Un loft tra high tec e minimalismo

Tratto da:
Casa Oggi N°275
Un loft tra high tec e minimalismo

A Milano, in un loft di via Mecenate ristrutturato, vive la moderna mecenate Lucrezia De Domizio Durini. Della sua casa dice “il luogo dove abito è una mia precisa scelta culturale. Lo specchio nitido della mia filosofia di vita, la sintesi di un comportamento che gioca un ruolo importante nella mia esistenza.”
In a renovated loft in via Mecenate in Milan, there lives the modern patron Lucrezia De Domizio Durini. Talking about her house, she says: “The place where I live is a precise cultural choice and thoroughly reflects my philosophy of life.”

Servizio/Report: Walter Pagliero Foto/Ph.: Roberto Martelli

Come abita? Per me la casa è come il guscio per la tartaruga. L’abitazione è il teatro della mia vita e al suo interno mi sento protagonista. Tutto l’arredo è complice, immagine e somiglianza della mia personalità. Amo vivere in grandi spazi bianchi e vuoti con tanti libri, musica e lunghi tavoli: un’essenzialità quasi ossesiva. Non mi interessano gli oggetti, detesto i tappeti e le argenterie, preferisco il ferro o il rame, i miei elementi energetici. I fiori e le piante ritengo debbano vivere nella loro nicchia ecologica, non significano nulla averli in casa. L’arredo è “funzione”: la scelta delle luci è molto importante ed utile se si entra nel mio concetto di casa come teatro. I tavoli sono il fulcro della mia abitazione, sono stati creati appositamente per me dall’artista Carlo Ciarli in ferro e legno e sono bellissimi, indispensabili, non potrei vivere in una casa senza un grande tavolo… Se ci soffermiamo per un istante sulle acute implicazioni culturali, simboliche o morfologiche di “tavolo/tavola” noi ci troveremo di fronte a molti significati che occupano l’intera vita dell’uomo: comunicazione, alimentazione, convivenza, procreazione, sensualità… Molti grandi artisti del passato e contemporanei, figurativi o concettuali, hanno rappresentato ed interpretato questo elemento essenziale della nostra quotidianità. Il tavolo è una metafora della vita; i miei tavoli sono il grande Segreto. Il luogo dove abito è una mia precisa scelta culturale lo specchio nitido della mia filosofia di vita, la sintesi di un comportamento che gioca un ruolo importante nella mia esistenza. Sono molto gelosa ed orgogliosa della mia casa e della mia privacy, da questo luogo periferico di apparente estrema solitudine, attraverso i miei libri, invio messaggi alla cultura e parlo a differenti persone che abitano nei luoghi più disparati del mondo. Non mi sento mai sola.
Quanto si è affinato questo suo modo di intendere gli oggetti del quotidiano, dopo la sua frequentazione di Joseph Beuys e il suo gusto della metafora?
Innanzitutto ho imparato ad amare l’arte dagli artisti. Il mio primo educatore è stato Getulio Alviani. Nulla è dato al caso, gli incontri sono predestinazione, l’incontro con Beuys ha cambiato l’intera mia esistenza. Attraverso il pensiero beuysiano ho realizzato tutti quei sogni che da anni erano sopiti nel profondo della mia anima. Joseph Beuys, uno tra i più significativi ed emblematici personaggi della storia dell’arte mondiale del secondo dopoguerra, non ha creato nessun metodo, ma con generosa umanità ha dedicato l’intera sua vita per il miglioramento dei metodi esistenti.

Beuys ha usato l’arte per ricordare all’uomo di amare e rispettare la libera creatività che ogni uomo sul pianeta terra possiede. Pensiamo al grande capolavoro svolto in Italia negli ultimi 15 anni della sua vita con la mia costante collaborazione, Difesa della Natura, intesa non solamente in senso ecologico, ma principalmente in un aspetto antropologico: difesa dell’uomo, della libera creatività, dei valori umani. Non dimentichiamo che nei primi anni ’70, Beuys aveva fondato in Germania il movimento dei Verdi, ma quando questo si strutturò in partito, lui ne uscì. In quel momento che ci siamo incontrati stava lavorando alla creazione della sua monumentale Plastica Sociale, la Living Sculpture, una scultura vivente, fatta di uomini di differenti razze, origini, religioni, culture, discipline, stati sociali ed economici diversi e uniti da una solidale collaborazione sempre nel rispetto della libera creatività umana. Ha usato per modellare la sua scultura sociale quei materiali “invisibili” che l’hanno reso il più grande scultore di anime del XX secolo. Beuys si è sempre espresso attraverso un universo di simboli e, quindi, anche il suo modo di vestire rappresentava un’uniforme di veri e propri segnali: il mitico “Cappello di Feltro” (segno sapienziale), il giubbotto da pescatore (segno di pescatore di anime), il piccolo pezzo di pelle di lepre sul petto (segno della reincarnazione e della metempsicosi), la camicia bianca sempre candida, (segno di pulizia e di trasparenza), i jeans (segno della rivoluzione dei costumi), gli scarponi (segno della dinamicità, del viandante). Beuys ha adoperato il suo gesto, lo sguardo, la parola e persino la sua stessa mitologia per comunicare, per espandere il suo messaggio di amore e collaborazione tra tutti gli uomini della terra. Ripeteva spesso: l’Uomo e la Natura con l’animo riunito ricostruiranno un nuovo mondo. Beuys è stato antesignano e precursore attivo di tutte quelle problematiche sociali, ambientali, politiche, economiche e culturali che ancora oggi dilaniano tutti gli uomini del pianeta terra. Il libretto rosso “Terza Via” stampato allora, ne è la chiara testimonianza. I 4 slogan creati da Beuys sintetizzano tutto il pensiero beuysiano: Tutti gli uomini sono Artisti (tutti gli uomini posseggono energia creativa) – La Rivoluzione Siamo Noi (solo la nostra evoluzione porta alla comprensione del mondo) – Kunst = Kapital (La cultura è l’unica rinascita economica e sociale di una nazione) e la Difesa della Natura, un argomento che mi appartiene totalmente e che tento, con tutte le mie energie e con qualsiasi mezzo, da questo luogo fuori da ogni vacuità, di comunicare ed espandere al mondo nel segno dell’Arte Regale di Joseph Beuys. Quali nuovi progetti per il futuro? Quest’anno ricorre l’80° anniversario della nascita di Beuys e dopo aver costruito la Piazza Beuys nel 1999 e ripristinato il mio palazzo a Bolognano (riallestendo nelle 42 stanze la mia collezione privata nel 2000), attualmente ho impegni in molti paesi del mondo e in Italia vivrò tre magici momenti: Joseph Beuys sarà presente alla Biennale di Venezia; la Repubblica di San Marino produrrà una serie di francobolli in omaggio al Maestro tedesco tratti dal mio archivio fotografico; il prof. Antonio d’Avossa per l’occasione curerà la Mostra Difesa della Natura ed io, in memoria di mio marito, il barone Giuseppe Durini, farò un’importante donazione alla Città di San Marino. Ultimo evento, uscirà il mio 18° libro che considero il mio testamento: Joseph Beuys: Scultore di Anime.

What is the style of your house? I feel my house is like the shell for a tortoise. My home is the scene of my life and I am the main character. Furniture is the mirror of my personality. I love big white and empty spaces with a lot of books, music and long tables: an almost obsessive essentiality. I don’t like knick-knacks, I hate carpets and silver; I prefer iron and copper, my energetic elements. I think flowers and plants must grow in their ecological niche, there is no point in keeping them at home. All pieces of furniture have a function: it is very important and useful to choose light accurately, if you consider my idea of the house being a theatre. Tables are the heart of my home: they were created specially for me in wood and iron by the artist Carlo Ciarli, and they are wonderful, vital, I couldn’t live in a house without a big table… If we consider for a moment the deep cultural, symbolic and morphological meaning of “table”, we will find a lot of meanings concerning all spheres of human life: communication, eating, cohabitation, procreation, sensuality… Many old or contemporary great artists, figurative or conceptual, have portrayed and interpreted this essential element of our everyday life. The table is a metaphor of life; my tables are the big Secret. The place where I live is an accurate cultural choice, the mirror of my philosophy of life and of a behaviour which is the heart of my own existence. I’m very jealous and proud of my house and my privacy. From this peripheral and apparently isolated place I send cultural messages through my books, and speak to different people who live all over the world. I never feel alone. To what extent have you refined your conception about everyday objects after your friendship with Joseph Beuys? And your taste for metaphors? First of all I learnt to love art from artists. My first educator was Getulio Alviani. Nothing happens by pure chance, also meetings are “arranged” and the meeting with Beuys changed my whole existence. Thanks to Beuys philosophy, all my dreams, which had been hidden in my heart for years, have come true. Joseph Beuys, one of the most important and symbolic figures in the world art history of the second post-war period, didn’t create any new method, but he devoted his life to improve the existing ones. Art was his tool to teach people to love and respect the free creativity of the human being. Just think about the project he carried out in Italy in the last 15 years of his life with my constant collaboration, Defence of Nature, which had not only an ecological purpose but rather an anthropological one: the safeguard of the human being, of free creativity, of human values. We should not forget that in the early 1970es Beuys founded the Green Movement in Germany and when it changed into a party, he got out of it. In the period of our meeting, he was working on his monumental creation, the Living Sculpture: it was made up of people of different races, origin, religion, culture, ideology, social and economic status, all united by a feeling of strong collaboration and respect for free creativity. The invisible material he used for his social sculpture made him the major sculptor of souls of the 20th century. He always used symbols to express his ideology which was also mirrored by his way of dressing: the famous “Felt Hat” (symbol of wisdom), the fishing jacket (symbol of a fisher of souls), the small piece of hare-skin on his chest (symbol of reincarnation and metempsychosis), the snow-white shirt (symbol of cleanliness and transparency), the jeans (symbol of the convention revolution), the boots (symbol of dynamism and travelling). Beuys used his gestures, look and words to communicate his message of love and collaboration to mankind. He often repeated: “Man and Nature together will build a new world. Beuys was an active anticipator of all those social, environmental, political, economic and cultural problems that are still affecting our life. The small red book “Terza Via” (Third Way) is a clear evidence of this role. There are four slogans created by Beuys which perfectly summarize his philosophy: “All Men are Artists” (all men have a creative power), “We Are the Revolution” (the evolution of man is necessary to understand the world), “Kunst = Kapital” (only culture can regenerate the economic and social life of a nation) and “Defence of Nature”, a subject I totally share and try to communicate and to spread everywhere from this simple place with all my energy and every means at my disposal. What are your future projects? This year is the 80th anniversary of Beuys’s birthday and after the construction of Beuys square in 1999, and the renovation of my palace in Bolognano in 2000 (where in the 42 rooms I exhibit my private collection), I have some engagements in many countries of the world and in Italy I’ll be involved in three important events: Joseph Beuys’s works will be exhibited at the Biennale in Venice; the Republic of San Marino will produce a series of post stamps in honour of the German master, using my own photos; on that occasion, Professor Antonio d’Avossa will organize the exhibition Safeguard of Nature and I’ll make a donation to the Republic of San Marino to the memory of my husband, the Baron Giuseppe Durini. Finally, my 18th book will be published, which I consider as my last will: “Joseph Beuys: Sculptor of Souls”.

In apertura di servizio l’esterno del loft milanese della Baronessa Lucrezia De Domizio Durini, “da questo luogo periferico di apparente estrema solitudine -afferma la Baronessa- attraverso i miei libri, invio messaggi alla cultura e parlo a differenti persone
che abitano nei luoghi più disparati del mondo”. Nella pagina a sinistra, la camera da letto praticamente senza mobili, tranne il letto ricoperto da una trapunta in tessuto tecnologico e un apparato illuminante degno di uno studio fotografico. Qui a destra, il bagno con grande vasca di Capriotti e una poltroncina metallica di Pallucco del 1986, con struttura in alluminio e catene industriali che, scorrendo, permettono di regolare la concavità della seduta. Nelle pagine precedenti, alcuni ambienti dominati dalle luci di Manfrotto, i divani di Massimo Morozzi per Cassina (ora riediti da Edra), i tavoli disegnati da Carlo Ciarli e le sedie di Fantoni a cui è stata tolta l’imbottitura. L’abito indossato dalla baronessa è un capo significativo di Issey Miyake.
The opening picture shows the outside of the Milanese loft of the Baroness Lucrezia De Dimizio Durini, “From this peripheral and apparently isolated place,” she says, “I send out cultural messages through my books and speak to different people who live all over the world.” On the left page, the bedroom nearly without furniture, except for the bed with a modern quilt made of high-tech fabrics and a lighting fixture that would perfectly fit in a photographer’s studio. On the right, the bathroom with a large tub by Capriotti and a small metal chair by Pallucco, dated 1986, with an aluminium structure and industrial chains to adjust the sitting position. On the previous pages, some rooms with lights by Manfrotto, sofas by Massimo Marozzi for Cassina (now produced by Edra), the tables designed by Carlo Ciarli and chairs by Fantoni without upholstery. The dress worn by the baroness is a typical model by Issey Miyake.

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