Un’estetica senza barriere


La qualità architettonica assume nuove vesti. Un tempo la si riconosceva quasi solamente nell’impatto estetico del progetto: oggi a questo si associano tante altre considerazioni che riguardano aspetti quali il risparmio energetico, la durata nel tempo, la manutenibilità – argomento che è stato ampiamente discusso a Napoli (12-14 marzo 2009) nel convegno convocato dalla CEI attraverso il Servizio Nazionale Edilizia di Culto diretto da Don Giuseppe Russo. L’intervento di Don Enzo Barbante, che riportiamo qui a lato, definisce alcuni aspetti principali del problema. Ma, oltre all’efficienza energetica e alla durabilità, un punto saliente della progettazione contemporanea è l’esclusione delle barriere architettoniche. Le grandi scalee erano elemento di pregio, soprattutto delle chiese principali: preparavano l’ingresso, lo elevavano al di sopra del piano delle piazze e delle strade, conferivano un tono di aulicità, sottolineavano l’appartenenza a una dimensione “altra” dell’edificio sacro.
È vero, anche oggi l’effetto è questo: ma bisogna abbattere le barriere architettoniche. Ecco dunque che rampe e ascensori, esterni o interni, divengono i nuovi ingredienti per un progettare che tenga veramente conto dell’abitabilità e fruibilità degli edifici. Non mancano i progetti che con evidenza dimostrano come una rampa o un ascensore sono
anche occasione di bellezza. Perché l’arte dell’architettura ha sempre saputo contemperare bellezza e funzionalità: non è un’arte astratta, ma radicata e finalizzata. Nel progetto delle chiese contemporanee, e nella conservazione
di quelle antiche, questi aspetti devono rientrare: in modo armonico, ricco di quella dignità e di quel decoro che soli si attagliano all’edificio dedicato al culto cristiano.

Il viale di accesso alla nuova Cattedrale di Oakland.
(Foto Timothy Hursley)

Perché se “la bellezza salverà il mondo”, come tanto si è citato Dostoevskij in questi anni, è vero che lo salverà solo una bellezza non autoreferenziale, ma capace di rispondere ai bisogni reali. Tra questi, la pari dignità di ogni individuo: mamme con bimbi piccoli, persone anziane con difficoltà di movimento, diversamente abili: tutti devono accedere con eguale agilità alla chiesa, che è casa aperta a tutti i fedeli, che tutti accoglie con eguale abbraccio.
Nello svolgere queste considerazioni, appare significativo l’esempio della nuova cattedrale di Oakland in California.
Progettata da Craig Hartman dello studio Skidmore Owings & Merrill, è un esempio cui guardare con rispetto. Perché è stata studiata nel rispetto dell’ambiente (dall’uso di scarti di combustione per la composizione del cemento, al legno in funzione strutturale, allo studio dei flussi d’aria interni per massimizzare il condizionamento naturale). È un esempio di tecnologia avanzata applicata all’equilibrio ambientale, in un contesto in cui il segno architettonico diventa evidenza eloquente. La cattedrale era un tempo l’edificio più imponente ed elevato della città ma oggi non è più così: la nuova cattedrale di Oakland non compete con i vicini grattacieli, ma tra questi disegna un campo di pace in cui si eleva come una gemma ricca di significato, in ciò distinguendosi e rendendosi riconoscibile, pur essendo composta secondo un disegno di forte contemporaneità.
Non solo: è un progetto corale cui hanno partecipato decine di specialisti: architetti, impiantisti, paesaggisti, tecnici dell’acustica e dell’illuminazione, strutturisti, grafici… Dal disegno d’insieme al dettaglio, tutto è stato studiato con precisione. Un esempio di azione coordinata in cui le specialità di ognuno si sono armonizzate con quelle degli altri, superando così uno dei limiti da sempre attribuito alla contemporaneità: l’eccessiva specializzazione che fa perdere la visione dell’insieme. La specializzazione, se posta al servizio di un’opera corale (come quelle realizzate nel Medioevo) diventa fattore di ricchezza e non di limitazione.

Giuseppe Maria Jonghi Lavarini, architetto

La nuova cattedrale di Oakland offre il destro per nuove riflessioni sul ruolo della chiesa contemporanea nel contesto urbano, che tengano conto dei cambiamenti intervenuti nel tessuto urbano e nella Chiesa stessa. Nell’era di Internet, invitiamo gli studiosi, i professionisti, gli appassionati a esprimere la loro opinione su questo edificio, inviandola a <chiesaoggi@dibaio.com>.
I commenti pervenutici verranno proposti nel sito <www.chiesaoggi.it>, in uno spazio creato per una discussione aperta, visibile da chiunque nel sito, che contribuirà a fare crescere la consapevolezza critica e progettuale della chiesa contemporanea.

LA QUALITÀ È RISPARMIO

Don Vincenzo Barbante dirige l’Ufficio Amministrativo della Diocesi di Milano ed è membro del Comitato Nazionale per l’Edilizia di Culto della CEI. La sua testimonianza attiene al problema trattato nel convegno CEI di Napoli sulla manutenzione degli edifici di culto.
Gli investimenti nel settore immobiliare sono quelli più cospicui per la Diocesi di Milano e corrispondono circa alla metà delle risorse raccolte dai fedeli. Ogni anno abbiamo in corso tra nuove costruzioni, restauri e ristrutturazioni, un totale di circa 400 progetti che comportano una spesa che oscilla tra 80 e 120 milioni di euro. Data l’importanza delle cifre, la
loro amministrazione richiede saggezza e oculatezza.

È importante che il legittimo desiderio di evitare grosse spese non porti a ottenere l’effetto contrario – cosa che purtroppo avviene spesso quando ci si illude di spendere il minimo possibile, di appaltare i lavori a costi che appaiono bassi sulla carta ma che poi, alla prova dei fatti si rivelano impraticabili perché l
ievitano nel corso delle opere che spesso finiscono per avere un costo finale ben superiore a quanto sperato, a volte con aggravi che superano il 50%. Come ovviare a questo inconveniente? Occorrono preventivi studiati a fondo, da professionisti qualificati, che tengano conto di tutte le variabili possibili e si impegnino con competenza a realizzare opere che non solo rientrino nel bilancio, ma di qualità tale da evitare eccessi nelle future spese manutentive.

Don Vincenzo Barbante

I preventivi vanno elaborati in tutti i dettagli e i lavori vanno monitorati con costanza e competenza: in questo modo a Milano riusciamo a contenere a un massimo del 3% gli incrementi di spesa nei circa 40/50 interventi di cospicua entità che controlliamo ogni anno. È la dimostrazione che è possibile ottenere un vero risparmio.
Per quanto riguarda la realizzazione di chiese nuove, questo non vuol dire rinunciare alla qualità architettonica: al contrario. Abbiamo studiato un sistema di concorsi a invito per i quali, così come avviene per i concorsi nazionali indetti dalla CEI, invitiamo un numero ristretto di professionisti qualificati e richiediamo un lavoro di équipe con artisti, tecnici specialisti e non solo, anche il coinvolgimento delle comunità in un ampio dialogo, così che la nuova chiesa sia da loro
pienamente acquisita, e non giunga come qualcosa di estraneo alla vita parrocchiale.

Don Vincenzo Barbante

 

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