Una villa che precorre i tempi


Un’architettura – open space anni ‘30 aperta verso la natura.

Asse elio-termico, finestra continua, spazio aperto e mancanza di elementi decorativi sono le caratteristiche di questa architettura d’interni. Uno dei primi esempi esistenti in Italia di architettura “razionalista” basata sulla funzione.

Progetto e realizzazione di: Luigi Vietti
Testo di: Walter Pagliero
Foto di: Roberto Martelli

Questa è la prima villa realizzata dal famoso architetto “razionalista” Luigi Vietti. Eravamo nel 1931 e Le Corbusier in Francia e il Bauhaus in Germania avevano da poco posto le basi per un nuovo modo di concepire e vivere la casa: non più come luogo decorativo di rappresentanza, ma come “macchina per abitare” costruita in modo funzionale come un’officina. In questo nuovo tipo di abitazione gli oggetti dell’arredamento vengono pensati come strumenti prodotti in serie dall’industria, in materiali duraturi come il cuoio e l’acciaio.
Tutto questo era stato entusiasticamente assorbito dal neo-architetto Vietti: è naturale che alla sua prima commissione cercò di mettere in pratica il più possibile quanto aveva appreso; solo che in Italia c’era l’autarchia
voluta da Mussolini e le industrie non si erano ancora attrezzate per produrre il mobilio d’appartamento.
C’erano in Lombardia degli ottimi artigiani di grande tradizione (si pensi ai mobili neoclassici) e Luigi Vietti si
vide costretto a rivolgersi a loro per realizzare in legno le nuove forme pensate per l’acciaio. Per sua fortuna il verbo razionalista non era solo un modo innovativo di costruire legato all’industria, era anche una sintassi di forme simboliche della modernità, e quelle si potevano benissimo tradurre in oggetti realizzati artigianalmente. Per cui gli interni di questa villa sono “up to date” dal punto di vista del nuovo stile rivoluzionario, anche se dietro le apparenze s’indovina un modo più tradizionale di concepire il mobile che risale al Maggiolini. Questo fatto straordinario rende gli interni di questa villa un unicum nella storia dell’arredamento moderno: va dato merito ai suoi proprietari per averli conservati in maniera esemplare. Il sapore “legnoso” che ne deriva dà all’insieme un carattere molto più morbido e italiano; ed è partendo da queste premesse che nel decennio successivo Luigi Vietti creerà lo “stile cortinese”.

La finestra continua si apre a fisarmonica.

La struttura della villa e tutti i mobili al suo interno sono stati progettati all’inizio degli anni ‘30 dall’arch. Luigi Vietti e realizzati da un benemerito falegname di Ornavasso sul Lago Maggiore.

Nella villa solo una parete è in grossi blocchi di pietra a vista, il resto è foderato di legno. In tale involucro i mobili caldi e morbidi creano un’atmosfera accogliente, di forte carattere, che si contrappone alle rudezze alpine del paesaggio che “entra” dalle grandi vetrate.

Ascoltiamo la testimonianza diretta di Luigi Vietti rilasciata durante un’intervista. “Sì, questa è la prima villa che ho realizzato, proprio all’inizio della mia carriera di architetto; fu fatta per un parente, il fratello di mia madre, lo zio Giacomo Tagliavacche. Aveva un terreno che guardava verso la valle di Domodossola e i Corni di Nibbio, con al centro un piccolo pianoro; riuscii a convincerlo che sarebbe stato bello avere in quel punto una casa molto aperta dove la natura entrasse dentro, secondo le idee di allora “all’avanguardia” di cui ero un acceso sostenitore. Per ragioni contingenti doveva essere una casa piuttosto economica; allora ho progettato un piano terra in muratura e un primo piano interamente in legno, costruito in laboratorio e poi montato. Ci servimmo di un falegname di Ornavasso che me lo fece vedere completo prima di smontarlo e trasportarlo: erano i primi tentativi di prefabbricazione totale con tutti gli impianti già predisposti all’interno delle pareti, ma su scala artigianale anziché industriale. Gli spessori erano minimi, ma molto ben coibentati con la lolla di riso (uno scarto di lavorazione di questo cereale) che una volta pressata in pannelli rendeva le pareti isolate sia dal freddo che dai rumori. Ma la novità che fece scalpore fu la finestra continua completamente apribile a fisarmonica che rendeva comunicanti gli interni con gli esterni.”

Tutti i mobili sono su disegno eseguiti da maestri artigiani.

Già allora, con settant’anni di anticipo, Vietti faceva della bioarchitettura utilizzando legni lisci non trattati ma lucidati a cera. I montanti delle sedie, leggermente ricurvi, sono stati cercati nell’ambiente per essere il più naturali possibile. Allora c’era un’esigenza di verità per cui i materiali dovevano apparire per quello che erano e svolgere la funzione che dichiaravano.

Un’architettura nel segno dell’ecologia

architetto
Nato nel 1903 a Cannobbio sul lago Maggiore, si laurea a Roma nel 1928 dopo aver iniziato gli studi alla
Facoltà di Milano.
In questa doppia formazione è stata vista l’origine della sua bipolarità di interessi: tra rigore razionalista (Milano) e ricerca di rappresentatività
sociale (Roma), a cui va aggiunta l’innata volontà di avere sempre un rapporto armonico con la natura.
Dopo aver progettato edifici pubblici durante il passato regime (sue sono anche tre Case del Fascio), la ricerca di Vietti si dedica principalmente a tre tipologie: la villa di prestigio in pianura, la villa al mare in Costa Smeralda, la villa di montagna a Cortina. In tutti e tre i casi riesce a imporre un suo stile personalissimo.

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