Un’architettura – open space anni ‘30 aperta verso la natura. Asse elio-termico, finestra continua, spazio aperto e mancanza di elementi decorativi sono le caratteristiche di questa architettura d’interni. Uno dei primi esempi esistenti in Italia di architettura “razionalista” basata sulla funzione. Progetto e realizzazione di: Luigi Vietti Questa è la prima villa realizzata dal famoso architetto “razionalista” Luigi Vietti. Eravamo nel 1931 e Le Corbusier in Francia e il Bauhaus in Germania avevano da poco posto le basi per un nuovo modo di concepire e vivere la casa: non più come luogo decorativo di rappresentanza, ma come “macchina per abitare” costruita in modo funzionale come un’officina. In questo nuovo tipo di abitazione gli oggetti dell’arredamento vengono pensati come strumenti prodotti in serie dall’industria, in materiali duraturi come il cuoio e l’acciaio. La finestra continua si apre a fisarmonica. La struttura della villa e tutti i mobili al suo interno sono stati progettati all’inizio degli anni ‘30 dall’arch. Luigi Vietti e realizzati da un benemerito falegname di Ornavasso sul Lago Maggiore. Nella villa solo una parete è in grossi blocchi di pietra a vista, il resto è foderato di legno. In tale involucro i mobili caldi e morbidi creano un’atmosfera accogliente, di forte carattere, che si contrappone alle rudezze alpine del paesaggio che “entra” dalle grandi vetrate. Ascoltiamo la testimonianza diretta di Luigi Vietti rilasciata durante un’intervista. “Sì, questa è la prima villa che ho realizzato, proprio all’inizio della mia carriera di architetto; fu fatta per un parente, il fratello di mia madre, lo zio Giacomo Tagliavacche. Aveva un terreno che guardava verso la valle di Domodossola e i Corni di Nibbio, con al centro un piccolo pianoro; riuscii a convincerlo che sarebbe stato bello avere in quel punto una casa molto aperta dove la natura entrasse dentro, secondo le idee di allora “all’avanguardia” di cui ero un acceso sostenitore. Per ragioni contingenti doveva essere una casa piuttosto economica; allora ho progettato un piano terra in muratura e un primo piano interamente in legno, costruito in laboratorio e poi montato. Ci servimmo di un falegname di Ornavasso che me lo fece vedere completo prima di smontarlo e trasportarlo: erano i primi tentativi di prefabbricazione totale con tutti gli impianti già predisposti all’interno delle pareti, ma su scala artigianale anziché industriale. Gli spessori erano minimi, ma molto ben coibentati con la lolla di riso (uno scarto di lavorazione di questo cereale) che una volta pressata in pannelli rendeva le pareti isolate sia dal freddo che dai rumori. Ma la novità che fece scalpore fu la finestra continua completamente apribile a fisarmonica che rendeva comunicanti gli interni con gli esterni.” Tutti i mobili sono su disegno eseguiti da maestri artigiani. Già allora, con settant’anni di anticipo, Vietti faceva della bioarchitettura utilizzando legni lisci non trattati ma lucidati a cera. I montanti delle sedie, leggermente ricurvi, sono stati cercati nell’ambiente per essere il più naturali possibile. Allora c’era un’esigenza di verità per cui i materiali dovevano apparire per quello che erano e svolgere la funzione che dichiaravano. Un’architettura nel segno dell’ecologia
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