Verso il IV Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona

Verso il IV convegno Ecclesiale Nazionale di Verona, 16-20 ottobre 2006

La nuova missionarietà, alla quale è chiamata la Chiesa italiana in tutte le sue articolazioni, a partire dal suo nucleo fondamentale: la parrocchia. Ne parla S.E. Mons. Giuseppe Betori, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana in questa intervista, in cui non manca di evidenziare anche l’importanza dell’arte e dell’architettura come espressione significativa della fede.

Qual è il volto della Chiesa in Italia oggi?
In che modo ci si sta preparando al prossimo Convegno Ecclesiale Nazionale di Verona del prossimo ottobre?

La Chiesa italiana di oggi è una Chiesa innanzitutto che non si rinchiude in un’introversa difesa della propria identità, ma vuole spendersi dentro la storia. È una Chiesa che è innamorata del suo Signore, che osa pensare in termini progettuali per promuovere percorsi nuovi che aiutino a incontrare Cristo e a diventare ogni giorno cristiani. Quando parlo così penso alle grandi linee pastorali che ci hanno guidato in questi decenni fino ad oggi: “Evangelizzazione e sacramenti”,“Comunione e comunità”, “Evangelizzazione e testimonianza della carità”, “Comunicare il Vangelo in un mondo che cambia”. Dietro questi orientamenti c’è una precisa consapevolezza dell’urgenza dell’evangelizzazione, un asse di sintesi attorno al quale le nostre comunità si sono protese per rinnovare educativamente il loro volto alla scuola del Concilio.
S.E. Mons. Giuseppe Betori

In questo senso va anche letta l’attenzione tutta nuova data al primo annuncio e la diversificazione in atto delle proposte legate all’annuncio e all’iniziazione cristiana, come anche la sempre più pregnante pertinenza dei diversi itinerari di fede promossi da associazioni e movimenti ecclesiali. Il cammino della comunità ecclesiale in Italia verso Verona si colloca all’interno di questa dinamica e, in particolare, all’interno di una coscienza di Chiesa che esige di impegnarsi sul fronte di una più chiara identità della fede e su quello di un più coraggioso slancio missionario. Al convegno ecclesiale di Palermo, nel 1995, si chiese un salto di qualità congiungendo una più intesa spiritualità e una più coraggiosa presenza di Chiesa nelle vicende della storia: contemplazione e missione, appunto.

In che modo annunciare Cristo in un contesto di sempre maggiore secolarizzazione?
Vorrei anzitutto chiarire che quando parliamo di missionarietà non intendiamo dire che la Chiesa sia una presenza minoritaria nel nostro Paese. La Chiesa italiana è presenza viva nella cultura diffusa tra le genti. Se questo spesso non appare è perché tale presenza è spesso fortemente negata, però, dalla cultura pubblica. Ci troviamo infatti a doverci confrontare con una cultura pubblica che, dimentica delle radici cristiane, si contrappone, talora con superficialità altre volte con supponenza, a tali radici. Questo accade nelle forme più esplicitamente nichilistiche, negando cioè – in sede culturale e di costume – ogni riferimento trascendente; come nelle forme politicamente più divulgate, richiamandosi a qualche parziale e dunque inaccettabile carta di valori. È in questa visuale che ci sentiamo particolarmente impegnati nel rivendicare il patrimonio di fede cristiano, come fattore culturale ineliminabile dall’identità del nostro popolo (arte e architettura nei secoli ne sono un segno difficilmente negabile!); e nel riproporne la vitalità oggi, come apporto
da tutti condivisibile di piena umanizzazione per la persona e per la società. In questo contesto sociale, fondamentale è la parrocchia, che nei secoli ha permesso alla comunità cristiana di radicarsi nel tessuto della vita della gente.
Ma anche oggi le potenzialità dell’istituzione parrocchiale sono ancora molto ampie. La parrocchia, in particolare, è in grado di accogliere e di attuare quella grande svolta che va sotto il nome di conversione missionaria della nostra pastorale. La parrocchia italiana costituisce un insostituibile patrimonio, che non può essere abbandonato a se stesso,
né può essere svalutato. Proprio la ricchezza della “rete” parrocchiale è una di quelle caratteristiche che rende l’esperienza della Chiesa italiana di particolare rilevanza agli occhi di tanti cattolici nel mondo. La stessa figura delle nostre chiese parrocchiali e delle loro pertinenze ha da sempre costituito un perno del territorio e tale deve continuare ad essere.

A partire da questi contenuti di fondo come è possibile comprendere il tema del prossimo Convegno Ecclesiale?
Nel titolo stesso del IV Convegno Ecclesiale Nazionale “Testimoni di Gesù Risorto, speranza del mondo” emergono i quattro elementi che ne costituiscono la struttura di fondo: la persona di Gesù, il Risorto vivente in mezzo a noi; il mondo, nella concreta svolta culturale di cui noi stessi siamo protagonisti; le attese di questo mondo, che il Vangelo apre alla speranza che viene da Dio; l’impegno dei fedeli cristiani, in particolare dei laici, a essere testimoni credibili
del Risorto mediante una vita rinnovata e capace di rinnovare il mondo.
Nel tema del Convegno di Verona è possibile inoltre intravedere tanti altri significati come l’importanza della comunicazione del Vangelo, intesa come modulazione della decisa missionarietà chiesta dalla condizione presente in termini di vera e propria “conversione pastorale”; la prospettiva della speranza, in cui si evidenzia che il Vangelo è sì risposta alle contraddizioni, ai bisogni e alle attese dell’uomo contemporaneo, ma soprattutto opera una radicale novità nel vissuto dei singoli e, per loro tramite, della società; la necessità di dare un contenuto sostanziale al riferimento alla coscienza personale e all’ethos collettivo, individuando tale contenuto nell’evidenziare il di più di libertà che il Vangelo dona all’uomo e che ne è ragione di credibilità (e questo in cinque ambiti dell’esperienza elementare dell’uomo: gli
affetti, il lavoro e la festa, la tradizione, la fragilità creaturale, la cittadinanza); mostrare come il fondamento ultimo
di questa progettualità evangelica, che si incarna nella vita del fedele cristiano nel mondo, è costituito non da un’idea ma da una persona, Cristo Gesù; per dirlo con le parole di Giovanni Paolo II: «No, non una formula ci salverà, ma una Persona, e la certezza che essa ci infonde: Io sono con voi!» (NMI, 29). Su questo le nostre comunità stanno riflettendo in questi mesi e a Verona speriamo di poter cogliere ricchi frutti da questa condivisione di esperienze e prospettive.
Ne va del cammino della Chiesa italiana per i prossimi anni.

Vincenzo Grienti
Collaboratore, Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali CEI

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