Tutela e conservazione del patrimonio storico e artistico della Chiesa in Italia

Norme dell’Episcopato italiano

Roma, 14 giugno 1974

1. La dignità dell’arte sacra è stata riaffermata dal concilio Vaticano II per la sua natura di nobile attività dell’ingegno umano, per la relazione con la bellezza divina espressa dalle opere dell’uomo e per il contributo prestato alle menti degli uomini indirizzandole religiosamente a Dio (cf. SC 122).
Dalla storia risulta anche il valido apporto dell’arte sacra alla vita della comunità cristiana, perché in ogni tempo l’arte sacra ha testimoniato la teologia della fede, il rapporto tra vita e religione, l’adesione della realtà umana a quella divina.
Ciò spiega perché la Chiesa non solo ha promosso sempre l’arte, ma anche ha emanato norme opportune per la tutela e la conservazione di tanto patrimonio, facendone obbligo di rigorosa osservanza sia ai pastori di anime, sia ai responsabili degli enti che hanno a qualsiasi titolo in custodia le opere d’arte.
2. Pertanto i vescovi d’Italia, riuniti nella X assemblea plenaria e preoccupati per l’aggravarsi di episodi e fatti relativi alle indebite alienazioni, ai furti, alla dispersione delle opere d’arte e ad alcuni incongrui interventi negli edifici sacri, in conformità ed adesione alle superiori disposizioni – particolarmente a quelle recenti (cf. S. Congregazione per il clero, Lettera circolare La cura del patrimonio storico-artistico della Chiesa ai presidenti delle conferenze episcopali, 11.4.1971) e d’intesa con la Pontificia Commissione centrale per l’arte sacra in Italia, hanno ritenuto necessario deliberare le seguenti norme nell’intento di porre rimedio ai danni perpetrati contro il patrimonio storico ed artistico della Chiesa.

Aspetti giuridici del problema

3. I vescovi sono consapevoli, per ragioni obiettive, di quanto i problemi della tutela esigano la collaborazione di tutti gli organi preposti alla salvaguardia dei beni culturali in genere e, in specie, delle arti.
A tal fine l’autorità ecclesiastica intende promuovere una maggiore intesa con le autorità statali, nel rispetto della reciproca autonomia tra la normativa canonica e quella civile. La tutela, invero, per lo Stato ha dimensione umana e storica, per la Chiesa anzitutto tende al maggior bene delle anime.
4. La Chiesa e lo Stato, nell’adozione dei loro urgenti provvedimenti che riguardano l’arte sacra, devono procedere in armoniosa intesa e mutua collaborazione, stando in mezzo il comune interesse. Però non deve essere elusa la reale proporzione delle rispettive sfere di competenza.
Se lo Stato, infatti, interviene in un ambito, nel quale i diritti della Chiesa sono universalmente riconosciuti, l’osservanza della legislazione predisposta da parte civile a favore e tutela del patrimonio culturale è doverosa, perché lo Stato ha la responsabilità della conservazione di esso di fronte alla società.
Nella collaborazione si devono riconoscere anche le competenze dell’ente regione, ora in continuo sviluppo, e delle organizzazioni internazionali, che operano nel campo storico ed artistico.

Inventario e catalogo

5. Per l’efficace tutela dei beni dell’arte sacra, attualmente non basta la semplice ricognizione di essi e del relativo gravame di responsabilità nei confronti della legge, ma urge la conoscenza globale del patrimonio artistico sotto l’aspetto storico, tecnico e conservativo.
Pertanto, sorge la necessità dell’inventario (cf. CIC, can. 1522, parr. 2-3; Lettera cit. n. 3) e catalogo, che sono due momenti strettamente complementari nelle rispettive specifiche metodologie.
Ma da parte degli enti ecclesiastici non sempre è possibile procedere ad un generale ed adeguato inventario del patrimonio di cui sono custodi, in quanto esso richiede notevoli fondi e personale qualitativamente e numericamente preparato. Per questo motivo si confida nell’Amministrazione delle antichità e belle arti e negli altri competenti organi dello Stato, perché concedano, oltre le spese, il loro contributo di scienza e di organizzazione per istituire, presso gli enti che hanno fini di religione e di culto, ove mancassero, gli archivi inventariali dei beni storico-artistici posseduti.
Ovviamente, anche da parte ecclesiastica si terrà presente quanto riguarda la consegna – senza spese, ai rettori di chiese o ai responsabili degli edifici e alle curie diocesane, nella cui circoscrizione i beni inventariati sono siti – di copia delle schede di inventario, già redatte dalle sovrintendenze in passato ed aggiornate, e di quelle in corso di redazione.1
Queste schede devono prevedere la possibilità di temporanea rimozione delle opere per motivi di culto, compatibilmente con lo stato di conservazione, a giudizio dell’ordinario, e siano sottoscritte dal rappresentante della soprintendenza competente per territorio, dalla persona designata dall’ordinario in sua rappresentanza e dai singoli rettori
delle chiese o degli edifici sacri, che detengono i beni (cf. R.D. 14.6.1923, n. 1889 in G.U. 10.10.1923, n. 213).
Per i quadri, le statue, gli oggetti d’arte normalmente esposti al pubblico, della temporanea rimozione sarà data sollecita notizia alla competente soprintendenza.
6. Ai rettori di chiese e ai responsabili degli edifici in cui si trovano opere d’arte, anche se pertinenti a comunità religiose, si raccomanda di collaborare, previa intesa sia con l’ordinario diocesano sia, per quanto occorre, con il proprio superiore, nell’iniziativa dello Stato rivolta alle ricognizioni fotografiche degli oggetti d’arte.
La sensibilità dei superiori religiosi comprende quanto sia utile estendere possibilmente l’inventario anche agli oggetti di notoria importanza artistica conservati nei monasteri, nei conventi e nelle dimore delle singole comunità.
Occorre, altresì, identità di procedura nello svolgimento delle operazioni di schedatura.
A questo fine le autorità ecclesiastiche locali prendano accordi con le soprintendenze, affinchè l’inventario sia realizzato sulla base di direttive da precisare e sotto la vigile cura di persone che hanno riconosciuta competenza.
Urge che alla schedatura dei monumenti, delle opere e dei cimeli si giunga con la massima sollecitudine.

Manutenzione e custodia

7. Ai fini degli interventi ordinari e straordinari per riparazioni, ripuliture, rifacimenti e restauri, l’autorità ecclesiastica – dopo aver effettuato gli adempimenti richiesti dalle norme canoniche (cf. CIC, cann. 485, 1164, 1178, 1186) e sentito, ove necessario, la Commissione diocesana di arte sacra – si rivolga alle competenti sovrintendenze, a seconda dei beni artistici sui quali si deve operare (cf. L. 22.5.1939, n. 823 in G.U. 20.6.1939, n. 143; L. 1.6.1939, n. 1089 in G.U. 8.8.1939, n. 184).
Allo scopo di prevenire in tempo utile il deterioramento degli edifici di culto, nonché ai fini degli interventi da effettuare con le modalità anzidette, una visita annuale di controllo dell’edificio, eseguita da esperti, giova, nel caso di lesioni, a una corretta diagnosi delle cause dei dissesti statici e all’adeguata progettazione della terapia di consolidamento.
La stessa diligenza va usata nel caso di umidità nei muri o di sinistri accidentali, nonché nella previsione di nuovi impianti, compreso quello di riscaldamento.
Si confida, a proposito, nella disponibilità degli esperti delle soprintendenze ogni qualvolta queste saranno richieste o interpellate dall’ordinario. Si ha fiducia inoltre che gli urbanisti e gli amministratori locali si impegnino a far sì che
gli edifici sacri di antico pregio, nella progettazione dei nuovi piani regolatori, non rimangano isolati dagli insediamenti residenziali e non siano ignorati gli antichi centri religiosi. Con lo spopolamento, purtroppo, i beni artistici di molte comunità si dissolvono, perché cessano di essere oggetto di amore da parte dei fedeli.
8. Alle spese che richiede un edificio di culto è necessario rendere partecipi anche i fedeli della comunità parrocchiale, in ragione delle complesse responsabilità dell’accorta amministrazione e del reperimento dei fondi. Sia particolarmente investito il consiglio di amministrazione, che deve essere istituito nelle diocesi, nelle parrocchie e in tutti gli altri istituti diocesani ed opere (cf. CIC, cann. 1947, par. 2 e 1532, par. 1; DirEp 133,135). Non si trascurino eventuali ricorsi alle fondazioni che perseguono finalità di pubblico interesse e alla possibilità di intervento dell’autorità civile. Gli enti ecclesiastici sono parimenti interessati all’azione dello Stato – intensificata per mezzo della Direzione generale delle antichità e belle arti e degli organi competenti per le operazioni di polizia, di cui esistono nuclei tecnicamente specializzati – per la tutela preventiva, repressiva e di ricupero delle opere artistiche, perdute a seguito di furti,
alienazioni illegali e traffici illeciti. Ad ogni mutazione del titolare delle parrocchie e rettorie, si provveda – sotto la specifica vigilanza dell’ordinario o di un suo delegato – alla formale consegna scritta degli edifici e degli oggetti stessi, anche se caduti in disuso o accantonati in luoghi di deposito. Dell’avvenuta consegna al nuovo titolare è opportuno informare le soprintendenze territoriali.
Per le chiese che conservano opere esposte al culto, ma facilmente asportabili, od oggetti preziosi nelle sacrestie, è urgente che, oltre al personale di vigilanza e ai normali dispositivi, siano adottati, comprensibilmente con le disponibilità economiche, i mezzi di protezione suggeriti dall’arte tecnica moderna (allarmi per l’intervento immediato, installazioni ed apparecchiature antifurto, ecc.).
9. Particolare attenzione si deve usare per la conservazione e la sicurezza dei manoscritti, autografi, carteggi, documenti notevoli, incunaboli, nonché libri, stampe e incisioni aventi carattere di rarità e di pregio, conservati nelle biblioteche ed archivi ecclesiastici, compresi gli archivi musicali (cf. L. 1.6.1939, n. 1089, cit.; CIC, cann. 375, 470).

Musei diocesani e sale di esposizione

10. Le opere d’arte devono restare, possibilmente, nei luoghi di culto per conservare alle chiese, agli oratori, ai monasteri e conventi l’aspetto significativo della fisionomia originaria di luoghi destinati agli esercizi di pietà. Se la conservazione nei luoghi originari non è possibile perché le opere e la suppellettile non hanno più funzione di culto, o è gravemente rischiosa, si istituiscano musei diocesani o interdiocesani oppure apposite sale di esposizione.2
Trattandosi dì istituzioni d’interesse culturale oltre che religioso e come tali soggette anche alla tutela dello Stato, prima di procedere è opportuno che l’ordinario prenda contatto con la locale Soprintendenza alle gallerie dalla quale potrà avere una adeguata assistenza tecnica ed ogni possibile aiuto, non escluso quello finanziario. Ove nelle zone interessate non sussistano dette istituzioni, ovvero i musei esistenti non presentino adeguate condizioni per la conservazione, la valorizzazione e la sicurezza antifurto, le opere potranno essere affidate, solo in casi eccezionali, su decisione dell’ordinario e sentita la Pontificia Commissione centrale per l’arte sacra in Italia, anche ai musei dello Stato o degli altri enti pubblici, mediante contratti di depositi temporanei e rinnovabili a breve scadenza.
Caldamente si raccomanda ai responsabili di incrementare lo sviluppo dei musei delle chiese cattedrali e degli enti di culto. Si ricorda che gli oggetti preziosi, in particolare quelli votivi (cf. CIC, can. 1532; La cura del patrimonio storico-artistico della Chiesa, n. 7), non si possono alienare senza l’autorizzazione della Santa Sede.
Si ricorda anche che qualsiasi trasferimento di oggetti artistici richiede l’autorizzazione del Ministero della pubblica istruzione, tramite la soprintendenza competente per territorio.3
11. I musei e le sale di esposizione non siano un deposito di sculture, quadri, documenti, ma alla funzione di cauta raccolta abbiano aggiunta anche quella della conoscenza, della valorizzazione e della divulgazione della storia della pietà ed ecclesiastica spesso dell’intera regione.
La promozione di attività di studio intorno a queste istituzioni farà degli oggetti di culto un prezioso legame con la tradizione.
Attraverso incontri e reciproche intese sia superata la divergenza spesso esistente tra competenze e circoscrizioni diverse, aggravata dal fatto che non sempre coincidono, per territorio e giurisdizione, la diocesi, le soprintendenze statali, l’ente regione. È necessario che la sistemazione museografica e il suo funzionamento rispecchino i caratteri propri di un ambiente idealmente associato alla chiesa d’origine. Per la sistemazione di musei diocesani, centri di studio, biblioteche, aule di musica sacra ed altre iniziative promozionali della cultura cristiana si veda, infine, con favore, l’uso delle chiese e degli oratori ora chiusi al culto.

Riforma liturgica e nuovi adattamenti

12. È necessaria la sistematica revisione delle chiese, in rapporto alle esigenze liturgiche, secondo le direttive del concilio Vaticano II e dei documenti applicativi (cf. SC; IOE V; EM 24), con l’autorizzazione dell’autorit&
agrave; ecclesiastica e tenendo presenti le disposizioni di legge civile (cf. L. 1.6.1939, n. 1089, cit., e. II). Nell’adattamento dei presbiteri alle nuove disposizioni liturgiche, gli ordinari provvedano a prendere in esame ogni volta i suggerimenti degli esperti, prima di procedere alle innovazioni, perché sia evitato il criterio unilaterale della sola arte o della sola liturgia.
13. Il rapporto tra l’antico e il nuovo formi oggetto di studio, nel rispetto delle reciproche competenze, per ottenere migliore funzionalità liturgico-pastorale e rispondenza alle esigenze dell’arte. Le proposte operative devono tener conto dell’organicità architettonica dell’edificio. Le modifiche e gli adattamenti richiedono il voto delle Commissioni della sacra
liturgia, dell’arte sacra e, occorrendo, della musica sacra (cf. SC 126; EM 24; La cura del patrimonio storico-artistico della Chiesa, n. 4). Per i casi di maggiore rilievo, si raccomanda di interpellare preventivamente la Pontificia Commissione centrale per l’arte sacra in Italia, alla quale, dopo l’ultimazione dei lavori, sarà inviata la documentazione delle modifiche apportate. La collaborazione tra il liturgista, lo storico dell’arte, l’architetto, il pittore, lo scultore, l’artigiano sono garanzie per la soluzione qualificata. In ogni adattamento, l’altare deve conservare il carattere di centro ideale, a cui converge l’attenzione dell’intera assemblea.
Alla custodia eucaristica sia rivolto il massimo impegno con una cappella degna e facilmente accessibile o con l’opportuna sistemazione del tabernacolo nel presbiterio. Analoghi criteri pastorali, di studio e di coscienza critica devono essere seguiti nella sistemazione dell’ambone, delle sedi e del fonte battesimale.
Le alienazioni delle suppellettili sacre che hanno interesse artistico o storico e non sono utilizzabili per il culto a motivo della riforma liturgica, sono vincolate a precise disposizioni di legge canonica (CIC, cann. 1530, 1532, 1534) e civile (L. 1.6.1939, n. 1089, cit. artt. 24, 26).

Restauro degli edifici sacri

14. Per gli interventi nei sacri edifici si abbiano presenti, oltre le disposizioni caniniche e quelle civili di tutela, anche le norme contenute nella «Carta del restauro 1972», elaborata dal Consiglio superiore delle antichità e belle arti.4
Le trasformazioni e gli adattamenti fanno parte del monumento stesso e del suo complesso.
Tra le operazioni proibite la sopraddetta Carta elenca: i completamenti in stile, anche se documentati; le rimozioni o demolizioni di parti successivamente aggiunte o il loro ricollocamento in altro settore.
Tra le operazioni consentite la sopradetta Carta annovera: l’aggiunta di parti accessorie in funzione statica, purché di minima estensione; la pulitura dei quadri senza che sia tolta la patina; l’anastilosi.
15. È opportuno che gli ordinari inviino alle soprintendenze, in tempo utile per la redazione dei programmi, la segnalazione relativa agli interventi restaurativi e di tutela degli edifici di culto.
I restauri di beni sia immobili che mobili (sculture, dipinti, ecc.) – nei casi in cui i restauri medesimi siano eseguiti a cura degli enti proprietari a norma delle vigenti disposizioni di tutela – dovranno essere condotti secondo le direttive delle competenti sovrintendenze con massima prudenza ed attenta osservanza dei lavori in esecuzione. La programmazione e l’esecuzione delle opere e dei lavori, sia che l’onere riguardi lo Stato sia che esso ricada sui proprietari, comportano l’elaborazione di un progetto preceduto da uno studio sul monumento, integrato da ricerche bibliografiche, iconografiche
ed archivistiche, e corredato da rilievo grafico, da fotografie, da verifiche di stabilità. L’autorità ecclesiastica locale, per ogni migliore istruzione in merito, prenda contatto con la soprintendenza competente per territorio, e con la Pontificia Commissione centrale per l’arte sacra in Italia, la quale è stata istituita dal santo padre Pio XI nell’anno 1924 con il compito di svolgere sul nostro territorio nazionale «azione propria di direzione, d’ispezione e di propaganda per la conservazione e l’incremento del patrimonio artistico della Chiesa, e di coordinare ed aiutare l’azione delle commissioni diocesane e regionali» (cf. Lettera della Segreteria di Stato di Sua Santità ai revv.mi ordinari d’Italia, 1.9.1924, n. 34215).
16. Circa le nuove destinazioni e i nuovi usi degli edifici di culto, che rivestono carattere di riconosciuta importanza storico-artistica e sono abbandonati, occorre esigere – in analogia al vincolo di destinazione d’uso nell’urbanistica moderna – che la loro sistemazione, convenientemente studiata in collaborazione con le competenti Soprintendenze,
corrisponda al titolo della dignità originaria.

Commissione diocesana

17. Il concilio Vaticano II ha raccomandato di costituire, nelle diocesi, la Commissione di sacra liturgia e, per quanto possibile, anche la Commissione di musica sacra e di arte sacra, ribadendo la necessità che le tre commissioni collaborino tra di loro, anzi l’opportunità che talora formino unica commissione (cf SC 45, 46). Nel nostro paese, sul piano diocesano, pare preferibile la costituzione di unica commissione con sezioni separate ed autonome per la liturgia, l’arte sacra e la musica sacra, sotto un solo presidente affiancato da un segretario generale. Ove esistono difficoltà per scarsezza di personale, si può ricorrere alla costituzione di commissioni interdiocesane o regionali, raggruppando possibilmente le diocesi che sono site nel territorio di giurisdizione civile della stessa sovrintendenza ed hanno interessi
culturali ed artistici omogenei. Si confida che il coordinamento di lavoro delle commissioni per una disciplina unitaria
dia al clero responsabile l’esatta coscienza della sua missione a contatto degli inestimabili valori cristiani contenuti nelle attività dell’ingegno umano.
18. Siano chiamate a far parte delle commissioni persone qualificate e particolare ascolto sia dato al loro voto consultivo. Per quanto riguarda l’arte sacra è auspicabile che non manchino nella commissione un pittore, uno scultore, un architetto, uno storico per l’arte antica ed un altro per l’arte medioevale e moderna e, se possibile, i rappresentanti di istituti, accademie, associazioni culturali ed artistiche e delle sovrintendenze. Si realizza, così, quel contributo che la Chiesa chiede ai laici in quanto membri della comunità dei fedeli e la società civile, nell’interesse della comune promozione.
19. Ogni richiesta di autorizzazione deve essere avanzata alle autorità civili da parte dei rappresentanti degli enti ecclesiasitici e di culto tramite la curia locale e corredata del parere favorevole della commissione competente in diocesi per il settore liturgico ed artistico. È altresì necessario,
anche per l’intesa di proficua collaborazione tra l’autorità ecclesiastica e quella civile, che ogni progetto di lavoro, trasmesso per legge alla soprintendenza, sia munito del nulla osta dell’ordinario, motivato dalla commissione, per le necessarie garanzie di obiettività e di competenza, e che i progetti redatti dalla sovrintendenza, in materia di arte sacra, siano eseguiti d’accordo con l’ordinario della diocesi.

Mostre ed esposizioni

20. I prestiti di opere d’arte per mostre ed esposizioni sono vincolati da norme emanate sia dall’autorità ecclesiastica sia da quella civile.
Le norme ecclesiastiche dispongono che i cimeli storici e le opere d’arte sacra non possono essere ceduti in prestito anche temporaneo ed inviati a mostre ed esposizioni, locali o nazionali o estere, oppure tolti a lungo dalla loro destinazione a scopo di restauro o per altri fini, senza la preventiva autorizzazione della Sacra Congregazione per il
clero (cf. S. Congregazione del concilio, Disposizioni per la custodia e conservazioe degli oggetti di storia ed arte sacra in Italia, Lettera circolare 24.5.1939, n. 664/39: AAS 1939, 226ss).
Le norme civili vincolano la rimozione degli oggetti d’arte dalla loro sede per qualsiasi fine al preventivo permesso dell’autorità statale competente per territorio (L; 1.6.1939, n.1089; cf. anche L. 2.4.1950, n. 328 in G.U. 17.6.1950, n. 137).
Ogni ordinario, al quale viene rivolta la domanda di prestito o rimozione, senta in merito la Pontificia Commissione centrale per l’arte sacra in Italia prima di avanzare l’istanza intenta ad ottenere le debite autorizzazioni.
Ogni prestito deve essere coperto dalla garanzia di restituzione.
La garanzia dovrà essere prestata o avallata dal Ministero della pubblica istruzione per le mostre o esposizioni nazionali ed estere, dalla sovrintendenza interessata per gli altri prestiti.
Gli oggetti d’arte prestati devono essere convenientemente garantiti anche da assicurazione finanziaria, a carico del comitato organizzatore della mostra o esposizione, per il periodo che decorre dall’atto della consegna fino alla riconsegna all’ente proprietario nel luogo di origine.
A proposito delle mostre ed esposizioni con opere di interesse religioso si auspica che un rappresentante dell’autorità ecclesiastica sia chiamato a far parte del comitato organizzatore.
Le presenti norme, approvate dalla X assemblea della Conferenza episcopale italiana e sottoposte alla considerazione della Sacra Congregazione per il clero, che ha concesso il benestare per la pubblicazione, entrano immediatamente in vigore.

Note
1 La consegna di copia delle fotografie e delle schede di catalogo, redatte a cura delle sovrintendenze, ai parroci e rettori di chiese e conventi è già esplicitamente disposta dal R.D. 16 luglio 1923, n. 1889. Inoltre, nelle norme per la redazione delle schede di catalogo, diramate dalla Direzione generale delle antichità e belle arti, è disposto che altre copie di tali documentazioni siano fornite gratuitamente alle amministrazioni diocesane.
2 Cf. Sacra Congregazione del concilio, Disposizioni per la custodia e conservazione degli oggetti di storia ed arte sacra in Italia, Lett. circolare 24 maggio 1939, n. 664/39: AAS 1939, 226ss. La Sacra Congregazione del concilio raccomanda «l’istituzione dei musei diocesani per la custodia e conservazione degli oggetti di storia ed arte deteriorati o fuori uso, e di quelli che nelle loro sedi corrono pericolo di danni o di furti, e possibilmente anche di quegli oggetti di particolare importanza che, essendo in possesso di enti o chiese site in luoghi remoti o di difficile accesso, non possono
agevolmente essere visitati». Per quanto riguarda la tutela civile, cf. L. 22.9.1960, n. 1080 in G.U. 12.10.1960, n. 250.
3 Cf. L. 1.6.1939, n. 1089, cit., art. 11. A proposito di trasferimenti di oggetti artistici si ricorda che, oltre e prima dell’autorizzazione governativa, si richiede quella ecclesiastica, come chiaramente risulta dalla Lett. circol. della Sacra Congregazione del concilio 24 maggio 1939, n. 664/39, sopra richiamata.
4 La Carta del restauro 1972 è stata resa esecutiva per tutto il territorio nazionale con circolare del Ministero della pubblica istruzione 6 aprile 1972, riportata dal Bollettino Ufficiale n. 17 dello stesso Ministero.

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