Un recupero stratigrafico

S. PROCOLO A VERONA
L’intera storia della chiesa è stata ritrovata grazie all’accurato scavo archeologico che mette in luce le fondazioni della basilica del V secolo e le tombe dei primi Vescovi veronesi: Eupreprio, Cricino, Agabio, Procolo. Sono state recuperate la chiesa paleocristiana (in parte cancellata dalle strutture romaniche poi rinascimentali e barocche e dagli interventi dell’Ottocento) e le tombe romane e paleocristiane. Gli scavi condotti da Peter Hudson,e il restauro architettonico condotto da Libero Cecchini, evidenziano il percorso storico della chiesa.


Il restauro si è proposto di conservare le testimonianze archeologiche e architettoniche di ogni epoca rispettando tutto ciò che era stato trovato e rendendolo compatibile con una moderna funzionalità. A Verona, nella periferia della città romana si estendeva una vasta area cimiteriale alla quale appartenevano il sagrato di S. Zeno e la vicina chiesa di S. Procolo che rappresentano il fulcro archeologico e paleocristiano del luogo. E’ a partire dal V secolo che sulle tombe dei primi Vescovi, qui conservate, viene costruita una basilica, primo luogo di culto cristiano a Verona, i cui resti sono apparsi durante i lavori di scavo archeologico in occasione del restauro della chiesa di S. Procolo. In passato più volte si erano ipotizzate preesistenze paleocristiane, ma soltanto ora vengono dimostrate grazie agli accurati lavori di scavo che hanno messo in luce le fondazioni della basilica del VI secolo. Si è constatato, inoltre, che la cripta fu costruita successivamente alla basilica, in sottomurazione dall’interno (muratura costruita sotto alla fondazione preesistente ), ma sicuramente in epoca antecedente alle modifiche avvenute nel periodo romanico. A ulteriore conferma sono state eseguite specifiche analisi chimiche con prelievi delle malte di fondazioni e murature: la presenza o meno di coccio pesto, la quantità di calce e di silicio hanno confermato l’omogeneità di alcune strutture permettendo di distinguere le murature del VI secolo da quelle del XII. La cripta, che s’inserisce in un’epoca intermedia, è caratterizzata da una struttura a tre navate con archi a tutto sesto, volte a crociera costolate, semipilastri lungo i muri perimetrali e negli angoli. Le colonne sono costituite da materiale di spoglio romano e i capitelli sono di genere diverso sia per origine che per tempi di esecuzione. Tipologicamente fa parte di quelle cripte “a sala” costruite nel nord Italia entro la metà del X secolo, elemento questo che conferma la sua comparsa antecedente alle modifiche romaniche.

Una scala consente l’accesso dal livello seicentesco alla cripta romanica restaurata, visibile nella immagine qui sopra. La sua pavimentazione è stata ricostruita con lastre di pietra usurate. Sezione, dopo il restauro; si notino le diverse quote e (a sinistra dell’immagine) la soletta e la scala aggiunte. Vista centrale della cripta restaurata. Oltre che nel recupero artistico degli affreschi, il restauro è consistito anche in un ripristino strutturale. Per far “lavorare” la struttura originaria, all’estradosso delle volte è stata realizzata una cappa di ripartizione in calcestruzzo armato.

Lo scavo ha messo in luce alcune tracce della chiesa romanica che sono evidenti nella soglia, nei gradini di discesa all’aula, nel pavimento, nei gradini di risalita al presbiterio, di discesa alla cripta; le fondamenta della facciata del VI secolo che risultano arretrate rispetto a quella romanica di 6.10 m. A ridosso della facciata romanica, inoltre, sono state rinvenute sepolture longobarde e sotto il livello del pavimento paleocristiano sono stati individuati due strati di tombe romane. Ulteriori tracce indicano un successivo intervento avvenuto nei secoli XVI – XVII nel pavimento della navata che è stato rialzato annullando il dislivello tra navata e presbiterio con conseguente nuovo impianto di accesso alla cripta: venne costruito contro terra verso ovest un muro di contenimento che tuttora rimane conservato, mentre sul fianco destro della chiesa venne edificato un porticato a tre luci con volte a crociera e un piccolo locale adibito a sagrestia. Successivamente però con le trasformazioni che la chiesa subì nel XVIII secolo tale porticato venne tamponato al fine di creare locali per la confraternita del S.S. Sacramento. In quell’occasione la chiesa subì anche una sopraelevazione della copertura. La chiesa di S. Procolo rimase sede della parrocchia di S. Zeno fino al 1806, quando venne adibita ad usi profani e altari e arredi vennero trasferiti nella vicina chiesa di S. Zeno. Soltanto negli anni ’30 S. Procolo sarà presa nuovamente in considerazione per un suo recupero: la scelta fu di riportare la chiesa allo stile romanico. Dopo che nel 1944 venne bombardata, si resero necessari altri provvedimenti: in quella occasione la sopraelevazione settecentesca della copertura venne abbattuta (si scelse ancora di recuperare lo stile romanico demolendo le sovrastrutture posteriori). Anche la facciata subì delle modifiche. In questo modo la chiesa è arrivata fino ai giorni nostri riportando tracce di ogni epoca della sua storia. Nell’affrontare il restauro recente, l’architetto Libero Cecchini spiega che le ipotesi progettuali erano due. La prima consisteva nel ricondurre la chiesa all’epoca romanica. Si sarebbe trattato di recuperare il livello della chiesa romanica e quindi liberare la soglia d’ingresso ricostituendo cinque gradini di discesa, aprire al centro la scalinata verso la cripta e far risalire al presbiterio due scalette laterali. La seconda ipotesi consisteva nel recuperare la chiesa cinque-seicentesca mantenendo il livello attuale dell’aula con discesa alla cripta tramite due scale laterali (di cui sono rimasti dieci scalini originari) e con risalita centrale al presbiterio. Ricondurre la chiesa all’epoca romanica significava occultare le tombe longobarde, romane e il pavimento del VI secolo.

Ripristinare invece la chiesa cinque-seicentesca avrebbe comportato un’ eccessiva ricostruzione storico-stilistica e la parziale chiusura dei due fornici laterali alla cripta che costituivano gli accessi originari più antichi. “La scelta finale – dice l’architetto – è stata quella di conservare testimonianze archeologiche e architettoniche di ogni epoca, rispettando tutto ciò che era stato trovato rendendolo compatibile con una moderna funzionalità, evitando nello stesso tempo di trasformare in un museo uno spazio che è destinato al culto”. Un solaio di copertura dello scavo archeologico che mantiene il livello seicentesco dell’aula, permette la visione dei reperti dalla cripta e un invisibile ma efficace sistema di illuminazione assicura una chiara visione di tutto lo scavo. Tale copertura è una sorta di guscio per i reperti ma nello stesso tempo diviene un nuovo spazio architettonico per la chiesa superiore. Da tale livello si può accedere alla cripta tramite le scale inserite, dove non vi erano reperti storici. In facciata è stato recuperato il rosone seicentesco con l’inserimento di una vetrata istoriata su disegno del pittore R. Marinelli. Il porticato cinquecentesco esterno tamponato, invece, è rimasto tale a testimonianza non tanto artistica quanto storica dell’uso del fabbricato. La cripta è stata oggetto non solo di un recupero artistico degli affreschi ma anche statico. La pavimentazione della cripta, che prima non esisteva, è stata realizzata utilizzando lastre di pietra “usate” del luogo, poste al livello della base delle colonne. La “tessitura” delle lastre rende evidente che si tratta di un intervento moderno. Lo stesso atteggiamento è stato adottato per l’altare della chiesa superiore ricostruito con la famosa pietra verde sulla quale, forse, era originariamente appoggiato il corpo di San Procolo. Anche tale composizione, pur utilizzando materiali antichi, nasce da uno schema progettuale moderno.
Dr. Arch. Michela Scalzotto

Chiesa di S. Procolo a Verona
Indirizzo: P. zza S. Zeno (Verona)
Restauro: Dr. Arch. Libero Cecchini
Indagini archeologiche: Dr. Peter J. Hudson (Cooperativa Archeologica Lombarda)
Restauro affreschi: A. Cottone, E. Bussola
Finanziamento: Cassa di Risparmio di Verona La statua di San Procolo, posta a sinistra dell’altar maggiore.
E’ in pietra tenera di tufo e venne scolpita nel 1392 da Giovanni di Rigino.

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