche

1     Cfr., Paul Valéry, Quaderni, a c. di J. ROBINSON-VALÉRY, vol. I, Adephi, Milano 1985, p. 343.

2    Matila G. Ghyka, Le Nombre d’or, Gallimard, Parigi 1931, p. 41.

3    Le Corbusier, Le Modulor. 1: Essai sur une mesure harmonique à léchelle humaine, applicabile universellement à larchitecture et à la mécanique, Boulogne: Éditions de l’Architecture d’aujourd’hui., 1948, p.17.

4    Matila G. Ghyka, op. cit. p. 6.

5   Paul Valéry, Epalinos ou l’architecte, prima edizione di questo «scritto di circostanza», in Architectures, Parigi 1921, riedizione, Gallimard, Parigi 1970, p. 44 e 46.

6   Salvatore Peluso, Musica & Architettura. Paesaggi della contemporaneità, Gangemi Editore, Roma  2005, pp. 63 – 64.

7    Cfr., Charles Warren, Brunelleschi’s Dome and Dufay’s Motet, in The Musical Quarterly , n° 59, 1973,  92 – 105.

 

 
Abeti Maurizio
Graduate in Architecture
Independent researcher
Via SottoTen. Gaetano Corrado, n.29 83100 Avellino(Italy)
cell. Phone: +393393146816
maurizioabeti@gmail.com
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