360 gradi

Un tempo l’arte era al servizio della architettura: il Tiepolo, ad esempio, doveva uniformarsi alla struttura architettonica che trovava, e sia il pittore che l’architetto erano al servizio del committente. Oggi, la situazione si è capovolta a tutto vantaggio della libertà creativa dell’artista: è il collezionista che si preoccupa di predisporre la propria casa in funzione delle opere d’arte che possiede e non viceversa. Perché è vero che “l’arte arreda”, ma non più in modo subordinato.

C’ è una profonda differenza tra chi nella propria casa espone i quadri in funzione decorativa e chi, come il collezionista, fa dell’arte la passione della propria vita. Per lui nello spazio dove vive ciò che più conta è la presenza dell’opera d’arte, ad essa è disposto a sacrificare molto delle gratificazioni che una casa può dare. E’ una questione di accenti. Ci si accorge subito, anche senza saperlo, quando si entra nella casa di un collezionista. Prima di tutto per la coerenza nella scelta delle opere esposte, per la loro intrinseca qualità, per il loro “tenersi” una con l’altra in un unico discorso. Poi, per la scelta “mentale” di architettura e arredamento finalizzata a un solo scopo: creare l’atmosfera più adatta alla valorizzazione di quelle opere. E il resto, dai tappeti ai mobili, tende a qualificarsi come arte decorativa o design di ottimo livello. W.P.

Dove nascono le mostre

Si tratta della casa romana di Graziella Lonardi, organizzatrice di grandi mostre (a Roma come a New York), amica dei principali artisti dell’ultimo quarto del XX secolo di cui ha fatto conoscere non solo le opere ma spesso anche le inespresse poetiche. Di lei Andy Walhol ha eseguito un bellissimo ritratto esposto nella sala ottagona (nella foto qui sopra). A Roma ha scelto di abitare nella ex sede della scuola Montessori perché c’era una architettura monumentale spesso illuminata dall’alto, da lucernari, la miglior luce possibile per vedere i quadri senza riflessi. Qui non ci sono elementi decorativi oltre a quelli dell’architettura e delle piante d’appartamento che lei ama molto. “Io amo tutto: i fiori, le piante, i profumi, perfino una cosa prosaica come il cibo. Ho una filosofia edonista che io vivo molto direttamente.” Come direttamente ama le opere d’arte, senza troppi filtri e con molta visceralità. Si sente che in questa casa i quadri sono lì perché “comunicano”.

C’è una sapiente alternanza tra gli oggetti dell’arredo e le opere degli artisti. Le funzioni normali come conversare, pranzare, dormire, sembrano solo occasioni effimere per contenere la visione di un dipinto, la presenza di una scultura, la comunicazione di una scritta. La scelta di fondo è questa e non è una elucubrazione intellettuale, ma corrisponde a un modo di essere del collezionista.

Il gioco di specchi della camera da letto è emblematico delle strategie arredative della padrona di casa. Un quadro su specchio di Michelangelo Pistoletto, che ha al suo centro una grossa catena, viene posto di fronte al letto in modo che chi entra nella stanza ha simultaneamente due visioni: quella diretta del grande lettone e quella virtuale dove si vede il letto difeso e impedito dalla emblematica catena. E’ un sottile rapporto tra conscio e inconscio, mondo del reale e mondo della fantasia, che messi a confronto vanno in corto circuito e producono un effetto di spaesamento. Chi ama l’arte, e ne vive, è come chi ama la letteratura: ogni giorno sente il bisogno di sperimentare qualcosa di quei mondi creati dalla fantasia, per confrontarsi con le proprie esperienze e vivere in un certo senso una doppia vita. Sul divano, “Lavagna grigia” di Twombly; sulla parete, “Giallo, verde, rosso” di Gerard Richter. Dietro il tavolo, una parte del grande affresco murale di Sol Lewitt e, appoggiato alla parete, il dipinto su specchio “Coppia in attesa” di Michelangelo Pistoletto. Nella pagina a fronte, un fantastico gioco di specchi cui contribuisce l’opera di Alighiero Boetti “Lastre” fatta con lastre di rame.

Magiche Presenze

In partenza voleva essere una casa sobria, senza colori, senza oggetti e con poca personalità: uno spazio poco coinvolgente che non invecchia perché fuori dal tempo. Poi la fantasia della coppia che vi abita ha preso il sopravvento ed è entrato tutto un mondo di magíe.

La zona pranzo è dominata da un tavolo quadrato in faggio evaporato, prodotto da De Padova. Sopra vi sono due galli a pois anni ‘30 della manifattura Lenci. Le sedie girevoli con braccioli sono un modello del primo ‘900 della Thonet. Attorno al tavolo vi è da un lato un’opera triangolare di Del Pezzo e dall’altro un quadro pop dell’australiano Rod Dudley, accanto un paesaggio toscano di Rosai. Suldivano bianco vi è un dipinto di Adami. Sul camino, ceramiche di Sottsass.

La disposizione delle numerose ceramiche Lenci sui ripiani sostenuti da colonnine è particolarmente felice: si direbbe che ricrea il fascino di una strada degli anni ‘20, passati alla storia come “gli anni folli, dove signore eleganti e un po’ bizzarre passeggiano, s’incontrano e si atteggiano in gesti graziosi e “alla moda”. Il comune denominatore che unisce quasi tutti gli oggetti collezionati è uno sguardo ironico sulla realtà che mette in rilievo quel che di magico c’è nelle piccole maníe. Così è per le donnine delle manifatture Lenci, ma anche per le sculture grottesche di Rod Dudley come “La zia d’America” che sosta accanto al tavolino squadret-tato di Superstudio che sorregge l’uovo di Sottsass.

Un collezionista di Roma, innamorato dell’arte minimale e concettuale, decide di “vivere nell’arte”e ristruttura una villa anni ‘30 per farne lo sfondo ideale per la sua collezione.

Pino Casagrande è una persona dai profondi entusiasmi, che ha talmente amato le opere d’arte della sua collezione da intraprendere il mestiere di “venditore”, come gallerista, da lui definito il più bel mestiere del mondo. La sua casa è lo spazio ideale per entrare in contatto autentico con quest’arte apparentemente algida.

Il rigore dell’arte minimale

Anche negli ambienti privati c’è la stessa ricerca di emozioni date dall’arte e dalla creatività. Sembra che ogni spazio, ogni minuto sia privo di valore se passato senza la magica presenza dell’arte. Che diventa una nuova religione. Lo spazio creato a misura di queste opere è bianco e beige, e le forme architettoniche che si ripetono sono l’arco e il cubo forato da aperture rettangolari. Geometria pura di natura metafisica, dove ben si situano le sculture romane antiche che ci parlano dalla distanza dei millenni. La villa si trova a pochi metri dalle più imponenti terme di Roma, quelle di Caracalla, e Sol Lewitt, uno dei più famosi artisti minimali, quando l’ha vista ha detto “stiamo benissimo insieme all’arte antica perché comunichiamo da una stessa dimensione, è solo il tempo che è cambiato”.

Una passione ininterrotta

Era una banale vecchia casa contadina appena fuori città, ma il gallerista Giorgio Marconi ha intuito che con opportuni aggiustamenti poteva diventare la sua abitazione. Ora si potrebbe definire una casa-galleria, visto che la mania per l’arte, che a suo dire dura 24 ore su 24, l’ha condizionato in ogni metro cubo. Di mobili ne ha voluti pochi e li ha scelti sobri e poco visibili perché non disturbassero le opere. Lo ha aiutato Franco Pardi, un artista.

In Edicola

Ci sono opere, come il quadro di Michelangelo Pistoletto (serigrafato su lamina d’acciaio lucidata a specchio) che giocano a rimpiattino con l’architettura in essi riflessa, animandola con presenze virtuali ma non per questo poco realistiche. Quando l’opera d’arte sembra intervenire nella casa come se fosse un personaggio dotato di vita propria, quello è il momento in cui il collezionista si sente veramente “a casa propria”. C’è una valenza fantasmatica nelle opere di pittori e scultori di grande valenza comunicativa che solo chi vive realmente insieme a loro può cogliere e apprezzare. Anche i valori architettonici e di design diventano in questo contesto interessanti, perché finiscono col partecipare di questa lettura onirica, coinvolgente al limite della trasfigurazione allucinatoria. Un’opera atmosferica come il mobile di Calder (nella foto qui sopra), con i suoi movimenti imprevedibili può diventare viva come una pianta in balía del vento.

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