UN DIALOGO ATTRAVERSO IL TEMPO

Parlando delle chiese contemporanee, sorge sempre il problema dell’adeguatezza formale: della loro “bellezza”. Perché dalla chiesa, edificio in cui l’architettura nel corso della storia ha depositato i più chiari esempi dell’umana forza creatrice, ci si aspetta sempre il massimo.
Com’è noto, nel mondo contemporaneo i rivolgimenti dei percorsi artistici hanno trascinato a volte il progetto dei luoghi di culto verso gorghi e abissi: un eccessivo formalismo ha dato luogo a opere fuori misura; un mimetismo variamente inteso ha portato a realizzare chiese che difficilmente si riconoscono per tali. Forse, in questo aspro cammino che sta seguendo l’architettura contemporanea mentre ancora ricerca una capacità espressiva adeguata per inverare la chiesa dell’oggi, l’attenzione principale dovrebbe essere rivolta proprio al senso della misura.
“Nell’arte, la bellezza deve essere conquistata e l’impresa si presenta sempre più difficile in un tempo in cui il penetrante rumore della dissacrazione – amplificato da Internet – affoga le voci quiete che mormorano al cuore delle cose”.
Così si è espresso recentemente il filosofo ed esteta Roger Scruton (convegno CEI, Dio oggi, 10-12 dicembre 2009, Roma).
“Una risposta – ha continuato – è cercare la bellezza nelle sue forme altre e più quotidiane: delle strade ordinate e dei visi gioiosi, delle forme naturali e dei paesaggi cordiali.”
Il progetto del Prof. Arch. Vittorio Gregotti per la chiesa di San Massimiliano Kolbe, della parrocchiale di Loreto in Bergamo, vincitore della seconda edizione dei Progetti Pilota della CEI, sembra corrispondere a questo orientamento.
Un compito che è stato forse facilitato dalla collocazione felice (spesso le chiese finiscono nelle aree “di risulta”) e dalla vicina chiesa preesistente che, divenuta insufficiente per le necessità dell’accresciuto numero di parrocchiani, resta per le celebrazioni quotidiane e come centrale presenza simbolica.Nelle foto: la planivolumetria del complesso parrocchiale Beata Vergine Maria di Loreto;
la sezione longitudinale (nord-sud); la sezione trasversale. Accanto alla chiesa, sul lato est, si dispongono le opere parrocchiali.
Le due chiese non si fronteggiano assialmente: quella nuova è spostata lateralmente rispetto alla preesistente.
Come ha detto Monsignor Giuseppe Russo, direttore del Servizio nazionale per l’Edilizia di Culto della CEI: “Il volume dell’aula emerge dall’insieme senza enfasi, lasciando alla chiesa esistente il compito dell’eloquenza alla scala urbana. La pianta della chiesa è quadrata. L’edificio è articolato dalla geometria delle figure simboliche del cerchio inscritto nel quadrato.”
Tale figurazione, oltre a riprendere quella della chiesa esistente, si manifesta come una presenza forte: le masse piene dalle facciate petrose danno un deciso senso di gravitas all’edificio e questo, insieme con la carenza di aperture, suggerisce l’immagine del “tempio”.
Ancora, qui la caratterizzazione ecclesiastica è data dalla vicinanza con il vecchio edificio, anch’esso a pianta centrale, contraddistinto dall’alto portale ad arco definito da colonne, e dal vicino campanile. Il nuovo edificio diventa un annesso, un servizio, una conferma. Gli incavi agli spigoli potrebbero farlo leggere come una croce in pianta: ma nessuno lo osserverà mai secondo una prospettiva che possa mettere in luce tale aspetto: semmai tale soluzione serve per articolare meglio le scarne superfici, ritmarle, definirle, renderle più aperte onde non lasciare solo al loggiato frontale il compito di esprimere l’accoglienza. Ma l’invenzione che caratterizza questa nuova chiesa è visibile all’interno: una cupola inversa invade il volume del tamburo e un cono scavato al suo interno si presta come varco al sole meridiano, e inoltre indica la presenza di qualcosa al di là del muro: oltre la piazza (la vecchia chiesa), ma anche oltre il confine materiale delle pareti e del tetto, in ciò sublimando l’immagine della luce come metafora.
Ma in modo discreto, non imposto, non gravoso: sottile, ricercato, tenue.Chiesa di San Massimiliano Kolbe, Complesso parrocchiale Beata Vergine Maria di Loreto a Bergamo
Progetto: Prof. Arch. Vittorio Gregotti, Gregotti Associati International (direzione artistica Arch. Giovanni Porta)
Direttore lavori: Arch. Lucio Magri
Arredi sacri in marmo: Remuzzi Marmi, Bergamo
Micropali e berlinesi per rilevazioni geologiche: SO.GE.TEC, Villa d’Adda (Bergamo)
Banchi e altri arredi: CBM, Casella d’Asolo (Treviso)
Foto: servizio fotografico di Andrea Martiradonna, Milano.

Gli arredi, su progetto di Gregotti Associati International, sono stati realizzati dalla CBM di Casella d’Asolo: confessionali, sede, croce e sedute. I banchi sono in legno massiccio
di rovere stagionato con tavole unite a pettine e assemblaggio con spine di legno duro.Un accenno. E in tale logica anche la cupola “inversa” può essere interpretata come la prospettiva inversa delle icone: richiamo al fatto che, se pure siamo abituati a guardare coi nostri occhi, sempre siamo anche oggetto di uno sguardo più benevolo dall’alto. Comunque, al di là di possibili analogie, l’accostarsi di elementi sferici e quadrati costituisce una costruzione geometrica che da sempre percorre il mondo delle costruzioni, e in particolare di quelle legate al culto.
L’enorme spanciatura permette alla luce di diffondersi con pacata uniformità all’interno, dove genera una sensazione di prossimità. Le pareti in pietra, ordinate nella trama squadrata dei conci, presenta la naturale variabilità cromatica e difformità di tessitura, e i luoghi liturgici a questa contrappongono la marmorea rifinitura di superfici lisce e splendenti cui si associano elementi aurei nei sostegni della mensa e nel tabernacolo
che sta come momento germinale di uno spazio aperto: un vuoto ne esalta l’irraggiante
presenza. La corposità radicata della struttura architettonica si presta a esaltare il senso del varco: sia nelle molteplici incastonature ritmate nel tamburo, sia nelle anse che incoronano i luoghi liturgici, dove il volto templare ritrova la dimensione ecclesiale.

Nella foto: L’aula celebrativa è definita dal sommarsi della cupola circolare che resta inserita entro un edificio a pianta quadrata, il cui volume si manifesta alla quota bassa. Questa sovrapposizione facilita l’individuazione dei luoghi liturgici.L’altare della nuova chiesa di San Massimiliano Kolbe, nel complesso parrocchiale della Beata Vergine Maria di Loreto a Bergamo, è stato realizzato dalla storica azienda REMUZZI MARMI.
Un piano sostenuto da un fitto assieme di colonnine, secondo un disegno che riesce a unire il senso del radicamento e della permanenza, che è propria dell’altare, con l’idea di levità e di accoglienza, che è propria della mensa.
Da materiali nobili come il marmo e la pietra, nascono facciate e monumenti, ma anche singoli elementi ricchi di preziosità, come, appunto i poli liturgici di una chiesa e singole opere d’arte. Chi ha consuetudine con i materiali e la loro lavorazione, come i Remuzzi, sa scegliere e consigliare, così che l’idea, artistica o architettonica, autenticamente si materializzi attraverso superfici di nobile poderosità, di semplice naturalità.
Sono moltissime le facciate e i monumenti che in questa città recano impresso il lavoro dei Remuzzi; molte quelle che si ritrovano in giro per il mondo, da Milano a Bari, dalla Francia all’Asia.
“Bergamo città di pietra – scrive Attilio Pizzigoni – lo testimoniano le sue Mura, la  massiccia presenza di Santa Maria Maggiore e l’alta torre del Gambito… una città di pietra, grigia e scura come la descriveva Gianandrea Gavazzeni…”
Il battistero del Duomo di Bergamo, tempietto ma
rmoreo ottagonale ingentilito dal portale di stampo medievale e dalle aperture superiori schermate da colonnine, si accosta discreto alla cattedrale che, pur rimaneggiata nei secoli, reca ancora ben visibili i segni delle sue origini rinascimentali. Fu costruito a metà ‘800 ma completato nelle parti marmoree a fine secolo, col suo spostamento dal cortile dei Canonici alla sede attuale, presso la piazza antistante il Duomo.
Tale opera fu diretta da Virgilio Muzio, padre del più noto Giovanni e vi lavorò Camillo Remuzzi, marmista alle dipendenze di un’importante azienda dell’epoca.Dopo aver portato a termine questo impegno, egli decise di rendersi indipendente e di fondare la propria azienda per lavorare pietre e marmi: nacque così una storia che in Italia si trova ripetuta decine, centinaia di volte. Un fondatore che con coraggio e dedizione, genera un’impresa che si mantiene nel tempo.
Nel 2007, REMUZZI MARMI ha compiuto un secolo di vita, attraverso l’opera di diverse generazioni, in una tradizione che è stata ed è interpretata secondo le propensioni e l’estro di ciascuno. Perché quando si dice “azienda” si pensa subito all’attività produttiva e commerciale: ma quando si dice “lavoro con la pietra” il quadro si fa più complesso ed entrano in gioco le capacità peculiari del singolo.
Per citare ancora Attilio Pizzigoni: “Nell’officina dei Remuzzi hanno lavorato gomito a gomito artisti e scultori, a fianco deglii ingegneri, i tecnici e i decoratori, gli operai e i posatori hanno discusso e trovato le soluzioni esecutive migliori insieme con gli architetti e i costruttori.”
E ancora oggi vi si trova quella molteplicità di presenze, nell’unirsi di arte e tecnologia, di creatività e di ricerca.
E se nella prima metà del secolo spicca la figura dello scultore Gianni Remuzzi, che a
Bergamo ha dato vita a una vera e propria scuola, oggi l’azienda-famiglia alla quarta generazione, retta dai fratelli Remuzzi, continua a dar vita a opere artistiche significative.
Ricordiamo tra le più importanti la nuova fontana di San Pellegrino e le sculture del Duomo di Tortona (opere entrambe di Alessandro Verdi), i poli liturgici della nuova chiesa cattolica di Hong Kong e l’altare, la pavimentazione, i restauri del Duomo di Bergamo.La chiesa di San Massimiliano Kolbe a Bergamo si trova nella zona occidentale della città. Il sito è posto poco a valle delle colline della città alta, già nella zona completamente e perfettamente pianeggiante.
Da uno studio preliminare effettuato da SO.GE.TEC, con sede a Villa d’Adda (Bergamo), che opera nel settore della geologia tecnica, l’area è costituita da terreni molto alterati di origine fluvioglaciale e alluvionale: essendo localizzata in prossimità della base della collina della città alta, i depositi di piano hanno sicuramente interferito con accumuli di origine colluviale. La successione stratigrafica locale è caratterizzata da almeno 5 m di materiali fini e finissimi (limi e argille) probabilmente in parte di riporto nei primi metri superficiali. Pur con qualche intercalazione ghiaioso-sabbiosa, sempre comunque con una
significativa quota di materiali fini limosi, il terreno naturale in posto presenta granulometrie nel campo prevalente delle argille limose, argillose e con poca sabbia. Tale stratigrafia, pur con una frequente variabilità, si mantiene comunque invariata fino alla profondità di circa 30 m. Fino alla profondità di 20 m circa i terreni mostrano, dal punto di vista delle caratteristiche geotecniche, valori di NSPT di moderato addensamento, mentre oltre in profondità, pur con caratteristiche litologiche e granulometriche analoghe, si mostrano molto più addensati e compatti.
La struttura della nuova chiesa prevedeva quattro grandi pilastroni con sezione a “L” impostati circa alla profondità di 5 m. Le caratteristiche geotecniche del terreno in posto a tale profondità non consentivano la realizzazione di fondazioni dirette e le dimensioni delle stesse nell’ipotesi di carichi ammissibili molto contenuti, avrebbero assunto geometrie di grande imponenza. Inoltre la successione stratigrafica ricca di terreno mediocri a granulometria fine, molto variabile e variegata, rendeva difficile qualsiasi valutazione di cedimento prevedibile.
Ciascun pilastrone ha reso necessaria la realizzazione di 12 micropali con una portata di esercizio di 60 t.

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