Ripartiamo dalla famiglia

S.Em. Card. Dionigi Tettamanzi, Arcivescovo di Milano.

Nella sua prima omelia nel Duomo di Milano, il 29 settembre 2002, giorno del suo ingresso nell’Arcidiocesi di cui è il nuovo vescovo, il card. Dionigi Tettamanzi ha dato un segnale importante di grande concretezza, di risposta efficace alla realtà attuale e allo stesso tempo di lungimirante adesione alla saggezza del buon senso comune. L’Arcivescovo ha mostrato il suo interesse e la sua preoccupazione per le chiese: sono “case di preghiera”, ha sottolineato. E per questo, quando vengono progettate, il sacerdote deve essere vicino all’architetto. L’accento è stato posto sul termine “casa”: intesa non come modello tipologico, bensì come concetto fondante. Perché, ha ribadito l’Arcivescovo, prima di tutto viene la famiglia. È questa la prima comunità, la prima chiesa.
Se non c’è famiglia, non c’è la capacità di stare insieme – e allora tutto crolla, vien meno lo spirito umano, l’amore senza il quale la pietà e la carità si svuotano di significato. È questa la concretezza del buon senso comune. Qualcosa di cui da tempo si avverte la mancanza in molta parte delle elucubrazioni che la cultura dominante è venuta presentando nei decenni passati. L’architettura non è stata esente da questo fenomeno. Un certo intellettualismo non privo di influenze ideologiche ha dettato mode, linee di condotta, criteri di giudizio.Tutto questo ha inaridito il dialogo e ha tolto libertà alla capacità individuale di rispondere ai problemi concreti. Oggi tutto questo viene a cadere. Lo leggiamo non solo nel saggio buon senso comune che il bonario sorriso del card.Tettamanzi regala alla sua diocesi nel raccogliere il testimone dal card. Carlo Maria Martini. Ma anche nel ripensamento che ravvisiamo nell’orientamento della ottava Biennale di Architettura di Venezia. “Non ci sono più gli affascinanti e complessi strumenti intellettuali con i quali dall’Ottocento si è cercato di dare un senso alla direzione della storia” scrive il Presidente della Biennale, Franco Bernabè. Dai progetti presentati non è desumibile una nuova estetica delle città e al visitatore è lasciata la libera interpretazione delle tendenze in atto. Era ora. Da tempo noi andiamo ribadendo questo concetto che abbiamo posto a fondamento di CHIESA OGGI architettura e comunicazione. Non ci si limiti a portare avanti un singolo modo di affrontare il progetto, non ci si erga a giudici che decidono per tutti quel che è ammissibile e quel che dev’essere escluso: si apra piuttosto un dialogo a vasto raggio, ci si ponga in ascolto dei segnali che giungono dalla società. “CHIESA OGGI architettura e comunicazione vuole essere un luogo di incontro e di dibattito, di confronto, di testimonianza, di ampia documentazione”: questo scrivevamo nell’editoriale del primo numero della rivista, nel 1992. I reduci delle ideologie, già brancolanti sull’orlo del naufragio, ci criticarono: volevano che scegliessimo anche noi una linea, una parte, che ci dessimo a imporre un modo specifico di affrontare il progetto di chiesa. Così del resto si usava nelle riviste di architettura. Il tempo ci ha dato ragione. L’architettura per sua natura è legata ai modi di vivere concreti della gente: alla famiglia, appunto. Malgrado tanti ci abbiano provato, è impossibile portarla sul terreno dell’intellettualismo astratto e sterile. Di tutte le arti visive l’architettura rimane “la più vitale e la meno soggetta ai falsi avvenirismi che troppo spesso inficiano le arti sorelle” ha scritto Gillo Dorfles sul Corriere della Sera. È nella chiesa, e nel dialogo che si intreccia tra il suo progettista, il suo sacerdote e la comunità dei fedeli, che ragionevolmente si ritrova la capacità di progettare in modo concreto e creativo. Il Leone d’oro conferito a Alvaro Siza ha riportato la tematica dell’etica in primo piano. Etica non opposta a estetica: ma etica ed estetica assieme. Il Premio Internazionale di Architettura Sacra “Frate Sole” che nella sua più recente edizione e con la attiva partecipazione di CHIESA OGGI architettura e comunicazione è stato conferito ad Alvaro Siza, già aveva individuato questo nodo cruciale. L’etica è estetica nell’architettura: i due termini si sovrappongono. Se la casa è concepita per abitarla, la chiesa è progettata per accogliere, per celebrare, per un incontro di preghiera. Come quella dell’architetto Werner Hunziker che presentiamo in questo numero: un disegno semplice ma che si fa arte in virtù della sua apertura alla luce. Sì, ripartiamo dalla famiglia: dal buon senso comune. Ripartiamo dalla capacità di accogliere, non dalla pretesa di escludere.
Giuseppe Maria Jonghi Lavarini

per visionare il testo completo dell’Omelia di S.Em Cardinale Dionigi tettamenzi:http://www.diocesi.milano.it/vescovo/default.asp?documento=http://www.diocesi.milano.it/vescovo/omelie/

Gli Archivi Storici Diocesani, beni culturali per la società civile

Il Rev. Prof. Carlo Chenis ha svolto la relazione di cui qui riportiamo alcuni passaggi, nell’occasione dell’inaugurazione della nuova sede dell’Archivio Storico Diocesano di Milano, il 28 giugno 2002.

Con questa nuova sede, di egregia fattura architettonica, l’archivio storico dell’Arcidiocesi di Milano avvicina il vissuto ecclesiale agli studiosi e, attraverso loro, all’intera collettività. Quest’archivio è privilegiato luogo di Traditio per la Chiesa Ambrosiana. Esso raccoglie le carte della memoria ed accoglie i ricercatori, così da essere luogo funzionale e piacevole. Inoltrandosi in tale forziere e scrigno si prova un’esperienza estetica che dà adito al senso della storia locale, alla ricchezza della vita ecclesiale, all’impegno della cura archivistica. Il suo specifico ideologico è nel recensire la “cura delle anime”, ma il contenuto reale apre uno squarcio eloquente su tutte le vicende della comunità ecclesiale e civile milanesi. Di conseguenza questo archivio storico è bene culturale di primario valore, tanto per la comunità cristiana, che ritrova in esso il proprio cursus, quanto per quella civile, che può scoprire pagine significative della propria storia. Esso mostra – direttamente o indirettamente – lo sforzo della Chiesa che è in Milano, nell’impostare l’annuncio evangelico, il vissuto ecclesiale, l’azione liturgica, la cultura cristianamente ispirata, l’organizzazione caritativa. Per questo è un bene culturale ordinato alla missione della Chiesa, ma altresì è un bene
di ampio respiro sociale. Del resto, l’interesse della comunità cristiana per i beni culturali è finalizzato al fatto che essi “sono destinati alla promozione dell’uomo e, nel contesto ecclesiale, assumono un significato specifico in quanto sono ordinati all’evangelizzazione, al culto e alla carità” (Giovanni Paolo II, Messaggio, 25 settembre 1997). In particolare “gli archivi, specialmente quelli ecclesiastici, non conservano solo tracce di umane vicende, ma portano anche alla meditazione sull’azione della divina Provvidenza nella storia, così che i documenti in essi conservati diventano memoria dell’evangelizzazione operata nel tempo ed autentico strumento pastorale” (ibid.). L’archivio storico ecclesiastico ambrosiano s’imposta sul continuum storico, sulla Traditio Ecclesiae, sull’azione pastorale. È nella logica del continuum storico. Si erige a deposito storico della comunità che sussiste nel tempo tanto da evidenziarne le radici, trasmetterne le impostazioni, legittimare il presente, disporre al futuro. È nella logica della Traditio Ecclesiae. La memoria documentaria non è un rigurgito di volontà di potenza e di orgoglioso encomiasmo, bensì è occasione per ringraziare il Signore delle “grandi cose” che ha operato nella sua Chiesa nonostante l’umana fragilità dei suoi membri.(…)

Pertanto “l’avere il culto […] degli archivi, vuol dire di riflesso, avere il culto di Cristo, avere il senso della Chiesa, dare a noi stessi e dare a chi verrà la storia del passaggio di questa fase del transitus Domini nel mondo” (PAOLO VI, Allocuzione, 26 settembre 1963). È nella logica dell’evangelizzazione. Proclamandosi la Chiesa “esperta in umanità”, l’archivio ordina la sua azione al bene delle persone attraverso un impegno di promozione culturale e di evangelizzazione cristiana. Utilizzazione: la crescita del sensus ecclesiae L’utilizzazione dell’archivio storico ambrosiano giova alla maturazione del sensus ecclesiae. In questo contesto è “luogo ecclesiale”. Testimonia infatti l’operato della Chiesa nel tempo, il quale trova riscontro nei materiali documentari sopravvissuti alle vicissitudini storiche. È segno del divenire storico, dei cambiamenti culturali, della caducità delle cose contingenti. In coerenza con la logica dell’incarnazione, rappresenta una reliquia del precedente vissuto ecclesiale, ordinata all’odierno sviluppo dell’opera di inculturazione della fede. Appartiene alla complessità irriducibile dell’operato della Chiesa, per cui è “realtà viva” proiettata al futuro e icona della ricapitolazione finale. Come “luogo ecclesiale” è strumento per scoprire e rivivere la testimonianza di fede delle passate generazioni attraverso reperti sensibili. Può dunque fornire alla comunità la prospettiva storica che favorisce lo sviluppo ecclesiale. Valorizzazione: il background della Chiesa ambrosiana Il materiale documentario conservato nell’archivio storico trasmette il background della Chiesa ambrosiana. Quanto in esso contenuto conduce le persone all’incontro con la ferialità ecclesiale e fa vedere come questa si è venuta sviluppando lungo i secoli. Svela il passato per qualificare il presente. Apre al raccoglimento spirituale e alla verifica, poiché il materiale documentario va compreso nell’ambito dell’eventum salutis. Indica complessità e specificità ecclesiali evidenziando pregi e difetti dell’azione pastorale in misura del fine che rimane la salus animarum. In un’epoca di pluralismo culturale è significativo far emergere attraverso le fonti archivistiche l’approccio della Chiesa con le diverse situazioni culturali e religiose. Da ciò consegue l’importanza di “mostrare, attraverso gli archivi […], come la Chiesa ha tutelato le altre culture al fine di un confronto interculturale”; l’opportunità di “evidenziare, attraverso gli archivi […], i rapporti e i riferimenti alle altre confessioni cristiane e religioni per approfondire il dialogo ecumenico e interreligioso”; l’urgenza di “incrementare, attraverso gli archivi […], l’animazione culturale della contemporaneità, favorendo la passione per lo studio, l’interesse nella ricerca storico-scientifica, l’incontro rispettoso nelle diverse opinioni” (PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA, Conclusioni della III Assemblea Plenaria, 15 luglio 2000). Conclusione Gli archivi “sono luoghi della memoria della comunità cristiana e fattori di cultura per la nuova evangelizzazione” (PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA, La funzione pastorale degli archivi ecclesiastici, 2 febbraio 1997) per cui vanno conservati con cura nella speranza che quanto ciascuna generazione fa per il passato sia imitato dai posteri, così da garantirsi il proprio presente. Offrire alla città di Milano una nuova sede dell’Archivio storico diocesano, fatta con criteri moderni e avanzate tecnologie, è un’opera socialmente rilevante e culturalmente proficua. Si tratta di un atto concreto che conferma quanto la Chiesa sia “esperta in umanità” e quanto il presente abbia un luogo eletto per il suo ricordo in contesto ecclesiale. X Biennale d’Arte Sacra Contemporanea della Fondazione Staurós Italiana Onlus San Gabriele – Isola del Gran Sasso (TE), Museo Staurós d’Arte Sacra Contemporanea (20 luglio – 9 settembre 2002) Nel segno della luce. Cultura e fede, Arte e Chiesa a confronto. Storici e critici d’arte, teologi e filosofi dialogano sulla luce a cura di Carlo Chenis Luciano Caramel e Carlo Chenis, sono curatori della X Biennale d’Arte Sacra Contemporanea della Fondazione Staurós Italiana Onlus. Con loro collaborano Giuseppe Billi e Cecilia De Carli. Critici d’arte, filosofi e teologi cristiani hanno così modo di confrontarsi sul rapporto arte e fede con i protagonisti dell’arte contemporanea. Tema prescelto è la luce, quale segno di trascendenza. È così nata l’edizione ventennale della Biennale d’Arte Sacra Contemporanea a San Gabriele – Isola del Gran Sasso (Teramo), nel popolare santuario che sorge a quota 400 metri nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso. All’interno del Museo Staurós d’Arte Sacra Contemporanea e negli ampi spazi circostanti il Santuario di San Gabriele, dal 20 luglio al 29 settembre, si concentreranno oltre cento opere, in gran parte installazioni, molte create per l’occasione. Attraverso di esse alcuni fra i maggiori artisti contemporanei si sono misurati con il suggestivo tema proposto al fine di entrare in dialogo con la Chiesa e donare ai visitatori suggerimenti spirituali. Molti sono gli artisti coinvolti, soprattutto italiani, ma anche di altri paesi, spesso di gran fama, scelti tra quanti sono attivamente partecipi nel dibattito contemporaneo. Tra questi gli statunitensi Dan Flavin, di cui verrà documentata l’installazione per Santa Maria in Chiesa Rossa di Milano, Robert Morris, che realizzerà un altare e una vetrata, Andres Serrano, Beverly Pepper. O, tra gli architetti autori di progetti di chiese nelle quali il ruolo della luce è primario, il giapponese Tadao
Ando, il portoghese Alvar Siza, l_americano Richard Meier. Tra gli italiani, Enrico Cattaneo, Angelo Mangiarotti, Bruno Morassutti e Richino Castiglioni, ancora nel campo dell’architettura, con pittori scultori e videoartisti quali Margherita Abbozzo, Bizhan Bassiri, Joseph Beuys, Mariella Bettineschi, Franco Bianchetti, Mario Bottinelli Montandon, Antonino Bove, Umberto Buscioni, Claudio Carli, Tommaso Cascella, Angelo Casciello, Pino Castagna, Bruno Ceccobelli, Giuseppe Chiari, Marco Cingolani, Piergiorgio Colombara, Fabrizio Corneli, Lamberto Correggiari, Ugolino Da Belluno, Gino De Dominicis, Maria Novella Del Signore, Enzo Esposito, Paolo Fabiani, Stefania Fabrizi, Laura Facchini, Gigino Falconi, Ricky Ferrero, Gabriella Furlani, Omar Galliani, Giuliano Giuliani, Giuliano Giuman, Franco Ionda, Yves Klein, Jannis Kounellis, Joseph Kosuth, Francesco Landucci, Sol Lewit, Massimo Lippi, Carlo Lorenzetti, Nino Luca, Lorenzo Mangili, Armando Marrocco, Sandro Martini, Eliseo Mattiacci, Maurizio Mochetti, Mauro Molinari, Vik Muniz, Mimmo Paladino, Nello Palloni, Gina Pane, Amalia Panigati, Franco Patruno, Fabrizio Plessi, Piero Pompili, Bruno Querci, Oliviero Rainaldi, Ascanio Renda, Fiorella Rizzo, Costantino Ruggeri, Mark Ivan Rupnik, Sebastião Salgado, Enrico Savelli, Ettore Spalletti, Guido Strazza, Primo Tamagnini, Renzo Tieri, Tito, Barbara Tutino, Valentino Vago, Laura Viliani, Wolf Vostell, Gilberto Zorio. Alcuni di questi artisti hanno accettato di portare alla Biennale progetti, bozzetti, realizzazioni di nuove vetrate, che saranno accostate ad esempi celebri di vetrate di maestri del passato: di Jean Bazaine, Alfred Manessier, Marc Chagall, Henri Matisse (con gli arredi creati per la Cappella di Vence), Mario Radice, Mauro Reggiani, Bruno Saetti, Pierre Soulages, Luigi Veronesi, Léon Zack. Il visitatore sarà coinvolto in un succedersi di eventi e proposte in cui l’arte contemporanea, protagonista della manifestazione, richiamerà dapprima l’attenzione sulla creazione, inserendosi nello splendido paesaggio della catena del Gran Sasso, e successivamente sulla redenzione, usufruendo degli spazi santuariali. Non perciò l’arte come illustrazione e narrazione, ma come momento flagrante di un rapporto esistenziale e spirituale nel segno della luce. La biennale è scandita da sette percorsi, così da offrire al fruitore un’ascesi trescendentale e trascendente, verso cioè il proprio intimo e verso il numinoso. L’itinerario generale è siglato dall’installazione continuativa di Fiorella Rizzo che ritma il passaggio dagli albori dell'”io” alla luce della gloria. Nel complesso non si tratta di una collettiva tematica, bensì di un itinerario spirituale scandito dialetticamente. I. Percorso. Icone del numinoso: dai bagliori dell’essere alla luce della rivelazione. II. Percorso. Manifesto di redenzione: dai chiarori sapienziali alla luce delle beatitudini. III. Percorso. Adesione al religioso: dalle luci delle forme allo stupore del sacro. IV. Percorso. Sacramento di salvezza: dai fulgori di Cristo al bagliore della Chiesa. V. Percorso. Laboratorio di immortalità: dalle luminescenze del tempo alla luce dell’eternità. VI Percorso. Opere di misericordia: dai lumi contemplativi all’irradiazione esistenziale. VII Percorso. Architetture del sacro: dagli splendori dello spazio alla luce dei credenti La Biennale sarà accompagnata da un catalogo pubblicato dalle Edizioni Staurós di San Gabriele, a cura di Luciano Caramel e Carlo Chenis, con saggi di vari autori, tra i quali Giuseppe Billi, Bruno Corà, Cecilia De Carli, Andrea Dell’Asta, Stefania Gori, Francesca Minnini, Carmela Perucchetti, Giandomenico Semeraro. Le opere saranno corredate dalla testimonianza di ciascun artista e dalla scheda di un critico. Il rincorrersi delle installazioni tematizza l’irrompere della luce divina sulla faccia della terra per illuminare gli “uomini di buona volontà”. La fruizione complessiva risulta dall’impianto tematico e dal complesso santuariale. Non si riduce allo sguardo emozionale di un’opera accattivata dalla critica. Si espande in uno sguardo che va oltre, poiché nel contesto di San Gabriele l’artista ha assunto il ministero di indicare la bellezza divina.

Rev. Prof. Carlo Chenis, S.D.B., Segretario, Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa

 

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