Villa Torretta, alle porte di Milano

IL PROGETTO: IL RECUPERO DI UNA STORICA DIMORA

IL RECUPERO FILOLOGICO DI UN EDIFICIO TARDO RINASCIMENTALE RICCO DI AFFRESCHI E IL SUO RIUSO COME STRUTTURA RECETTIVA E DI RISTORAZIONE, NEL CONTESTO DEL PARCO NORD

Progetto di: Giancarlo Marzorati, architetto

Si trova vicino al limite tra Milano e Sesto San Giovanni, presso una delle direttrici stradali più densamente trafficate d’Europa: quella che porta dalla capitale lombarda verso la Brianza: verso il nord. Una zona propinqua allo snodo industriale tra i più imponenti dal secondo dopoguerra in poi: qui accanto sorgevano i complessi delle acciaierie Falck, gli impianti metallurgici e meccanici della Breda, il vasto agglomerato Pirelli. E quando ferveva la produzione industriale ed erano in piena attività gli altiforni e a frotte giungevano gli operai ai cambi di turno segnalati dal lungo ululare delle sirene, quando l’industria aveva totalmente soverchiato la campagna che restava sbrindellata in cumuli di cespugli inospitali arruffati, come se la natura si vendicasse aggiungendo un disordine tutto proprio all’affannosa invasione dei muri anonimi delle fabbriche, Villa Torretta era scomparsa. C’erano ruderi dai tetti sfondati, finestre vuote e mute, muri pericolanti, e la torre che dà il nome al sito pareva in attesa del crollo definitivo: l’edificio non aveva alcun volto, a guardarlo nessuno avrebbe potuto dire con esattezza a quale epoca si dovesse la sua costruzione, a quali accidenti si dovessero i suoi crolli, in quale momento si collocasse il suo Abbandono.
Ma poi questo brano di città ha cominciato a cambiare: a partire dagli anni Ottanta del XX secolo il volume di attività delle fabbriche si è ridotto. Negli anni Novanta è cominciata la migrazione degli impianti e le vaste aree circoscritte da muri si sono liberate: lo sguardo ha potuto spaziare là dove c’erano in precedenza allineati gli assi dei vagoni ferroviari o le possenti strumentazioni con cui le acciaierie mobilitavano i loro lavorati. S’è aperto un nuovo panorama e quella che era periferia industriale è diventato un nuovo centro urbano a vocazione residenziale e commerciale.
Nei fazzoletti di campagna ormai restati interclusi dall’espandersi degli abitati è stato insediato, a presidio della natura assediata, il “Parco Nord” in cui si sono allineati nuovi filari di alberi, laghetti, percorsi ciclopedonali. E in questo nuovo panorama di zona naturale protetta tra Milano, Sesto e Cinisello, il relitto di ViIla Torretta è rimasto in un singolare stato di abbandono. Allora, alla fine degli anni ‘80, è partito il suo restauro.

E da quei muri sbocconcellati e sfiancati, da quei tetti sfondati da cui sembrava potessero provenire solo gemiti e lamenti, s’è dipanato un racconto nuovo, che e splendente, di una dimora di campagna dai natali illustri, sorta accanto a una rinomata fonte campestre alla quale si sarebbe fermata la regina Teodolinda nel VI secolo.
Come fantasmi emergono storie che raccontano come qui sorgesse una postazione militare relativa al vicino castello della Bicocca…
Al di là delle leggende, la solida verità impressa nelle pietre rivela alle indagini conoscitive, svolte prima di dar luogo al restauro, che l’edificio attuale di Villa Torretta risale alla seconda metà del ‘500, con un impianto a due corti (triportici) aperte verso ovest: una rustica, l’altra signorile, con la torretta che domina questa seconda, presso lo snodo che si prolunga verso est nell’oratorio di Santa Margherita, una cappella gentilizia totalmente affrescata all’interno. Ma di affreschi sono ricchi tutti gli interni della villa: tanto che per procedere ai restauri tali opere pittoriche sono state tutte strappate e riposte in attesa della ricostruzione dei tetti e del risanamento dei muri, per essere poi riposizionate una volta che le strutture ammalorate sono state risanate e ricondotte a una condizione di sicurezza. La villa che oggi conosciamo costituisce quindi il recupero dell’edificio tardo cinquecentesco concepito da Delia Spinola Anguissola come “luogo di piaceri e di delizie”, secondo quel che recita una lapide.

GIANCARLO MARZORATI
Tra i più prolifici progettisti attuali, è autore tra l’altro della torre che su Viale Monza segnala a chi arriva da Milano l’ingresso a Sesto San Giovanni, e di un progetto per erigere come segni simbolici quattro nuove porte urbane ai quattri punti cardinali.
Tra le altre opere: gli Auditorium di Milano e Bologna, vari multicinema a Melzo, Sesto S. Giovanni, Milano, Mediapolis a Sesto, Santa Monica a Segrate, il parco termale di Pescantina. (Giancarlo Marzorati, “Oltre la forma”, Di Baio Editore)

Era sede di feste e balli, giostre e tornei, “frequentata dalla gioventù lombarda che cercava svago tra gli alberi del suo grande parco, nelle sue stanze e saloni le candele rimanevano accese fino a tarda notte”, come è scritto in Villa Torretta (Moretti & Vitali Editori, 2002). La storia del luogo è tracciata da Simonetta Coppa: “Villa Torretta è una prestigiosa residenza gentilizia suburbana riedificata sull
’area di una precedente costruzione, forse fortificata, di epoca medievale. Autrice di tale trasformazione…
fu la contessa Delia Spinola Anguissola, figlia del genovese Leonardo Spinola, a Milano dal 1546 come uomo di fiducia del ricchissimo banchiere Tommaso Marino…”.
La tradizione gentilizia instaurata dalla contessa fu continuata dai successivi proprietari della villa: i Marino prima e poi i d’Este, i Serbelloni, i Busca Arconati Visconti, i Sala Cabiati: finché nel Novecento non fu degradata a edificio rurale, quindi dormitorio per le maestranze della vicina Breda, per terminare nell’abbandono e nella decadenza, dovuta anche agli effetti di un bombardamento subito nella Seconda guerra mondiale.
Nel riferirne i pregi artistici, la Coppa ricorda che “l’imponente Salone degli Stemmi, articolato in due piani come l’attiguo Salone dei Paesaggi, esibisce un fregio continuo in cui lo stemma imperiale si affianca agli stemmi dei Marino, di Grimaldi, degli Spinola, dei Lomellini, degli Anguissola, dei Visconti Borromeo, dei Serbelloni in una rassegna araldica… Nel Salone dei Paesaggi un analogo fregio racchiude vedute di città e paesaggi… I restauri hanno fatto affiorare decorazioni pittoriche in altri ambienti… (quali) il loggiato al piano nobile dell’ala occidentale… e una deliziosa saletta affrescata con scene di caccia e di vita eremitica. Queste si pongono in relazione con il gusto per i paesaggi fiamminghi o ‘alla fiamminga’ diffuso a Milano nei primi decenni del Seicento”.
E quanto agli autori, tutto fa pensare alla bottega dei Procaccini.

Il loggiato al “piano nobile” di Villa Torretta.
I soffitti a cassettoni sono stati totalmente recuperati, ove necessario ricostruiti. Il loggiato è stato chiuso da una vetrata che permette di mantenere i rapporti visuali e le prospettive dell’edificio originale pur proteggendo il clima interno dell’albergo in cui, con l’opera di restauro, è stata trasformata la villa. A sinistra, dall’alto: vista dello stesso loggiato durante i lavori, dalla prospettiva inversa; il porticato che definisce
su tre lati a corte principale della villa; vista esterna di un’ala della villa prima del recupero; le strutture metalliche servivano per mantenere in sicurezza i muri a rischio di crollo. A destra, dall’alto: le zone del sottotetto, dopo il recupero.
Le parti in legno sono state tutte risanate o sostituite.
Le porzioni di muro esistenti sono state risanate e tenute a vista.
Una camera da letto al piano alto, dalla quale si gode il panorama del Parco Nord.

L’imponente apparato pittorico che allegra le pareti era rimasto totalmente nascosto dall’intonacatura ed è riemerso solo con gli interventi restaurativi, curati dall’arch. Giancarlo Marzorati, che spiega: “Il progetto di recupero di Villa Torretta ha tenuto conto della necessità di valorizzare ciò che l’edificio offriva, senza trasgredire la sua qualità estetica, architettonica e storica. Un intervento corretto filologicamente, che non doveva stravolgere o annullare ciò che le murature preesistenti offrivano, con tutto l’imbarazzo che si prova quando si operano interventi di questa portata…
Villa Torretta è ora diventata una struttura pienamente recuperata nei suoi diversi aspetti, con la sua ‘parte nobile’ valorizzata in modo da offrirsi anche alle visite del pubblico e di tutti coloro che sono interessati a conoscere e scoprire questo prezioso complesso edilizio”.

Ma il recupero dell’edificio storico, con i suoi loggiati e triportici, con i suoi affreschi e i suoi saloni, ha fatto sì che ora il luogo sia usabile appieno: per l’accoglienza, la ristorazione, per lo svolgimento di convegni: e “le parti nuove – riferisce Marzorati – non sono elementi aggiunti gratuitamente, ma ricostruzioni di parti crollate.
La zona di ristorazione è la ricostruzione del vecchio fienile. Abbiamo voluto proporre le linee delle sagome volumetriche precedenti, ma con le funzioni di adesso.
La sala congressi è invece del tutto nuova ma completamente interrata, per non produrre un ingombrante impatto rispetto alla sagoma dell’ex cascina”. (L.S.)

Il salone al piano terra ha conservato tutto il sapore della dimora patrizia dotata di ambienti riservati alle feste e ai grandi incontri sociali. In questo salone (foto sopra) pare che la contessa Delia desse i suoi ricevimenti: ora la suite è dedicata al suo nome.
Si notano nel fascione superiore pitture a tromp-l’oeil con motivi architettonici e oblò che aprono su scene di carattere mitologico, di gusto tipicamente barocco.
Accanto alle stanze di Delia, ecco altri ambienti (a lato) che si ritiene fossero riservati al consorte, conte Gerolamo Marino.
Tali ambienti affacciano sul triportico.
Gli affreschi sono in parte andati perduti, ma conservano nel complesso il vigore delle rappresentazioni geometriche e a grottesche, con tromp-l’oeil di ampio respiro.

Oltre al consolidamento dei muri esistenti e alla ricostruzione di parti mancanti (a partire dai tetti) un aspetto centrale dell’intervento è stato il recupero dei molteplici affreschi nascosti sotto strati di intonaco. Questi sono stati strappati e riposti in luogo sicuro sino al completamento del risanamento dei muri, quindi riposizionati.
La ricollocazione delle pitture murali è stata realizzata in modo tale da consentire la loro migliore conservazione per il futuro.

Questo ha comportato una serie di accorgimenti di carattere architettonico (dagli impianti di riscaldamento a quelli di illuminazione) e più propriamente collegato alle opere artistiche: prima della ricollocazione delle pitture, sulle pareti è stato applicato un rivestimento di vetroresina a mo’ di intercapedine isolante.

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