La rinascita del simbolo Non solo dedicata ai "Due Cuori", ma costruita col cuore. Dai progettisti, Peter C. Abonyi e Jozef Hyravy, dagli artisti e
E’ l’alba di una nuova era. Qui c’è impresso l’entusiasmo ricco di gratuità e di quella grazia particolare che solo la scoperta della libertà può dare. Quasi lo stupore incantato del fanciullo che si ritrova uomo e parte gioioso per costruirsi la propria vita. Dopo i decenni di dittatura in Slovacchia è rinata la libertà di gridare al mondo la fede, di praticarla all’aperto, di sbandierarla ai quattro venti. Bastano pochi dati per descrivere il fenomeno: la chiesa dei due cuori è edificata nel luogo dove sono stati trovati due sassi di quella forma. Nelle foto: La chiesa vista dal villaggio. Una scoperta che ha il sapore del miracolo. I tempi della progettazione e della costruzione coincidono: dal 1996 al 2000. L’architetto definiva le soluzioni formali mentre la chiesa veniva costruita: l’idea si concretava passo dopo passo con la pazienza artigianale che conosce il percorso ma è anche capace di mutarlo per arricchirlo. Il costo sostenuto è stato di 300.000 dollari ma il suo valore stimato è di almeno un milione di dollari. E’ stata eretta non con il denaro e con gli appalti, ma col sudore e la passione. La si guarda e ci si stupisce. Ma poi ci si avvicina e si vede come ogni suo più piccolo elemento è frutto di un intervento curato, pensato, vissuto in un’esplosione di gioia.
Il linguaggio architettonico e artistico che la conforma e la riveste è smagliante e attuale, ma l’intensità di fede che promana incanta, perché è la fede solida del contadino che non conosce tentennamenti. Il progettista, Peter Abonyi, scrive: "La concezione del progetto ritorna al linguaggio incarnato dei simboli biblici cristiani. Tutti gli elementi hanno il loro nome simbolico e i simboli sono raggruppati assieme secondo relazioni che rappresentano radici e tradizioni della cultura cristiana. Nella foto: La porta della chiesa è rivolta verso il villaggio. A sinistra, in alto: la porta è inserita in una parete che riprende motivi architettonici del tempio greco. Particolare del frontone: si noti la fascia a triglifi e metope che sovrasta la finestra. Tali "parole" architettoniche costituiscono, più che frasi, monadi leibniziane. Reagiscono al mondo delle strutture decostruite emanando qualcosa di simile a ciò che Derrida identifica come "archiecriture" dei simboli viventi nel linguaggio delle forme architettoniche. Parla la lingua dell’inconscio culturale collettivo e supera la linearità transrazionale superficiale dei costrutti intellettuali-ideologici. Stabilisce una relazione organica e naturale tra le parti e il tutto: "Unità nella numerosità e numerosità nell’unità". Si apre per l’architettura la possibilità di assorbire i campi semantici che sinora nella storia potevano avere solo alcune discipline artistiche, nella scultura gotica e nella pittura barocca… Ai nostri giorni non è più sufficiente porre l’alfa e l’omega sull’arco trionfale, esse devono compenetrare l’architettura. Questa chiesa ha una struttura organica, intesa nei termini della mistica cristiana. Ma ha anche una centralità dualistica: nel corpo e nella testa della nave e del santuario. Ha due assi principali: ebraico ed ellenico, intesi come radici della cultura cristiana. Nelle foto: Vista globale dell’aula verso il presbiterio. Vista dal coro verso l’assemblea; in primo piano sulla destra, il crocifisso. Vista laterale verso il presbiterio; è posta in evidenza l’apertura a triangolo che lo caratterizza. La pianta; l’ingresso è visibile sulla destra del disegno, in linea con la struttura interna a tempio greco. Vista esterna verso il lato "absidale" con l’apertura a triangolo. I richiami simbolici riconducono alla nave e alla casa; la croce è segno ecumenico. E il simbolo della nave è leggibile in tre modi: l’arca del vecchio testamento, la nave della nuova alleanza e il tetto che richiama le astronavi". Ogni aspetto ha una spiegazione teologica. Ma va presa così com’è, nella sua immediatezza. Godendo dello stupore che provoca: perché anzitutto è ricca di fede. Leonardo Servadio
|