La strada che porta sulla collina

di Vlado Záborsky´

La chiesa del Santissimo Cuore di Gesù e del Cuore Immacolato della Vergine Maria a Liptovské Sliac.e è un’opera ricca dal punto di vista architettonico, in grado di fornire agli studiosi notevoli e copiosi spunti descrittivi e interpretativi.
Tuttavia i commenti riguardanti le immagini pubblicate possono descrivere solo in piccola parte quel che un uomo prova all’interno o nei dintorni di questo spazio sacro. Questi appunti, che ho voluto accompagnare con due citazioni, possono rappresentare solo un frammento di questo grande mosaico. La storia della chiesa riguarda soprattutto i suoi architetti e i suoi costruttori. E’ quasi una favola che parla di fede, di convinzione, di forza, di pensiero e di incredibile fermezza nel realizzarlo. Ha scritto Peter C. Abonyi: «Cerchiamo di unire noi stessi con il nostro rovescio, perché anche così saremo sempre noi. Imbarchiamoci sull’arca che ci porterà attraverso il torbido diluvio, pieno dei mostri del nostro essere, per potere alla fine felicemente naufragare sul nostro piccolo monte Ararat. E poi uscire di nuovo nei campi e seminare i granellini di senapa nella terra rocciosa delle nostre anime. Fecondiamo la nostra terra con la Parola, raccogliamo le parole impietrite sui ciglioni dei campi dove impediranno alla pioggia di portare via la terra fertile».

Nelle foto: Sotto il matroneo è posta una Via Crucis in tessuti istoriati. Su un lato dell’assemblea sale una rampa a gradoni seguendo il perimetro circolare della parete; sull’altro lato in basso, una scalinata diritta.

Anche se per me l’architettura sacra è soprattutto mistica organizzazione della luce nello spazio, con timore nel cuore e l’animo umile contemplo questo santuario dai quattro orizzonti. Questa chiesa è la rappresentazione, la perfetta materializzazione dell’unità attraverso la diversità. Non mi riferisco solo alla simbiosi tra opera architettonica, pitture e sculture, ma soprattutto all’unione delle persone che l’hanno costruita. Desidero citare il poeta Ivan Lauc.ik: «Gli abitanti di questo paesino dove finiscono tutte le strade asfaltate, sono stati costretti a rivivere l’antica avventura di tutti i costruttori dei templi… questa chiesa ha le fondamenta più profonde di quelle in cemento armato! Ha unito non solo diverse persone del luogo, ma il circolo dei collaboratori si è allargato sempre di più.

Nelle foto: La parete che accompagna la rampa è dipinta con scene bibliche. La rampa vista dal coro. La consolle dell’organo. Il matroneo-tempio greco è un’architettura lignea indipendente.

Sulla decorazione della chiesa hanno iniziato a lavorare gli artisti del luogo che poi invitarono alla collaborazione anche i loro colleghi, non solo dalla Slovacchia, ma anche dalla Repubblica Ceca, Ungheria, Francia, che volentieri contribuirono all’opera. E così, in questa epoca delle divisioni e delle incomprensioni, si è iniziato il processo di ritrovamento del significato comune di parole come Cammino, Chiesa, Supplica, Dono…. Questo inizio di unione chiama in causa soprattutto le relazioni tra Slovacchi e Ungheresi. Paradossalmente sono stati proprio gli artisti provenienti da questi due “inconciliabili” popoli a iniziare il dialogo artistico durante la decorazione della chiesa di Sliac.e». La strada che porta sulla collina, dove si trova la chiesa, si può paragonare alla preparazione ad un incontro. E’ come la salita del monte Carmelo. Sulle alture, verso Dio.

Nelle foto:Entro il panorama agreste, la chiesa si presenta quasi come un’astronave, simbolo aggiornato dell’arca: la nave del futuro. Sulla parete bianca si riflette il colore rosato del tramonto. L’apertura triangolare segnala il luogo del presbiterio. La croce è retta da una scala che s’innalza verso il cielo.

L’ar tista abbandona la filosofia, chiude il periodo in cui l’uomo agisce razionalmente e inizia il momento in cui è Dio ad operare nel suo cuore. L’ispirazione è come il concepimento di un bambino: Dio soffia lo spirito nell’opera che è stata creata dall’uomo. Ormai appartiene al passato il “diluvio rosso”, i decenni di persecuzioni e di ateizzazione. Su una collina vengono trovati i resti di una barca – il simbolo dell’Arca di Noé e della barca di Cristo – intorno al quale gli abitanti iniziano a costruire la chiesa: oltre a quella materiale anche quella vivente. Le pietre che la costituiranno rappresenteranno simbolicamente gli stessi abitanti edificatori. Durante lo scavo delle fondamenta vengono trovate due pietre a forma di cuore. E’ un evento simbolico, come la conferma che questo posto è da sempre destinato a ospitare un luogo di culto.

Nelle foto: L’a
ula si svolge secondo movimenti circolari, ma trova nella croce lignea il suo punto fermo, il riferimento che la incardina.
Tra le colonne del "tempio greco" sono appesi gli stendardi, ricchi di simboli, nuove metope che raccontano la storia dell’annuncio
cristiano.

Nella chiesa si entra attraverso un portale in stile antico. Appena passato il portale incontriamo lo spazio destinato alle mamme e ai bambini. All’interno della chiesa si individuano due assi di orientamento spaziale: uno "greco" e uno "ebraico". L’asse greco è simbolo della provenienza della spiritualità dall’oriente e l’asse ebraico è un richiamo del pellegrinaggio del popolo di Dio, da un passato di peccato alla terra promessa. Questi due assi si incontrano nel santuario – nella liturgia eucaristica di ogni giorno che ci porta contemporaneamente alla grotta di Betlemme, al Golgota e al sepolcro vuoto, cioè alla risurrezione.

Nelle foto: Il tabernacolo è stato realizzato in forma di uovo: simbolo della vita nascente, pasqua di santità. L’altare è stato realizzato con una lastra di cristallo semitrasparente: vi si riflettono tutti gli elementi dell’aula e il suo sostegno a croce assume una posizione di autentica emergenza ricapitolativa del luogo. Uno stendardo raffigura i due cuori.

Il santuario è, nella parte sporgente, coperto di canne. La parte della costruzione in legno, che comprende il ponte, la sacrestia e il confessionale, richiama la morfologia del fianco di una barca. Il muro con le campane assume una linea che ricorda la forma della montagna simbolica degli Slovacchi – il Krivan (situato nella parte occidentale degli Alti Tatra). I Quattordici gradini che portano alla croce simboleggiano le stazioni della Via Crucis. Non di importanza minore è la notevole quantità di dettagli artistici come per esempio gli oggetti e gli indumenti liturgici, la Via Crucis di stoffa e tanti altri. Quest’opera unica abbonda, sia all’interno sia all’esterno, di idee cariche di simboli. Basta solo attentamente osservare, meditare in silenzio e contemplare senza mai smettere di stupirsi.

Vlado Záborsky ´, architetto

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