Recuperare la storia di un luogo
“Un nuovo giardino in città, che nasce dalla trasformazione in residenza di un lotto occupato da piccoli capannoni industriali e dalle relative pertinenze. Il progetto sviluppa un carattere sobrio, quasi trasparente, lasciando in evidenza l’esuberanza della vegetazione. Un modo per difendere l’identità del luogo e una parte della sua storia più recente. Un minuscolo progetto, reso significativo dall’intelligente collaborazione fra i progettisti e dall’obiettivo di mantenere unitario uno spazio che contenga una frammentazione di proprietà e di usi, e un forte legame col passato.”
Come in molti altri lavori, il carattere distintivo è la ricerca di un intervento in armonia col sito e con le preesistenze architettoniche. Non è stato prioritario lasciare un segno riconoscibile o porre un marchio che potesse ricondurre al nostro progetto: il soggetto è stato posto nel giardino e in chi lo vive. Abbiamo lasciato che questo giardino apparisse casuale, con un disegno morbido e naturale. Un giardino probabile, come fosse il frutto di continue sovrapposizioni, anche casuali. Una sintesi dei numerosi compromessi fra il tempo, le funzioni, l’abbandono e una nuova cura.
Il lotto è disposto a L, con due lati di lunghezza simile. La parte perimetrale del lotto è costruita e la parte centrale rimane aperta. In precedenza il cortile serviva per il carico scarico dei mezzi, il parcheggio, le manovre dei mezzi d’opera e la distribuzione alle varie unità di produzione. Questo è lo spazio del giardino, e come tutti i giardini di città deve curare una serie di aspettative molto rigide. In ordine di importanza le prime sono l’accesso garantito a tutte le unità abitative, sia pedonale che carrabile per i mezzi di servizio e soccorso. Insieme bisogna considerare il rispetto della proprietà privata, che disegna sul terreno una minuta rete di spazi di pertinenza. Con priorità leggermente inferiore viene la ricerca di un carattere per l’ambientazione unitaria e la schermatura dagli edifici attigui. Meno rilevante, ma di grande evidenza, la ricerca delle fioriture scalari e i cromatismi offerti da tronchi, foglie e frutti. Altra premessa indispensabile per capire il giardino sono i fattori genetici dell’esperienza, ovvero un gruppo di architetti che ha avuto il grande merito di credere che un insignificante fazzoletto di terra potesse diventare un giardino. Visto in cantiere, lo spazio si presentava come una risulta, buona per una quindicina di posti auto e qualche siepe. (Purtroppo lo stallo è il metro più realistico per misurare uno spazio urbano).
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Paolo Villa è architetto del giardino e del paesaggio, nato a Milano nel 1958. Da oltre 25 anni coltiva la propria passione per i giardini e il paesaggio come progettista, autore di numerose pubblicazioni sul tema e come docente presso il Politecnico di Milano e diversi prestigiosi istituti di formazione. Insieme a un gruppo di architetti e agronomi, nel 1984 fonda a Milano lo studio AG&P, Architettura dei Giardini e del Paesaggio. Fin dai suoi primi lavori, l’attività dello studio si caratterizza per l’approccio interdisciplinare alla progettazione, per l’originalità e l’equilibrio delle proposte e per la cura dei dettagli. Nei suoi 25 anni di attività lo studio ha curato opere a verde nella maggior parte delle province italiane e in una decina di paesi esteri.
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Dal 2007 Paolo Villa collabora anche con lo Studio SetteRosso di Catania. Dal giugno 2009 è presidente AIAPP, Associazione Italiana di Architettura del Paesaggio. All’interno di AIAPP ha ricoperto alcuni tra i ruoli più importanti e ha partecipato con energia ed entusiasmo alla crescita dell’associazione e alla divulgazione della cultura del paesaggio in Italia. Attività Paolo Villa progetta in vari campi della paesaggistica, che comprendono verde privato, aree residenziali, verde per l’industria e per il terziario, verde pubblico, orti urbani, recupero di aree degradate, analisi paesaggistica, piani del verde. |
Rinunciare a ogni compromesso a favore di un verde confortevole e qualificante è il primo tassello di una scelta forte. Agli architetti Daniele Fiori e Francesco Lorenzelli, dello studio Architetti Associati di Milano, va dunque questo indiscutibile merito. Il secondo tassello è la scelta del paesaggista. In questo caso un pool formato dai progettisti dello Studio AG&P di Milano e da Valentina Forges Davanzati. Terzo tassello il coinvolgimento dei proprietari, che sono stati chiamati ad approvare un progetto molto diverso da quello offerto dal capitolato iniziale. Attribuire a queste fasi la giusta importanza significa non perdere di vista le ragioni che rendono possibile il compiersi di un’opera e che sono spesso più importanti dei disegni stessi. Il progetto assegna un ruolo vincente alla natura. Una Natura che conquista, che risolve, che si riavvicina all’uomo; che si esprime attraverso la vegetazione, ma anche con la pavimentazione, che della vegetazione è complementare. Dovendo riconoscere qualcosa di insostituibile dovremmo indicare proprio la pavimentazione: filo conduttore fra prima e dopo, fra antico e moderno, fra spazio comune e abitazione. Un tappeto di masselli di granito posati a correre in senso trasversale al percorso.
1. Planimetria di progetto. Il cortile – giardino si articola attorno al percorso di servizio. 2.- 3. Ante operam. Il cortile dell’edificio si presenta come uno spazio funzionale privo di qualità estetiche e materiche. 4.- 5. La vegetazione avvolge le abitazioni con un aspetto spontaneo e incolto.
Il materiale è stato scoperto e recuperato a lavori già avviati. Un ritrovamento quanto mai gradito perché esaudiva perfettamente le indicazioni del progetto. In fondo non c’è nulla di strano: si voleva riproporre la pavimentazione più tradizionale e questa esisteva già. A frammenti, sconnessa e sepolta sotto uno strato di asfalto. È stata quindi rimossa con attenzione, ripulita e posata secondo il nuovo disegno e i nuovi livelli. Il bordo delle parti pavimentate è irregolare e sbocconcellato. L’assenza del cordolo di chiusura mette meglio in evidenza la casualità del disegno, mentre la massa della pietra sopporta il peso dei mezzi pesanti con l’aiuto di un sottofondo ben compattato. Nessuna pianta era esistente. La scelta non ha quindi avuto vincoli particolari ed è stata impostata secondo tre livelli decrescenti. Il più alto stabilisce una proporzione fra l’edificato e la città, proponendo un intervento fuori scala. Le piante, nella loro dimensione a maturità, saranno percepite come una protezione verso l’esterno, soprattutto nei confronti degli edifici incombenti. Un cappello di verde che isola e nasconde.
Il secondo livello di vegetazione si pone all’altezza degli occhi e aiuta ad apprezzare i colori, le stagioni, le caratteristiche botaniche degli arbusti. Il livello più basso fornisce informazioni sulla definizione delle proprietà, sul segno dei percorsi, sul rapporto fra la soglia, l’accesso, la pavimentazione e il verde. Un piano che comunica informazioni in modo spigliato, sintetico e gradevole. I residenti possono contare su diversi tipologie di spazi verdi. Il verde condominiale è la parte più massiccia, compone la struttura portante del percorso e alcune adiacenze. Da questo spazio si accede ai giardini, in origine separati e indipendenti. Ora sono stati compresi nel disegno armonico di una soluzione unitaria, senza riportare elementi di recinzione. Il terzo livello è quello del giardino dell’intimità, posto nel cuore della casa. Ogni abitazione è dotata di un patio interno che offre uno spazio piccolo, senza terra, ma di assoluto comfort, dove ogni singolo proprietario ha potuto sbizzarrire la propria fantasia, ricercando il piccolo spazio dei sogni.
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