Chiarore soffuso nel silenzio


Secondo la logica della tranquillità, nel centro di Milano

La metropoli invita a uno stato di attivazione continua: l’impero del lavoro e del negozio sottomette a continui stimoli. Qui si sceglie invece il riposo di un ambiente accogliente.

Arch. Sylvia Duncan
Foto di: Athos Lecce
Testo: L.Servadio

Totalità soffusa, una stanza abat-jour: il luogo del riposo dei sensi. Autentico soggiorno, inteso come ambiente della distensione: il divano-sofà-lettino anatomico è di quelli che di per sé fanno ambiente e dicono della posizione del
riposo, invitano alla distensione. Che siano realmente adatti all’uopo è secondario: anzitutto conta il messaggio che trasmettono. Il sofà-lettino è emblema del distendersi, dell’alienarsi dalle preoccupazioni occorrenti. E’ l’apertura verso un altro mondo: quello del sogno. La luce soffusa dalle finestre garbatamente schermate, le tonalità chiare e anodine fanno il resto. Ed ecco il luogo dell’accoglienza, ambiente dove nulla sembra predeterminato se non la possibilità di
allontanarsi in un oblio dolce e silenzioso.

I colori solo come sfumature del bianco

Divani e poltrone, di foggia diversa. Lo spazio è limitato, ma l’offerta di mobili atti al riposo è notevole, in linea con un ambiente dove dominano tranquillità e rifiuto dello stimolo.
Lo stesso televisore sembra perdervisi.

La chaise lounge è Le Corbusier di Cassina; la libreria è stata realizzata su disegno dell’architetto Duncan; i divani sono di famiglia, ricoperti da teli bianchi.

La pavimentazione in tavole di legno dal colorito cangiante adduce un tocco di variabilità entro uno spazio altrimenti privo di sorprese. Qui non si ricerca alcunché di impattante, di scioccante.
Qui il disegno si sottomette alla logica del comfort puro, della pace dei sensi.
Il soggiorno è inteso quale spazio che avvolge senza trascinare, che conforta senza nulla imporre: non c’è scenario artefatto. C’è l’apertura al possibile. La stessa paretina bianca che parzialmente ricopre e divide la libreria, diventa simbolicamente spazio del possibile: memoria di un’assenza. Qui potrebbero apparire altre coste di volumi più o meno ponderosi, oppure altre fotografie di famiglia, o altre strumentazioni elettroniche. Invece c’è il puro biancore.

 

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