Sopra la stùva si trovano le camere da letto

Vivere nel solco della storia: le case tipiche

Lo stile di vita si rifletteva nelle abitazioni: la disposizione dei locali, gli accorgimenti nell’ubicazione
delle finestre, i decori semplici ed espressivi…

Houses provide clues about lifestyle: the arrangement of rooms, the positioning of windows, and simple yet expressive decorations.

Stalla, fienile, abitazione. Come tutte le case contadine, la tipica abitazione engadinese riuniva in sé tutte le funzioni necessarie alla conduzione della vita agraria e pastorale che l’ampia vallata soleggiata consentiva. Ancor oggi si conservano alcuni aspetti delle case antiche, quelli attinenti alla vita conviviale della famiglia in particolare. L’accesso avviene attraverso un grande portone. Questo immette al piano terra nel “sulèr”: un locale spazioso, spesso con soffitto a volta e senza finestre. Il cuore della casa engadinese è il locale del soggiorno-pranzo, chiamato “stùva”: era questo, nella tradizione, l’unico locale riscaldato da un forno a legna, ed era rivestito di tavole di pino. Accanto alla stùva si trova la cucina con la dispensa (detta chemineda). E sopra la stùva si trovano le camere da letto, alle quali si accede di solito con una scaletta di legno posta accanto al camino, così da permettere al calore di salire verso le stanze soprastanti. Nelle case signorili si trova una stùva anche al piano superiore: più bella e importante, riservata alle
grandi occasioni. I muri delle case più antiche (di quasi 400 anni) sono spessi, in pietra, e dotati di piccole fineste strombate, posizionate in modo strategico per meglio catturare la luce.

Nelle facciate si vedono graffiti con versi della Bibbia. E nelle cornici delle finestre si notano intagli, spesso una rosetta nel cerchio del sole. L’archivio di Samedan raccoglie le antiche testimonianze.
Sotto: Cartolina d’epoca anni ‘50.

The façades often have the graffito writing of Bible verses. Window frames have carvings, usually a rosette inside a sun. An archive gathers evidence from the past.

The typical house of Engadina (stable-cum-barn-cumhome), as with all peasant houses, encompassed everything
necessary for agricultural and pastoral life in the sunny mountain valley. Even today they have preserved some of the features of old homes, especially those relating to family life. Access is by means of a large door that gives onto the
ground floor or ‘sulèr’, a spacious room often with a vaulted ceiling and without windows. The heart of the Engadina
home is the dining/living room area called the stùva. This was traditionally one room heated by a wood-burning stove
with pine wood planks lining the walls. Next to the stùva is the kitchen with pantry, called the chemineda. Above the
stùva there are the bedrooms, access to which is by means of a wooden staircase usually placed next to the fireplace so that the heat can be channelled to the rooms above. Mansion houses have stùvas on the upper floor, which being more elegant is reserved for important occasions. The walls of older houses (almost 400 years old) are very thick and made of stone. They have small splayed windows strategically positioned to capture the most amount of light.

Dora Lardelli, il recupero dell’identità, la passione per l’arte

Conoscere il passato per preparare il futuro: è un motto efficace quanto vero. La sensibilità per il recupero della memoria, la sua sistematizzazione e la sua accessibilità sono particolarmente sentiti nei luoghi alpini, dove il tumultuoso avanzare della modernità è giunto in epoca relativamente recente, con il turismo di massa. In questi paesi che sorgono nelle vallate, di solito piccoli, si sente con particolare forza la necessità di mantenere uniti i molteplici aspetti della tradizione culturale: quella passata e quella presente, il problema paesaggistico e quello artistico e architettonico.
Dora Lardelli è una di quelle persone che con particolare impegno di sono dedicate al tema dell’identità, della vita e della cultura nei luoghi alpini. Esperta di arte e archeologia, dopo aver completato gli studi all’università di Basilea, appena ventenne è stata nominata responsabile del Museo Segantini di St. Moritz, e lo ha diretto fino al 1997.

Questo le ha dato la possibilità di organizzare diverse esposizioni, anche in altri musei svizzeri e su diverse tematiche: da quelle attinenti al paesaggio, a quelle più squisitamente artistiche. Ha curato mostre sul Divisionismo italiano e su autori quali G. Giacometti e F. Holler. Con l’occasione della mostra “L’Engadina nella pittura”, organizzata su incarico dell’Ente turistico engadinese, Dora Lardelli ha lavorato in stretta collaborazione con l’artista Giuliano Pedretti per ricercare, sia nei musei, sia nelle case private, pitture e disegni che spesso non erano mai stati esposti. È così che è venuto alla luce il più antico paesaggio dipinto dei Grigioni, “Caterina e San Gian” (1797) di Tommaso Frizzoni, artista di famiglia engadinese trasferitosi a Bergamo. Tra le altre opere pittoriche ritrovate, si segnalano i panorami dipinti da Elias Emanuel Schaffner negli anni 1830, una serie di paesaggi engadinesi espressionisti di Oskar Kokoschka, di Otto Dix, del surrealista Max Ernst e di Andrea Robbi. Quest’ultimo, nato a Carrara nel 1864, divenne amico di Giovanni Giacometti e visse a Sils Maria, dove gli è stato dedicato un museo. La collezione di opere che riguardano Celerina, o come soggetto pittorico, o perché compiute da artisti del luogo, è corredato anche da un ampio lascito di lavori del pittore e decoratore Kaspar Donatsch, originario di Celerina. Per tirare le file della storia locale, nel 1988 è stato istituito l’Archivio Culturale dell’Alta Engadina: Dora Lardelli lo dirige sin dall’inizio. La sede attuale di questa istituzione è un’ampia casa patrizia costruita nel 1593, ubicata nel centro storico di Samedan.

L’edificio in sé è testimone di una storia importante: quella della famiglia Salis, che un tempo amministrava i poderi dei conti di Gamertingen di Germania e del vescovo di Coira. Oggi l’archivio raccoglie un gran numero di donazioni ed è frequentato da studiosi provenienti da tutto il mondo. Una delle donazioni più importanti è quella di Paul Fried di Bever, contenente una settantina di vecchi manifesti della Belle Epoque, depliant di viaggio e un erbario di Johann Luzi Krattli, considerato il “genio universale” del piccolo villaggio di Bever. L’Archivio ospita circa 400 fotografie scattate nell’ultimo decennio dell’800 dalla scrittrice e alpinista inglese Elizabeth Main che hanno per soggetto i paesaggi engadinesi, scalate ed escursioni. Notevole è inoltre la collezione di oggetti, documenti e opere d’arte recuperati spesso in soffitte abbandonate. Tra queste si segnala l’opera pittorica di Elvetia Michel: tele raffiguranti paesaggi, fiori e ritratti di notevole espressività. La storia dell’Engadina non è completa: la ricerca di documentazione continua. È una storia che riguarda non solo quanto è avvenuto nel territorio dell’Engadina, ma anche quel che hanno compiuto gli engadinesi che si sono trasferiti altrove, così come anche coloro che hanno scoperto nell’Engdina il loro luogo ideale di vacanza o che vi hanno compiuto escursioni significative. Oltre che dalle amministrazioni locali, l’Archivio è sostenuto dalla Commissione svizzera dell’UNESCO.

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)