TORRI “EL FARO” – Simbolo della nuova Buenos Aires

Tra l’ampio viale Azucena Villaflor e l’Avenida Calabria, si ergono le due torri gemelle “El Faro”: il nome stesso spiega la loro essenza.
Per chi arriva dal mare, sono il primo segnale visibile che si eleva sopra l’orizzonte. Con i loro oltre 170 metri di altezza, in posizione avanzata verso est, dominano l’ampio e profondo estuario del Rio de la Plata. Il porto consiste di una serie di bacini allineati a formare un canale: le barche possono entrare dall’uno e dall’altro lato, da sud e da nord. Il Master Plan del 1992 ha previsto che il 16% dell’area del lembo di terra su cui stavano le installazioni del porto fosse dedicata a parco; il 37% a viali e strade; il resto a edifici per residenze, uffici, commerciali.

Nella foto: Planimetria dell’area di Puerto Madero. In rosso è segnata l’impronta delle torri “El Faro”.
Il viale che si nota semicircolare in basso a sinistra segna la zona centrale di Buenos Aires, prossima alla Casa Rosada (si noti che nella planimetria il nord sta verso sinistra).“Le gru lungo i moli sono rimaste, simbolo della rinascita del quartiere, ma quel che maggiormente risalta sono le impressionanti Torri El Faro…”; così si apre la guida turistica di Buenos Aires pubblicata nella collana “Wallpaper”. Gli altri edifici citati come “imprescindibili” per chi voglia conoscere la capitale argentina sono: la Casa Rosada, l’Obelisco e il viale “9 de Julio”, la Biblioteca Nacional, il Planetario Galileo Galilei… Insomma, oltre che nello skyline del waterfront, El Faro è entrato già nella storia dell’Argentina contemporanea. Un destino singolare, per un edificio che è stato completato da pochissimi anni, ma l’essenza di un’opera di tale imporanza va al di là della costruzione stessa. Ci troviamo già di fronte a un brano di panorama che anima una posizione strategica.
El Faro segna il margine tra la città e l’oasi naturale: è, assieme, un canto alla tecnologia e un rispettoso inchino alla natura.Due sono le piscine: una esterna e una interna. Perché la torre in sé è luogo di difficile abitabilità: negli edifici molto elevati si tende a creare un rapporto esclusivo e quasi elitario tra la persona e l’intorno urbano.
Nelle torri El Faro invece Dujovne e Hirsch recuperano l’aspetto sociale, attraverso una serie di accorgimenti di cui il più cospicuo è costituito da luoghi pubblici: il belvedere al piano alto, i ponti di raccordo, e le due piscine. Significativo il fatto che il tema del ponte sia ripreso in entrambe le piscine: come rimando a uno spazio non solo di transito ma anche di mediazione e meditazione.A differenza di chi fa della ricerca formale lo scopo del disegno architettonico, qui si riconosce la ricerca di spazi finalizzati al benessere delle persone, pur in condizioni straordinarie, come quelle generate dalla cospicua altezza.
Il ponte al livello superiore è un salotto belvedere che guarda verso il panorama del Rio de la Plata sul prospetto principale, e sull’altro lato verso il centro della città storica.
La sua disponibilità, aperta a tutti i residenti, ridefinisce l’edificio come ambiente non stratificato in una gerarchia verticale, ma unitario. È quel che fa delle torri un luogo di residenza.

Nella foto: Il ponte di raccordo tra le due torri, col profilo verso il mare leggermente bombato; vista notturna e diurna.
Gli arredi di questo salotto in quota sono tutti realizzati su disegno.

La struttura dei due edifici risulta articolata e variata grazie al sistema compositivo che unisce alla semplicità costruttiva, una serie di differenze e scarti di superficie. La stessa angolazione delle due torri tra loro e il loro raccordarsi tramite 4 ponti è un elemento caratterizzante.

“TORRE D’ABITAZIONE: UN NUOVO MODO
PER INTENDERE LO SPAZIO URBANO”

Sui 170 metri di altezza si sommano 46 livelli di appartamenti. Nell’economia del masterplan di Puerto Madero, la realizzazione di edifici di questa altezza mirava a permettere un’urbanizzazione ad alta densità della zona un tempo abbandonata, al
contempo lasciando a verde (giardini e viali) la maggior parte delle aree.

La principale invenzione strutturale (la collaborazione tra nucleo interno e pareti esterne) si perfeziona nel fatto che i muri portanti esterni sono indipendenti, come staccati dal volume interno e raccordati da diedri rientranti in cristallo che, con le pareti bianche, attivano un gioco di trasparenza-opacità. Ma la trama regolare delle finestre lascia indovinare una sottostante anima in cristallo che in alto emerge sovrapponendosi alle pareti di cemento anche nei prospetti, per gli ultimi 6 livelli: come la conquista di uno slancio ulteriore, un’estetica della leggerezza che nasce dal rigore della trama regolare, matericamente e strutturalmente fondata.

Nel disegno esterno risalta la regolarità della disposizione delle finestre che “bucano” i poderosi muri portanti. Questi si accostano alle facciate principali: quasi un abbraccio protettivo da cui emerge, svettante, la parte centrale dei due edifici. Sono una presenza singolare e squillante che domina i viali, il bosco, l’oasi naturale e gli specchi d’acqua che allietano il nuovo Puerto Madero; tuttavia, proprio grazie alle dimensioni e alle alternanze di trasparenze e opacità di superficie, le torri sanno allacciare un dialogo di prossimità con le parti di cui si compone questo brano di città: quella edificata, il parco naturale. Una densità eccessiva di edifici elevati soffocherebbe l’equilibrio oggi mirabilmente interpretato da El Faro sullo scenario d’acqua e di fronde.

“UTOPIA DI MODERNITÀ COMPIUTA: LA TORRE FAMILIARIZZA
CON L’ACQUA E LE FRONDE”

Vista da sud est, dal braccio d’acqua che separa Puerto Madero dall’oasi naturale.
El Faro è il primo edificio che si nota giù da lungi arrivando a Buenos Aires dal Rio de la Plata: è diventato quindi il simbolo primo della città.

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