Un’architettura spontanea che aderisce al passaggio


Mulino del ‘500 a Greve in Chianti (FI)

L’antica sapienza dei costruttori in pietra della Toscana è riuscita a creare a Greve, al di sopra dei
vigneti più noti del mondo, un piccolo agglomerato di edifici armonici tra loro e in perfetta sintonia
con la natura circostante, che si adeguano ai terrazzamenti a gradoni fatti nei secoli dai contadini
inventando un analogo contrappunto architettonico in pietra e cotto.

Progetto di Arch. Giulio Giubbi
Servizio di Luisa Carrara
Foto di Athos Lecce

Spesso l’architettura spontanea nelle zone di eccellenza riesce a creare, non si sa quanto “spontaneamente” ma sempre senza ricorrere al progetto formale di un architetto, veri e propri capolavori di architettura organica al paesaggio. Ogni opera cosiddetta “rustica” era, e voleva essere, un’appendice naturale del lavoro del contadino (in
questo caso del mugnaio) nella sua lotta per rendere fertile, produttiva e amica all’uomo la natura circostante.
E’ questa la ragione per cui, anche oggi che la cultura contadina tradizionale è stata soppiantata da una cultura materiale più tecnologica e meno legata alla natura, il “rustico” viene amorosamente medicato dalle ferite del tempo e reso funzionale allo stile di vita dei nostri giorni. Perché quando si decide di vivere nella natura il rustico rimane l’abitazione più naturale che ci sia. In particolare questo antico mulino della zona del Chianti , essendo costituito
dall’aggregazione di piccoli parallelepipedi di pietra col tetto a falde disposti attorno a uno spazio centrale, richiama il piccolo agglomerato del clan, della famiglia allargata tipica dei colonizzatori primitivi.
Si presenta cioè con le forme elementari di quando il rapporto uomo-natura era ancora spostato a favore della natura. E’ esattamente il contrario della casa unifamiliare prefabbricata, uguale in pianura come in montagna, che s’inserisce ovunque senza necessità e un rapporto autentico con il paesaggio.
Per questo in Toscana un rustico antico, se significativo, costa più di una costruzione standardizzata eseguita adesso. Per ottenere lo stesso legame col paesaggio bisognerebbe rivolgersi a un grande architetto, che col talento e con la cultura può riuscire a collegarsi al luogo in modo convincente; ma rimarrebbe comunque un manufatto privo di quel
fascino e di quella patina che solo il passare dei secoli può dare. Basta vedere il modo ingegnoso e primitivo con cui sono state scelte e accostate le pietre nei setti murari esterni e nei bellissimi, anche se scarsi, pavimenti interni. In questo modo di abitare c’è un’introversione che ha radici storiche. Le forme squadrate e massicce, il ricorso alla pietra anche per i muri divisori, la piccolezza e la rarità delle finestre, tutto esprime un sentimento di difesa nei confronti
di quel che vi è all’esterno. Esattamente il contrario delle vetrate continue dell’architettura moderna, che in molti casi tende a far entrare all’interno il paesaggio naturale quando merita.

A sinistra: una vista laterale del complesso di edifici sorti intorno all’antico mulino. I volumi sono disposti in modo da
seguire l’andamento del terreno a gradoni, adeguandosi senza contrapporsi.
Oltre agli edifici chiusi vi sono alcuni spazi intermedi aperti verso l’esterno da archi e aperture rettangolari, che in origine servivano a contenere i cereali in attesa di essere macinati o gli strumenti necessari all’attività agricola. Oggi alcuni di essi sono chiusi da vetrate.

LA VITA IN UN ORGANISMO DI TIPO PATRIARCALE

Questo complesso di piccoli edifici nati attorno a un edificio principale con funzioni di mulino, manifesta, nel suo articolarsi e nella sua crescita per aggiunte successive, una puntuale corrispondenza a precise funzioni della famiglia patriarcale. La ricchezza della famiglia era data dalla presenza nel podere di una ricca vena di acqua corrente in grado di muovere la ruota del mulino. I contadini vicini dovevano ricorrere a loro per macinare i cereali; questo era un reddito certo che si aggiungeva ai guadagni dell’attività agricola.
Il benessere, si sa, allarga la famiglia: i figli si sposano e nascono nuovi soggetti che crescono, ma che una volta adulti invece di allontanarsi in cerca di fortuna si stabiliscono qui in nuove costruzioni addossate al nucleo
originale. Questo è il meccanismo che porta alla crescita nel tempo di un’architettura definita spontanea; che non è senza regole: i materiali e lo spirito debbono essere gli stessi per ragioni identitarie, perché si deve vivere
separati ma insieme al nucleo familiare vissuto come unico. Questa è l’origine storicamente accertata di tanti piccoli nuclei di abitazioni contadine che oggi ci piacciono tanto.

La rude bellezza degli interni con pareti di pietra a vista

A sinistra: uno degli ambienti aperti verso l’esterno, che in origine serviva a stivare i prodotti o a parcheggiare
gli attrezzi per il lavoro agricolo, oggi è diventato un deposito per la legna e insieme un salottino riparato per la bella
stagione, una specie di veranda senza vetri dove sostare o conversare davanti a un magnifico scorcio del giardino.
A lato: l’austera sala da pranzo col tavolo ricoperto da un tessuto verde che richiama il prato, davanti a un possente muro di grosse pietre grigie. I due candelieri danno una nota di romanticismo a una stanza che si presenta come la “segreta” di un castello dove si potrebbero nascondere amori segreti o micidiali complotti. Fa parte del suo fascino.

Gli interni rustici
Gli interni delle case di origine contadina si possono
dividere in varie categorie a seconda del loro grado di rusticità: interni “totalmente rustici”, quando predominano i materiali ruvidi come le travi antiche, la pietra e il cotto; interni “mediamente rustici”, quando i materiali ruvidi vengono interrotti da materiali più morbidi come gli intonaci lisci; “leggermente rustici”, quando il morbido prende il sopravvento sul ruvido. Questi tre gradi di rusticità corrispondono a tre diversi stili di vita: austero e rigoroso il primo, equilibrato e coerente il secondo, votato al comfort e alla modernità il terzo.
Chi vuole abitare in un rustico, prima di scegliere il grado di rusticità da mantenere negli interni, deve capire le ragioni profonde per cui si è avvicinato a questa tipologia abitativa. Se sei nato in campagna e sei cresciuto in case contadine, non ci sono problemi: quella è casa tua e sai benissimo che uso farne. Diverso è quando nel rustico va ad abitare chi è abituato a vivere in città, e dal nuovo modo di abitare si ripromette una serie di inedite sensazioni.

Il cittadino e il rustico
Solitamente il “cittadino” è spinto dal desiderio di novità, di nuove esperienze, che lo spinge a entrare in un mondo diverso dal proprio sia come storia (la civiltà contadina), sia come esperienza (vi abitava gente abituata a lavorare i campi per ottenerne i frutti). Un cittadino che occupa un rustico si trova a vivere un’esperienza simile a quella del cacciatore: per catturare le sue prede ricalca e riscopre i gesti e le astuzie dell’uomo primitivo; e lui, per godere dei benefici della campagna, deve entrare più o meno nei panni di chi l’ha preceduto.
Fondersi con lo spirito di una casa profondamente contadina significa riscoprire l’arcaico mondo dell’agricoltura, che ebbe inizio quando l’uomo smise di essere un cacciatore-raccoglitore nomade, si ancorò al territorio e intraprese l’attività dell’agricoltore-allevatore, che lo portò a modificare l’ambiente naturale a sua misura. L’attuale tendenza nel preferire un rustico riadattato al posto di una costruzione moderna è significativa: giocano nella decisione molti fattori psicologici tra cui, in prima linea, la volontà di recuperare condizioni di vita (e mentali) ormai perse nella vita cittadina,
come la sintonia con i ritmi naturali delle stagioni e dei giorni (non ci si alza più all’alba per andare a dormire al tramonto, non ci sono più ritmi di lavoro legati alle stagioni). Forse il cittadino non è pienamente cosciente, ma quando decide di stare in campagna nel modo più rustico possibile, è perché vuole che in lui avvenga una rigenerazione salutare: cambiando pelle come un bruco che ha respirato troppa aria inquinata e desidera tramutarsi in una incontaminata farfalla.

Centro benessere
Questo di solito comporta la messa in opera di alcuni comportamenti salutisti, magari raccomandati dal medico, come non fare tardi la sera e di giorno fare molto movimento, magari dedicandosi alla gestione del giardino. La “casa rustica” prende così le funzioni di un centro benessere, di cui oggi si sente particolarmente bisogno, e assume un
ruolo terapeutico. E più è rustica più diventa magica; così, chi oggi intraprende un’attività di agriturismo o di bed and breakfast, quando ristruttura un vecchio edificio di campagna si guarda bene dal togliere rusticità al suo rustico, ma anzi più pietre, travi e mattoni a vista ci sono, meglio è.

RECUPERARE LE MURATURE ESISTENTI

L’attenzione alle murature, al loro stato funzionale o di degrado, deve avvenire in prima istanza attraverso l’osservazione delle superfici e la mappatura delle diversità nei materiali e nelle tecniche di costruzione. In seconda istanza si deve stabilire lo stato di conservazione in cui si trovano e le necessità di restauro.
E’ fondamentale per chi compie la mappatura conoscere a fondo le caratteristiche peculiari dei diversi modi di costruire nei secoli: questo permette di arrivare a conclusioni corrette circa i degradi e il modo più opportuno di ovviarli. Le murature perimetrali sono le più soggette ai deterioramenti a causa del continuo dilavamento delle piogge, che possono interagire, specie se si tratta di piogge acide, con le pietre e con le malte. I degradi più frequenti in questi muri esterni sono dati dalla disgregazione della malta di allettamento o dallo sfarinamento delle pietre stesse. Si possono fermare entrambi: le malte, con un trattamento parzialmente sostitutivo di resine epossidiche, le pietre, col trattamento superficiale di resine e siliconici per evitare gli sfaldamenti e la continua produzione di polveri.
I muri di pietra a vista sono suggestivi, ma di difficile manutenzione quotidiana.

A sinistra: il soggiorno è dominato da un moderno camino lineare che raccoglie intorno a sé un divano continuo composto da cuscini. Una piccola finestra, originale del tempo della costruzione, illumina quest’angolo moderno per
la conversazione.

Sotto: una scala rustica, che più rustica non si può, fatta di tronchi e di masselli appena sbozzati. Il suo restauro è stato fatto in modo da conservarne il più possibile la patina.

La pietra a vista e le forme massicce e squadrate definiscono un complesso di architettura sobria e dal carattere appartato

Masselli lavorati con l’ascia
Nel soggiorno, dove il pavimento è ancora composto di vecchie pietre, c’è un sopralzo ricoperto di mattoni di recupero dove sono state inserite due grandi pietre circolari del frantoio, le cosiddette “mole”. Le sedute sono costituite da grandi cuscini bianchi appoggiati su uno zoccolo in muratura, ricoperto di vecchio cotto, che tende ad allungarsi su
tutta la parete secondo una concezione totalizzante venuta di moda negli Anni ‘60. Una poltroncina di vimini tinta di scuro completa l’effetto di “rustico moderno”, che è una delle categorie possibili per lo stile di arredamento di un rustico. I colori
qui sono austeri: il bianco delle pareti e dei cuscini col marrone del cotto e delle travi seguono la tradizionale sobrietà fiorentina. E sono funzionali alla sensazione di rustico.

 

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