Un ritorno alla classicità. Segni di immediata comprensione, un’aulicità che non ha paura dell’imponenza. La modernità si manifesta nel taglio geometrico dei volumi, nell’insistenza sulle trasparenze, nel gioco di incastri che movimentano tutto il complesso e danno luogo a richiami ad aspetti antichi, quali la scansione in navate dell’aula, all’antico matroneo. Questo progetto dell’architetto Vega Raffone e degli ingegneri Roberto Di Tommaso, Giuseppe Iodice e Michele Di Tommaso si fonda su un concetto che emerge con immediatezza dalla conformazione trapezoidale del lotto: l’idea di creare un complesso che metta in diretta relazione chiesa, sacrestia, uffici, servizi. Nel settore più ampio del lotto è stata collocata la chiesa, elemento di spicco dell’insieme. Nella parte opposta è stato posto un edificio quadrangolare
L’edificio della chiesa nasce dall’incastro di due volumi, uno a pianta quadrata, alto 5,5 m, l’altro triangolare con altezza variabile da 9 m a 14 m. Questo secondo elemento slitta in avanti dando origine a un atrio coperto, di chiara ispirazione classica, delimitato dalla parete di accesso in travertino e da quattro pilastri rivestiti in tufo, di dimensione variabile per il ricercato parallelismo della facciata con viale Kennedy. Attraverso le vetrate si legge l’incastro dei due volumi triangolare e quadrato.
Tale innesto determina un particolare effetto spaziale che, rivisitando in chiave moderna la classica tipologia a tre navate, propone un modello planimetrico moderno, basato sulla centralità dello spazio assembleare. L’aula è un quadrato di 22 m circa, delimitato sul lato nord dal ritmo di 14 setti murari che delineano nel prospetto finestre a tutta altezza. Qui è posto il percorso della Via Crucis. Altre vetrate sul lato sud segnano lo spazio della cappella eucaristica. Infine grosse finestrature caratterizzano il secondo ordine della facciata principale. Qui è stato ricavato uno spazio che ricorda l’antico matroneo, che si affaccia nell’aula illuminandola dall’alto. Così la luce gioca un ruolo fondamentale nell’architettura: oltre che dai prospetti essa filtra nell’aula dalla copertura triangolare, costituita da quattro solai piani, sfalsati. L’aula è visivamente divisa in tre settori di altezza differente dalla copertura che s’innalza nel triangolo centrale; il che rimanda alla memoria della tripartizione in navate di antica memoria.
La regolarità geometrica dello spazio è interrotta dalla linea sinuosa di un elemento murario che funge da fondale del presbiterio e prosegue nella cappella eucaristica. Così la separazione spaziale di aula e cappella trova sia un incontro visivo grazie alla vetrata trasparente, sia una continuità segnica nel muretto di fondo che, a causa della sua limitata altezza, lascia vedere la dimensione complessiva dello spazio dedicato alla celebrazione. Il disegno delle aree presbiteriali asseconda in controforma lo sviluppo sinuoso della quinta, e ricorda nella sinuosità la forma del pesce: elemento che si ritrova anche nel tabernacolo in memoria del simbolismo paleocristiano.
Lo stesso cromatismo che caratterizza le due aree presbiteriali di chiesa e cappella, si ritrova anche nel fonte battesimale, a evidenziare la continuità sacramentale tra le azioni che tali luoghi rappresentano. Nella parte alta della navata, in corrispondenza dell’altare, trionfa il Cristo, opera dell’ar tista Paul dë Doss Moroder, posto su una vela alta 7,5 m, raffigurazione del sudario. Quattro velette inquadrano un ambiente incavato ove è posto il crocifisso: questo conferisce alla scultura uno slancio verticale che simbolicamente si ricollega alla Risurrezione, così da compiere il percorso della redenzione.
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