A Opera, nella pianura lombarda

Una casa giovane, fatta di niente, è la creazione di un artista che ha immortalato in una atmosfera piena di colore un momento magico della sua vita.

Servizio di Maria Luisa Bonivento foto Tiziano Canu – M.L.Bonivento tedesca

Tutto era nato come un gioco. Annessa al grande spazio che Fabrizio Braghieri utilizzava per creare le sue grandi, aggressive sculture fatte di materiali di recupero, c’era un piccolo appartamento in completo abbandono, che avrebbe potuto costituire un “campo pratica” per sperimentare in libertà la filosofia dell’abitare di un giovane artista. Un magico, colorato momento di speranza in una visione apocalittica della realtà. La buona regola che, tra una guerra l’altra, aveva imperversato nella quotidianità dei nostri nonni, “non buttar mai via nulla che, chissà mai, potrebbe tornar utile”, perde il suo tranquillo carattere di saggezza popolare e acquista quel tono drammatico da “day-after” che si trova in certe espressioni artistiche della transavanguardia tedesca a cui Fabrizio Braghieri si ispira. In questo mondo del “dopo” gli oggetti raccolti, ferri vecchi o utensili in disuso, assemblati secondo l’estro del momento in forme d’impatto e posti di nuovo al centro dell’attenzione, acquistano forza e valore, operando un distacco etico-temporale che relega il consumismo, responsabile di aver segnato un importante periodo della nostra esistenza, ad epoca preistorica. Gli oggetti in disuso, ammonticchiati da qualche parte nella cascina, costituiscono per lui un regno di potenzialità, un limbo dove anime aspettano pazientemente di reincarnarsi in nuove creature. Trasformazioni che, prima o poi, al momento giusto avverranno, spesso in modo inaspettatamente semplice e divertente, come nel caso del carrello della spesa che, privato di ruote e sostegni e posto verticalmente sul portapacchi della Vespa blu, diventa una gabbia improvvisata che protegge il cane durante le scorazzate in città.

Nella casa-scultura creata da Fabrizio Braghieri, gli oggetti appaiono altresì caricati di valenze emotive, come in un fantastico mondo infantile le cui dimensioni impensabili sono dilatate dalle illusioni tipiche del gioco. Uno spazio abitativo simile a un sogno segreto che, appartenendo in tutto e per tutto a chi l’ha concepito, potrebbe svanire al momento del risveglio cancellato dalla razionalità dell’esistenza quotidiana. Un sogno magico a cui si accede, come nelle segrete di un castello, necessariamente con difficoltà. La scala rudimentale, infatti, che porta dalla corte alla botola che si spalanca nel pavimento al primo piano, ha gradini realizzati con pezzi di legno variegato e raccogliticcio, in diverse altezze, secondo un sistema utilizzato negli antichi manieri per rallentare la salita di eventuali nemici. Per rendere meno traumatico l’accesso a chi si avventuri nella casa-tana senza conoscerne a fondo i segreti, sono stati posizionati, nei punti strategici, bastoni di ferro dipinti col colore della ruggine. L’idea della casa-rifugio che chiude fuori il mondo, è qui molto evidente, ed il momento magico di fantasia scatta con il chiudersi della botola al culmine della ripida scala, sorta di camera di decompressione tra intimo microcosmo e macrocosmo ostile. Il sogno è in blu, non per citazioni letterarie o artistiche, ma perché è il colore del fondo del mare, dove si può trovare di tutto, relitti, oggetti persi o inghiottiti chissà quando dalla furia delle onde. Il colore blu, mescolato al gesso, appare ovunque nei vari toni fino all’azzurro chiaro, al bianco e in forma di mosaico spumeggiante fatto con pezzetti di vetri e specchi dai riflessi imprevedibili come un’onda che si rifrange con violenza sulle pareti.

Un sogno che, come il mare, è soggetto a cambi repentini; un sereno-variabile con tempeste inarrestabili ed improvvise, vissuto con un’amica che di onirico ha anche il nome, Ninja. Due cuori in una grotta degli abissi, dove, sotto mutate spoglie, si ricreano gli spazi abitativi di sempre. Un ingresso, illuminato a sinistra da un lunga finestra con vista sull’aia, e ritmato, a destra, da bassi archi strutturali che ospitano un rudimentale guardaroba e un frigo bombato, retaggio di tempi passati. In fondo, sul blu profondo della parete illuminata da appliques fatte con attrezzi da cucina, campeggia una candida cucina economica con l’acqua calda sempre pronta per il tè. Una breve scala di legno, non lontana dalla botola, conduce a uno spazio, che ospita insieme la zona notte (con un’intima alcova, casa nella casa), il pranzo con tavolo altalena, e il soggiorno, dove sopra al basso sommier troneggia una ieratica sirena fatta di specchi.

 

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