La basilica ricomposta


ARCHITETTURA – CHIESA DIVINA MISERICORDIA A SAN BARTOLOMEO AL MARE (IMPERIA)

La forma architettonica riprende l’impianto ecclesiastico per eccellenza noto sin dall’antichità, rivisitato secondo un intreccio di elementi costitutivi che diventano eloquenti nel gioco di luci, colori e simboli.

La basilica non nasce come architettura cristiana, ma lo diventa nel corso della storia. E dal quarto secolo dell’era cristiana quella che prima era stata la stanza del re dei Greci e poi l’edificio pubblico dei Romani, diviene per eccellenza luogo dell’assemblea celebrante, con una chiara riconoscibilità che si mantiene, dal Romanico al Gotico, alle più recenti proposte otto e novecentesche.
Come conciliare oggi l’antica basilica con la molteplicità di linguaggi architettonici emersi e accavallatisi negli ultimi decenni? Come riproporre una soluzione spaziale ben definita e caratterizzata, nel contesto di un sentire formale spezzettato, frastagliato e sempre più individualizzato?
Nell’osservare questo recente progetto di Eugenio Abruzzini è facile ipotizzare l’intento di riconciliare la tradizione e il presente, recuperare un “tipo” architettonico tanto radicato da assumere la forza del simbolo, ma declinandolo e articolandolo sia per rispondere alla sensibilità attuale, sia per assolvere alle funzioni cui è chiamato da un contesto particolare: la cittadina di mare che ospita, oltre ai residenti, una popolazione transeunte di vacanzieri estivi e di villeggianti anziani nel corso dei mesi invernali.
Ed ecco dunque un’architettura che si presenta aperta e accogliente nel suo vasto atrio mediano sormontato dalla croce.

Vista notturna del complesso dal lato est-nordest.
L’incastro di volumi suggerisce diverse navate.
A destra: vista interna dall’altare, l’obiettivo a “occhio di pesce” esalta la sfericità dello spazio absidale.

Un campanile ribassato, che scende con gesto protettivo mentre offre una totale trasparenza, che in alto diventa traforo, ricamo celestiale in cui l’immagine del pesce (l’ichtùs paleocristiano) si avvolge in girali stellari che stupiscono per la perfezione artigianale e la cura del dettaglio in cui si legge la mistica ingenuità dei primordi ripresentata con inalterata capacità espressiva per il presente. E qui, nell’atrio aperto nonché snodo dell’edificio articolato, si realizza l’incontro: luogo di socializzazione che rende facile l’accesso ai lontani, a chi è di passaggio come a chi sente il luogo come proprio. Uno spazio di grande significato per il mondo contemporaneo, che ha bisogno di mediazione, di chiarezza e allo stesso tempo di libertà.
Lo snodo centrale sormontato dalla croce è un’invenzione che di per sé rende eloquente il progetto, poiché facilita il passaggio dallo spazio profano alla chiesa, rendendolo logico e consequenziale. Dal sagrato, la breve, facile salita porta ad assaporare la luce filtrata dal ricamo stellare in cui le campane compaiono come aralde del messaggio celeste. E da qui si accede da un lato alla chiesa, dall’altro agli spazi per le riunioni. “In un documento dei Vescovi francesi – scrive Abruzzini – si affermava che la comunità, specie se eterogenea, si deve incontrare prima come comunità umana per costituirsi poi in comunità ecclesiale che partecipa alle azioni liturgiche.”

Lo spazio della chiesa si compone di tre volumi accostati coperti da semiarchi, terminanti in semiabsidi.
In basso, a sinistra la sezione longitudinale e a destra, la sezione trasversale; pagina a lato, la pianta del complesso.

Di qui la scelta di tanti ambienti dedicati all’incontro, tra i quali l’ampio salone polifunzionale sempre aperto che, dall’atrio centrale, sta opposto alla chiesa. Che pure è il cuore e l’origine del progetto: ma è anche luogo cui non si giunge impreparati, grazie
alla mediazione progressiva degli ambienti che la precedono. E la chiesa è basilica: lunga e avvolgente, e allo stesso
tempo aperta alla luce, splendente, gioiosa. Nell’osservarla, la mente corre a un progetto realizzato da Enrico Castiglioni – grande quanto poco conosciuto autore di importanti chiese postconciliari – a Gorla Minore (Varese) (cfr CHIESA OGGI architettura e comunicazione n. 47/2001). In quel progetto si riprendeva la basilica biabsidata come elemento germinatore che, per giustapposizioni, scarti, affiancamenti, sovrapposizioni, genera uno spazio tanto articolato quanto complesso e riconoscibile. Tanto connesso con la tradizione quanto rivissuto con dinamica modernità. In questa basilica di San Bartolomeo al Mare si ritrova lo stesso gusto: la basilica e l’abside sono temi fecondi che offrono immagini cangianti grazie ai tagli e alle intersezioni che lo movimentano.
Alla chiara direzionalità del percorso che conduce all’altare, si aggiunge la complessità di uno spazio che si dilata e rinasce, uguale e diverso, secondo un triplice accostarsi che offre aperture di luce laterali e sommitali, mentre i semiarchi si protendono in costolature asimmetriche su due lati e compongono un ambiente dilatato e variamente ritmato.

Dall’alto: il castello delle campane è coperto da una lastra traforata; schizzi prospettici della parte absidale e dell’ingresso alla chiesa dallo snodo centrale; vista dall’alto della chiesa, sulla destra la rampa dell’accesso centrale

Chiesa della Divina Misericordia a San Bartolomeo al Mare (Imperia)

Progetto architettonico e d.l.: Prof. Arch. Eugenio Abruzzini, Roma
Strutture in c.a.: Ing. Stefano Ventura
Diffusione sonora: Fulgor Service, Arcola (La Spezia)
Coperture in rame: Tegola Canadese, Vittorio Veneto (Treviso)
Campane: Capanni Fonderie, Castelnovo nè Monti (Reggio Emilia)
Foto: Stefano de Lorenzi – Studio Principe

"Abside e pseudo navate laterali suggeriscono una tipologia a tre navate – scrive Abruzzini – conforme alle tipologie più ricorrenti nella storia, ma gli elementi formali risultano fratturati, incompleti. La dissimmetria e l’incompletezza della forma riflettono le dissonanze del mondo che abbiamo costruito.
Dobbiamo ricominciare a mettere insieme un mondo di sicurezza, di pace, di fiducia sull’opera salvatrice di Cristo. Siamo noi i soggetti sollecitati a compiere questi congiungimenti: la chiesa-edificio non può interpretare oggi una realtà statica… Le strutture interne si elevano a fatica, e la lacerazione della forma inonda di luce tutta l’aula, inizialmente dall’alto e successivamente fino al presbiterio… La chiesa edificio non può essere un luogo totalmente separato, perché anch’esso deve essere riscattato dal senso delle nostre azioni, costituisce una discontinuità nella città
perché è un luogo diverso, privilegiato…”
Nell’ambiente oblungo i luoghi liturgici sono presenze ben definite, semplici ma scultoree, che si manifestano con una ricerca di significato E, nell’abside, al posto del crocifisso, una madonna theotòkos aggiunge uno sprazzo di colore.

(L.S.)

 

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