La prestigiosa Biblioteca Ambrosiana, una delle biblioteche più importanti del mondo, svela i suoi tesori – antichi codici miniati e autografi, superbi manoscritti di incredibile valore e bellezza – in un’eccezionale mostra. La conservazione del grande patrimonio dell’Ambrosiana è indubbiamente la funzione primaria che deve essere assicurata e adempiuta nei secoli. Il cardinale Giovanni Bessarione, umanista bizantino e grande artefice del dialogo tra l’Oriente e l’Occidente cristiano, scriveva così dai Bagni di Viterbo il 31 maggio 1468 al doge Cristoforo Moro, offrendo in dono alla Serenissima la sua grandiosa libreria, nucleo fondamentale della Biblioteca Marciana: “I libri sono pieni delle parole dei saggi, degli esempi degli antichi, dei costumi, delle leggi, della religione. Vivono, discorrono, parlano con noi, ci insegnano, ci ammaestrano, ci consolano, ci fanno presenti ponendole sotto gli occhi cose remotissime alla nostra memoria… Se non ci fossero i libri, noi saremmo tutti rozzi e ignoranti, senza alcun ricordo per il passato, senza alcun esempio; non avremmo conoscenza alcuna delle cose umane e divine”. Lo stesso fondatore della Biblioteca Ambrosiana, cardinale Federico Borromeo, in un suo testo, il De exercitatione et labore scribendi, esaltava la funzione operosa del “tesoro di quei libri rari… perché colà entro si conservino vivi i nomi e le fatiche di tanti huomini, che già morte sarebbero, senza questi ripari e custodie”. È per questo che la tutela, il restauro, la protezione, la sicurezza sono stati e sono uno dei punti di riferimento capitali dell’Ambrosiana, come anche l’accrescimento del suo patrimonio. Federico amava come motto per la sua attività umanistica di bibliofilo e collezionista la frase Collegisse iuvat, è utile e prezioso raccogliere e conservare. E l’aveva testimoniato talora rincorrendo con passione, attraverso i suoi emissari, i fondi librari che stavano disperdendosi, da quello antichissimo del monastero di S. Colombano di Bobbio alla biblioteca agostiniana milanese di S. Maria Incoronata, dal fondo dell’arcivescovo milanese Francesco Pizolpasso fino all’importantissima raccolta dell’umanista Gian Vincenzo Pinelli di Padova, inseguita fino a Napoli e acquisita dopo un’asta molto combattuta per 3050 scudi. Ma il libro è, per certi versi, una creatura vivente. È così necessario passare oltre la fredda e severa custodia e proporre la promozione della conoscenza e della fruizione delle opere conservate. Il cardinale Federico Borromeo, come segnala Manzoni nei, Promessi Sposi, eseguì la sua grandiosa impresa “in mezzo a quell’ignorantaggine, a quell’inerzia, a quell’antipatia generale per ogni applicazione studiosa, e per conseguenza in mezzo ai cos’importa? E che bell’invenzione! e mancava anche questa e simili”. Egli, però, era convinto che, da un lato, la sua creatura fosse di “utilità perpetua e cosa tanto cara all’esterne nazioni” ma, dall’altro canto, che essa fosse “a gloria di Dio grandissimo”. Ora la promozione culturale ha acquisito nuovi modelli perciò l’Ambrosiana, oltre a dotarsi di un complesso sistema informatico e catalografico, sta trasferendo codici, disegni e immagini su supporto magnetico-ottico, avviandosi anche sui grandi viali della comunicazione contemporanea, così da intrecciare conservazione e promozione, tutela e fruizione. Il servizio offerto si attua anche attraverso manifestazioni culturali ed esposizioni. (Mons. Gianfranco Ravasi, Prefetto della Biblioteca e della Pinacoteca Ambrosiana)
I tesori miniati dell’Ambrosiana |