Un nuovo rapporto con l’arte

Come nella casa giapponese, le pareti mobili, chiudono e aprono gli spazi, ma qui si tratta di grandi pannelli d’autore.

L’architetto romano Andrea Lupacchini con questo intervento ha dimostrato iche l’arte inserita nell’interior design può non essere un semplice “complemento”, ma risultare a pieno titolo parte integrante della funzione architettonica.“DA SEMPRE, NEI PERIODI STORICI PIÙ FECONDI PER LE ATTIVITÀ CULTURALI, L’ARTE E L’ARCHITETTURA SI SONO FUSE IN UN UNICUM CREANDO AMBIENTI IN GRADO DI COMUNICARE FORTI EMOZIONI. ANCHE OGGI È POSSIBILE PENSARE A LUOGHI MAGICI DOVE SPARISCE IL CONFINE CHE SEPARA LE ARTI FACENDOLE CONFLUIRE IN SPAZI  FORTEMENTE ESPRESSIVI. BASTA PENSARE AGLI INTERNI COME A UN INSIEME SIMBIOTICO E SINERGICO DOVE ARTE E ARCHITETTURA SI UNISCONO ALLA PARI E NON SONO UNA COMPLEMENTO DELL’ALTRA. IN QUESTA ABITAZIONE HO RIPRESO UN CONCEPT DELLA TRADIZIONE ABITATIVA GIAPPONESE, QUELLO DELLA CASA SUDDIVISA DA PARETI MOBILI IN CARTA DI RISO CHE SI APRONO E CHIUDONO PER DARE AGLI AMBIENTI FORME DIVERSE, E HO INSERITO L’ARTE SOTTO FORMA DI GRANDI PARETI INTERAMENTE DIPINTE CHE SCORRONO SU BINARI A SCOMPARSA, IN MODO CHE SPOSTANDOSI NELLO SPAZIO CREANO AMBIENTI ED EMOZIONI DIFFERENTI.”
ANDREA LUPACCHINIANDREA LUPACCHINI, architetto
Nasce a Roma, dove si laurea in Architettura presso l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.
Architetto e designer, si occupa di sperimentazione e ricerca applicata, nella professione e nella didattica, collaborando dal 1992 con le Università di Camerino, Roma “Sapienza” Architettura Ludovico Quaroni, Roma Tre, Istituto Europeo del Design di Roma e Business Innovation Centre Omega di Teramo. Svolge un’intensa attività professionale e di sperimentazione come progettista e consulente di sistemi abitativi industriali.
Centralità del progetto: il progetto si sviluppa su due linee principali di ricerca, una incentrata sul rapporto tra arte e interior design, l’altra orientata a un nuovo modello di spazio abitativo parzializzabile attraverso l’uso di elementi mobili.
Innovazione: la ripresa di un concept della tradizione abitativa giapponese (la casa suddivisa da pareti mobili che aprono e chiudono gli ambienti), utilizzando come pareti alcuni grandi quadri d’autore.
Uso dei materiali: pareti bianche a smalto satinato che contrastano con le larghe doghe rosso chiaro del pavimento in legno. Nei bagni tutto è in resina: pavimenti, pareti, ripiani e sanitari, con gamma cromatica dal bianco al blu e al viola.Qui non si tratta solo di due protagonisti (l’arte e l’architettura) che si alternano alla pari come avviene nel duetto di un melodramma; qui uno dei due si trasforma in una parete, un elemento strutturale perfettamente utilizzabile dall’altro.
Questi quadri/pareti – mobili così integrati nell’architettura risultano avere grandi effetti emozionali che variano in base all’uso o agli eventi che si alternano in una giornata. Con loro è possibile schermare l’ingresso dalla zona living, per dare più privacy e far scoprire a poco a poco lo spazio interno.
O separare la zona pranzo dalla zona living, per dimenticare la cena quando si passa dal cibo alla conversazione. Oppure chiudere i due moduli per isolare un’appartata sala lettura o di ascolto e una comoda camera da letto doppia per gli ospiti. Senza queste pareti dipinte lo spazio risulterebbe meno articolato e scenografico, l’insieme perderebbe il suo fascino caleidoscopico.Nell’attuale temperie del gusto spesso s’inseriscono quadri e sculture per il loro valore decorativo, così l’elemento artistico entra nell’architettura solo come abbellimento. Lupacchini invece sovverte questo modo di concepire il loro rapporto, con i quadri crea diaframmi mobili perfettamente funzionali alla definizione degli spazi. Così, con questo nuovo concetto, l’arte non è più solo un orpello, ma diventa uno strumento materiale.

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