Nella sua prima omelia nel Duomo di Milano, il 29 settembre 2002, giorno del suo ingresso nell’Arcidiocesi di cui è il nuovo vescovo, il card. Dionigi Tettamanzi ha dato un segnale importante di grande concretezza, di risposta efficace alla realtà attuale e allo stesso tempo di lungimirante adesione alla saggezza del buon senso comune. L’Arcivescovo ha mostrato il suo interesse e la sua preoccupazione per le chiese: sono “case di preghiera”, ha sottolineato. E per questo, quando vengono progettate, il sacerdote deve essere vicino all’architetto. L’accento è stato posto sul termine “casa”: intesa non come modello tipologico, bensì come concetto fondante. Perché, ha ribadito l’Arcivescovo, prima di tutto viene la famiglia. È questa la prima comunità, la prima chiesa. per visionare il testo completo dell’Omelia di S.Em Cardinale Dionigi tettamenzi:http://www.diocesi.milano.it/vescovo/default.asp?documento=http://www.diocesi.milano.it/vescovo/omelie/ Gli Archivi Storici Diocesani, beni culturali per la società civile Il Rev. Prof. Carlo Chenis ha svolto la relazione di cui qui riportiamo alcuni passaggi, nell’occasione dell’inaugurazione della nuova sede dell’Archivio Storico Diocesano di Milano, il 28 giugno 2002. Con questa nuova sede, di egregia fattura architettonica, l’archivio storico dell’Arcidiocesi di Milano avvicina il vissuto ecclesiale agli studiosi e, attraverso loro, all’intera collettività. Quest’archivio è privilegiato luogo di Traditio per la Chiesa Ambrosiana. Esso raccoglie le carte della memoria ed accoglie i ricercatori, così da essere luogo funzionale e piacevole. Inoltrandosi in tale forziere e scrigno si prova un’esperienza estetica che dà adito al senso della storia locale, alla ricchezza della vita ecclesiale, all’impegno della cura archivistica. Il suo specifico ideologico è nel recensire la “cura delle anime”, ma il contenuto reale apre uno squarcio eloquente su tutte le vicende della comunità ecclesiale e civile milanesi. Di conseguenza questo archivio storico è bene culturale di primario valore, tanto per la comunità cristiana, che ritrova in esso il proprio cursus, quanto per quella civile, che può scoprire pagine significative della propria storia. Esso mostra – direttamente o indirettamente – lo sforzo della Chiesa che è in Milano, nell’impostare l’annuncio evangelico, il vissuto ecclesiale, l’azione liturgica, la cultura cristianamente ispirata, l’organizzazione caritativa. Per questo è un bene culturale ordinato alla missione della Chiesa, ma altresì è un bene Pertanto “l’avere il culto […] degli archivi, vuol dire di riflesso, avere il culto di Cristo, avere il senso della Chiesa, dare a noi stessi e dare a chi verrà la storia del passaggio di questa fase del transitus Domini nel mondo” (PAOLO VI, Allocuzione, 26 settembre 1963). È nella logica dell’evangelizzazione. Proclamandosi la Chiesa “esperta in umanità”, l’archivio ordina la sua azione al bene delle persone attraverso un impegno di promozione culturale e di evangelizzazione cristiana. Utilizzazione: la crescita del sensus ecclesiae L’utilizzazione dell’archivio storico ambrosiano giova alla maturazione del sensus ecclesiae. In questo contesto è “luogo ecclesiale”. Testimonia infatti l’operato della Chiesa nel tempo, il quale trova riscontro nei materiali documentari sopravvissuti alle vicissitudini storiche. È segno del divenire storico, dei cambiamenti culturali, della caducità delle cose contingenti. In coerenza con la logica dell’incarnazione, rappresenta una reliquia del precedente vissuto ecclesiale, ordinata all’odierno sviluppo dell’opera di inculturazione della fede. Appartiene alla complessità irriducibile dell’operato della Chiesa, per cui è “realtà viva” proiettata al futuro e icona della ricapitolazione finale. Come “luogo ecclesiale” è strumento per scoprire e rivivere la testimonianza di fede delle passate generazioni attraverso reperti sensibili. Può dunque fornire alla comunità la prospettiva storica che favorisce lo sviluppo ecclesiale. Valorizzazione: il background della Chiesa ambrosiana Il materiale documentario conservato nell’archivio storico trasmette il background della Chiesa ambrosiana. Quanto in esso contenuto conduce le persone all’incontro con la ferialità ecclesiale e fa vedere come questa si è venuta sviluppando lungo i secoli. Svela il passato per qualificare il presente. Apre al raccoglimento spirituale e alla verifica, poiché il materiale documentario va compreso nell’ambito dell’eventum salutis. Indica complessità e specificità ecclesiali evidenziando pregi e difetti dell’azione pastorale in misura del fine che rimane la salus animarum. In un’epoca di pluralismo culturale è significativo far emergere attraverso le fonti archivistiche l’approccio della Chiesa con le diverse situazioni culturali e religiose. Da ciò consegue l’importanza di “mostrare, attraverso gli archivi […], come la Chiesa ha tutelato le altre culture al fine di un confronto interculturale”; l’opportunità di “evidenziare, attraverso gli archivi […], i rapporti e i riferimenti alle altre confessioni cristiane e religioni per approfondire il dialogo ecumenico e interreligioso”; l’urgenza di “incrementare, attraverso gli archivi […], l’animazione culturale della contemporaneità, favorendo la passione per lo studio, l’interesse nella ricerca storico-scientifica, l’incontro rispettoso nelle diverse opinioni” (PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA, Conclusioni della III Assemblea Plenaria, 15 luglio 2000). Conclusione Gli archivi “sono luoghi della memoria della comunità cristiana e fattori di cultura per la nuova evangelizzazione” (PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA, La funzione pastorale degli archivi ecclesiastici, 2 febbraio 1997) per cui vanno conservati con cura nella speranza che quanto ciascuna generazione fa per il passato sia imitato dai posteri, così da garantirsi il proprio presente. Offrire alla città di Milano una nuova sede dell’Archivio storico diocesano, fatta con criteri moderni e avanzate tecnologie, è un’opera socialmente rilevante e culturalmente proficua. Si tratta di un atto concreto che conferma quanto la Chiesa sia “esperta in umanità” e quanto il presente abbia un luogo eletto per il suo ricordo in contesto ecclesiale. X Biennale d’Arte Sacra Contemporanea della Fondazione Staurós Italiana Onlus San Gabriele – Isola del Gran Sasso (TE), Museo Staurós d’Arte Sacra Contemporanea (20 luglio – 9 settembre 2002) Nel segno della luce. Cultura e fede, Arte e Chiesa a confronto. Storici e critici d’arte, teologi e filosofi dialogano sulla luce a cura di Carlo Chenis Luciano Caramel e Carlo Chenis, sono curatori della X Biennale d’Arte Sacra Contemporanea della Fondazione Staurós Italiana Onlus. Con loro collaborano Giuseppe Billi e Cecilia De Carli. Critici d’arte, filosofi e teologi cristiani hanno così modo di confrontarsi sul rapporto arte e fede con i protagonisti dell’arte contemporanea. Tema prescelto è la luce, quale segno di trascendenza. È così nata l’edizione ventennale della Biennale d’Arte Sacra Contemporanea a San Gabriele – Isola del Gran Sasso (Teramo), nel popolare santuario che sorge a quota 400 metri nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso. All’interno del Museo Staurós d’Arte Sacra Contemporanea e negli ampi spazi circostanti il Santuario di San Gabriele, dal 20 luglio al 29 settembre, si concentreranno oltre cento opere, in gran parte installazioni, molte create per l’occasione. Attraverso di esse alcuni fra i maggiori artisti contemporanei si sono misurati con il suggestivo tema proposto al fine di entrare in dialogo con la Chiesa e donare ai visitatori suggerimenti spirituali. Molti sono gli artisti coinvolti, soprattutto italiani, ma anche di altri paesi, spesso di gran fama, scelti tra quanti sono attivamente partecipi nel dibattito contemporaneo. Tra questi gli statunitensi Dan Flavin, di cui verrà documentata l’installazione per Santa Maria in Chiesa Rossa di Milano, Robert Morris, che realizzerà un altare e una vetrata, Andres Serrano, Beverly Pepper. O, tra gli architetti autori di progetti di chiese nelle quali il ruolo della luce è primario, il giapponese Tadao Rev. Prof. Carlo Chenis, S.D.B., Segretario, Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa
|