Il calore delle Alpi

Il patrimonio storico, artistico, architettonico e umano delle terre di alta quota ha trovato proprio nell’isolamento la possibilità di conservare per secoli la propria identità che oggi è identificata come marchio di qualità della cultura alpina. È il caso delle colonie Walser fondate dagli antichi colonizzatori Alemanni nel XIII secolo sui fianchi dell’imponente massiccio del Monte Rosa. Fare una passeggiata a Macugnaga, uno dei paesi Walser  della Provincia del Verbano Cusio Ossola, significa intraprendere un viaggio nel passato alla scoperta dell’ingegno degli uomini, in grado di sopravvivere contendendo le terre al ghiaccio e agli stambecchi, ma assolutamente liberi. E la pemanenza in alta quota durante lunghi e rigidi inverni sviluppa la cultura del fuoco, attraverso funzionali e ingegnosi sistemi di riscaldamento.Pianta del piano rialzato della casa Antemater a Pecetto (Macugnaga). Appare chiaramente il tipico accoppiamento stufa – cucina. Si notano il camino, in comunicazione con il fornetto e la scaletta d’accesso ai piani superiori.La sezione dell’accoppiamento camino-fornetto. Quest’ultimo, a seconda delle località di appartenenza, era impreziosito con elementi decorativi caratteristici.

I disegni sono tratti da uno studio di Giuseppe Ciribini, pubblicato nel 1943 dal Centro Nazionali di Studi Alpini con il titolo “La casa nelle valli del Rosa”.Ancora oggi sono visibili le tipiche abitazioni Walser, molte delle quali splendidamente restaurate con approccio conservativo, con basamenti in pietra, strutture e interni interamente in legno, i caratteristici balconi e il tetto in pietra a due falde ricoperto di lastre di beola, dette anche piode.
L’elemento architettonico comune in diverse vallate delle Alpi è una soluzione che nasce dal felice connubio tra il camino a bocca aperta posto in cucina, e appunto il fornetto, contenitore stagno in materiale lapideo, ubicato in soggiorno, che viene ‘caricato’ di brace dal camino attraverso uno sportello. Al primo piano è collocata la cucina caratterizzata dalla presenza di un grande camino che occupa più di un quarto della sua superficie, con il piano del fuoco in pietra e sovrastato da una trave secolare. Attraverso un’apertura, il camino comunica con il ‘fornetto’, la stufa in pietra ollare locale, che spicca nel locale più ampio della casa.
Questo era il centro della vita, l’ambiente in cui la famiglia trascorreva la maggior parte del tempo, specialmente in inverno. Qui si mangiava, si lavorava e si dormiva. La speciale struttura in legno che incornicia il fornetto permette di ricavare dei posti letto che un tempo erano destinati ai bimbi.
La stufa, appoggiata alla parete divisoria, è alimentata dal calore che assorbe dal  focolare della cucina (con cui è in comunicazione attraverso una piccola apertura dotata di serranda scorrevole in lamiera) che, a sua volta, irradia nell’ambiente. Si realizza così una netta separazione tra la zona di lavoro (con presenza di legna, cenere, fumi) e la zona ‘pulita’ del soggiorno che fruisce di un calore diffuso e costante, grazie al volano termico della pietra.
L’aria tiepida passava inoltre al piano sovrastante, dove si trovavano le camere, attraverso un’apertura ricavata nel soffitto che permetteva al calore di salire. Il sasso di colore verde scuro e bianco (nell’immagine qui a lato), impiegato per la costruzione dei fornetti, proveniva da una cava di Macugnaga. Le lastre, generalmente lunghe 90 cm e larghe 40 cm con spessore variabile dai 12 ai 15 cm, sono unite tra loro con sofisticati incastri a U per chiudere ermeticamente l’uscita del fumo. Uno speciale impasto di terracotta, sasso pestato fine e calce bianca contribuisce a sigillare i giunti. La finitura esterna del fornetto è generalmente bocciardata e sul fronte sono incise le iniziali della famiglia, la data di costruzione, il simbolo della casa e un richiamo religioso. Nella parte superiore era scavata una vaschetta per riporre la segale da essiccare. Uno splendido esempio di questa architettura aperto al pubblico è la Casa Museo Walser che si trova nella frazione Borca.“Secondo una leggenda riportata dallo scrittore Albert Schott nel 1842, il vecchio Tiglio di Macugnaga fu introdotto e piantato nella seconda metà del ‘200 da una donna che faceva parte dei primi pastori Walser fondatori del paese. Sarebbe stato all’epoca un minuscolo semenzale alto una spanna, portato come ‘trait-d’union’ con la originaria  Patria vallesana. Ben più difficile, per non dire impossibile, è stabilire invece su inoppugnabili dati di fatto l’età esatta di questo autentico patriarca arboreo” e su questo tema ci sono pareri contrastanti però gli 8.30 metri di circonferenza sono “la  testimonianza migliore della sua veneranda età e ne legittimano ampiamente il riferimento simbolico aggregante delle tradizioni e della cultura Walser della Comunità.
Un albero che come pochi altri suscita fascino e mistero, un gigante verde ricco di sacralità e di leggende. Tra queste si può rammentare quella dei ‘Gutwiarghini’, i ‘buoni lavoratori’ della tradizione Walser che abitavano tra le sue fronde e, con rigore e meticolosità, distribuivano alla popolazione preziosi consigli per sopravvivere con nuove soluzioni ergologiche. Avevano però i piedi rivolti all’indietro e un giorno, venendo uno di loro beffeggiato per quel difetti fisico, scomparvero per sempre”

Notizie botaniche
Il Tiglio a grandi foglie di Macugnaga, Tilia platyphyllos Scop., della famiglia delle Tiliacee, è specie diffusa in centro Europa.
Sulle Alpi piemontesi si spinge oltre i 1500 mt. di altitudine. I caratteri che lo distinguono dal vicino Tiglio selvatico (Tilia cordata) sono, tra gli altri, la dimensione maggiore delle foglie, da cui deriva l’appellativo specifico (platy = ampio; phyllos = foglia), e la presenza sulla loro pagina inferiore di ciuffi di peli biancastri, e non bruno-rossastri, alle biforcazioni delle nervature. Inoltre, si accresce più rapidamente, può raggiungere dimensioni superiori ed è più longevo del Tiglio selvatico; per tali caratteristiche è  impiegato come pianta ornamentale nella costituzione di viali e parchi. Il legno del Tiglio a grandi foglie è omogeneo, elastico, poco resistente agli agenti di degrado ed è utilizzato per lavori di falegnameria, tornitura e per sculture. (Tratto da “Alberi Monumentali del Piemonte”, a cura di Mario Palenzona, Giovanni Nicolotti, Diego Mondo,
L’Artistica Editrice).

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