Siamak G. Shahneshin – Biocittà ed economia sostenibile

I cambiamenti climatici, che tutti noi viviamo, stanno influenzando fortemente il modo in cui avvertiamo e parliamo della nostra società.
Ne è testimone la forte attrazione politica e mediatica che questo argomento ha provocato negli ultimi tempi. Sebbene la retorica circa la sostenibilità globale sia diventata abbastanza elaborata e seducente tanto che i politici organizzano show planetari, il loro discorso rimane molto spesso astratto, per non dire vago, in termini di azioni efficaci. Ma il cambiamento climatico potrebbe indubbiamente diventare un grande tema ricorrente per paesaggisti e urbanisti, utile a questi per espandersi professionalmente: sarebbe una grande opportunità se queste figure riuscissero a richiamare determinate azioni con possibili impatti sull’ambiente nel suo complesso. Il numero di possibili misure da attuare sul paesaggio e sulle città, per continuare su quest’aspetto cruciale, è molto ampio e solo all’inizio; inoltre per i paesaggisti e urbanisti ci sono molti ostacoli da superare, non solo politici e amministrativi, ma anche concettuali e metodologici. Parlando dei cambiamenti climatici, non si può tralasciare il tema della sostenibilità, che non è molto compreso; c’è molta confusione intorno ad esso. Due semplici concetti possono ridurre la confusione sulla definizione di sostenibilità e città sostenibili. Primo, comprendere la sostenibilità significa comprendere che ogni cosa è connessa: l’economia, l’ambiente, la comunità e la salute individuale. Se una parte di questo sistema è stressata e disturbata, anche le altre parti saranno danneggiate. Secondo, ogni nostra azione di oggi influenza il domani. Se noi esauriamo tutte le risorse a basso costo e inquiniamo i corsi d’acqua, gli oceani, la terra e l’aria, allora i nostri figli dovranno rimediare tutto il nostro disordine. L’ambientalista canadese David Suzuki ha fornito un aneddoto circa il suo desiderio di comprendere di più ciò che egli ha chiamato la più grande malvagità che l’ambiente globale deve affrontare: la ‘pseudo’ scienza dell’economia. In altre parole, nel modello lineare della creazione del capitale finanziario, quale valore è assegnato agli alberi, al suolo e ai materiali terrenei utilizzati come combustibili nel processo di creazione della ricchezza, e quale valore è dato all’inquinamento risultante?

Il nostro mondo è ad un punto di svolta. L’era industriale alimentata con carbonio sta finendo e i due trilioni di riserva di petrolio, la nostra esternalità più liberamente abusata, hanno raggiunto il picco del 50% con la metà rimanente troppo costosa da estrarre. Le emergenze convergenti del ventunesimo secolo – cambiamenti climatici e picco del consumo di petrolio – sono alle porte. L’iper sviluppo negli ultimi 100 anni della popolazione che si alimenta a petrolio ha portato da circa un miliardo di persone nel mondo preindustrializzato a 6.6 miliardi oggi e si stima che raggiungerà gli 8 miliardi entro il 2025. 3.2 miliardi di persone al mondo vivono in metropoli dilatate o in bassifondi di periferia. La capacità di carico ecologica è stata di gran lunga superata.

 
La progettazione e la produzione dei biglietti da visita del nostro ufficio con il riciclaggio dei rifiuti
Lo sviluppo del Corridoio del Fiume Trinity a Dallas: lo schizzo illustra come il verde si espande nel tesstuto urbano e lungo il fiume, creando le nuove situazioni per il tempo libero, altrettanto per la fauna e la flora 
Lo sviluppo del Corridoio del Fiume Trinity a Dallas: schizzo

Il dilemma della società moderna è complesso. Possiamo sopravvivere nei nostri contesti urbani senza un petrolio combustibile a basso costo? Possiamo realmente migliorare le efficienze in un intervallo temporale di 7 anni, tempo indicato dall’International Panel on Climate Change per sventare il danno irreversibile alla biodiversità e una tragedia umana su larga scala? Al fine di sopravvivere come civiltà, dovremo rinunciare a molti privilegi che abbiamo imparato a dare per scontati. James Howard Kunstler, nel suo recente libro The Long Emergency, argomenta che il nostro mondo diventerà profondamente locale e legato più direttamente all’agricoltura e alla produzione di cibo come è stato nell’era pre-industriale. Kunstler argomenta che la globalizzazione è destinata a breve a divenire vittima dell’esaurimento di petrolio combustibile a basso costo. Ma la maggior parte degli economisti sono in disaccordo, assumendo che si verificherà una sostituzione che alimenterà il desiderio di una crescita economica senza fine.
L’assunto è che la capacità di carico della terra è senza limite. Manmano che la fornitura di petrolio globale diminuisce, il panorama geopolitico diventerà meno globale e più introspettivo. Le problematiche locali prenderanno il sopravvento sugli affari internazionali. Le economie dipendenti da forniture globali soffriranno profondamente, portando i mercati finanziari e i governi a dei capovolgimenti. Ci sarà una lunga recessione caratterizzata da perdite o da economie in stallo. La nostra civiltà tornerà di nuovo ad economie locali basate sull’agricoltura dei terreni circostanti per la produzione alimentare e sulle sorgenti di energie rinnovabili. Questi cambiamenti tipologici sull’utilizzo di terreni richiederanno la creazione di forme urbane radicalmente modificate. Cina ed India si dirigono a tutta velocità verso l’industrializzazione, e non hanno alcuna intenzione di rallentare la loro transizione verso un’economia industriale – senza contare certamente gli altri Paesi in via di sviluppo come il Brasile, il Venezuela e molti Paesi africani che non hanno alcuna intenzione di rimanere economie rurali. Con queste premesse è logico dedurre che accanto all’esaurimento del petrolio dovremo accettare come inevitabili i cambiamenti climatici. Questo non per sostenere che interrompiamo i nostri sforzi per ridurre l’impegno ecologico, ma semplicemente per avere una visione pragmatica basata su osservazioni del paesaggio geopolitico contemporaneo.

Quindi sorge la domanda, a che livello, se è possibile, possono i paesaggistici e gli urbanisti rendere le nostre città più resistenti ai cambiamenti climatici e reimpostarle al funzionamento senza il petrolio a basso costo? Cina ed India si dirigono a tutta velocità verso l’industrializzazione, e non hanno alcuna intenzion
e di rallentare la loro transizione verso un’economia industriale – senza contare certamente gli altri Paesi in via di sviluppo come il Brasile, il Venezuela e molti Paesi africani che non hanno alcuna intenzione di rimanere economie rurali. Con queste premesse è logico dedurre che accanto all’esaurimento del petrolio dovremo accettare come inevitabili i cambiamenti climatici. Questo non per sostenere che interrompiamo i nostri sforzi per ridurre l’impegno ecologico, ma semplicemente per avere una visione pragmatica basata su osservazioni del paesaggio geopolitico contemporaneo. Quindi sorge la domanda, a che livello, se è possibile, possono i paesaggistici e gli urbanisti rendere le nostre città più resistenti ai cambiamenti climatici e reimpostarle al funzionamento senza il petrolio a basso costo?

Le città faranno ingresso in una fase di post-mobilità dove l’automobile in sé, tornerà ad essere un mezzo di trasporto di elite. Senza petrolio a basso costo per produrre le plastiche, i metalli e i componenti delle nuove macchine, i veicoli esistenti saranno adattati all’alimentazione elettrica finché l’usura non li porterà alla loro fine. Il mantenimento delle pavimentazioni stradali, senza il catrame per creare l’asfalto porterà all’abbandono della maggior parte delle infrastrutture stradali suburbane. Non appena viaggiare con un veicolo diventerà insostenibile per la maggior parte dei cittadini, i sobborghi di periferia saranno abbandonati perché senza servizi. In molte città occidentali, solo il 33% della popolazione ha accesso ai mezzi pubblici e principalmente nelle aree centrali. Senza automobili, la maggior parte delle periferie non avrà mezzi per muoversi per procurarsi il cibo o per viaggiare per lavorare. I viaggi di tutti i giorni dovranno essere fatti con il trasporto pubblico reso possibile organizzando la vita più densamente.
Le città di tutto il mondo dovranno affrontare gli stessi problemi.

Gli amorfi distretti mono-uso, favoriti dalle regole industriali di suddivisione in zone, dovranno essere rimpiazzati da quartieri che supportano e catalizzano la complessità biogenica. Le reti sociali varie dovranno essere la spina dorsale delle comunità di lavoratori organizzate intorno a villaggi metropolitani distinti da capacità specialistiche degli operai collegati alla produzione locale dei prodotti. L’attività di riciclaggio diventerà altamente specializzata e necessaria, dal momento che i rifiuti diventeranno il nuovo oro. Quando i nuovi materiali basati sul petrolio avranno costi di produzione proibitivi, le città creeranno sofisticate metodologie per riciclare i materiali esistenti. Il modello naturale dovrebbe essere il nostro modello/standard di pensiero, di vita, di lavoro, del viaggiare, del progettare, di costruire e di consumare. Noi possiamo utilizzare la natura come modello per riprogettare il nostro mondo per renderlo più eco-efficiente, ed assicurare che i materiali non siano degradati e persi. I materiali di costruzione dei nuovi edifici saranno riciclati dalla dismissione di tratti suburbani abbandonati o generati dalle vicine fonti rinnovabili. I nuovi prodotti saranno progettati non per diventare obsoleti ma per rinnovabili cicli di vita.

Hobart Waterfront Development, Australia: topografia e situazione attuale dell’area
Hobart Waterfront Development, Australia: Land Form and shrinkage project based on climatic facts

La produzione alimentare sarà riallineata al nutrimento del terreno prezioso usando le strutture di permaculture e metodi organici. I complessi processi tecnologici e di confezionamento degli alimenti dell’economia agroindustriale, insieme con i loro impianti su scala industriale, saranno troppo costosi da far funzionare. Le biocittà abbracceranno i loro hinterlands agricoli per il loro valore comune ecologico, piuttosto che usarli come luoghi per la speculazione edilizia. I parchi urbani saranno convertiti in paesaggi produttivi e usati per l’educazione degli abitanti sulle perdute tecniche di lavorazione della terra.

Con un’attenzione crescente sulle politiche, scienze ed economie ambientali, questo è il momento opportuno per le pianificazioni urbane e per l’architettura paesaggistica. Le emergenti industrie ad alimentazione post-fossile stanno proponendo eccitanti possibilità per le strategie urbane che capitalizzano sulle economie sostenibili e sul capitale naturale.

Lo studio SHAGAL | iodaa – interdisciplinary office for design architecture and arts – ha recentemente intrapreso una ipotetica promulgazione di una politica urbana del carbonio per Hobart Waterfront 2006 in Australia, il nuovo masterplan dell’aeroporto di Zurigo nel 2005, e precedentemente per lo sviluppo del corridoio del fiume Trinity a Dallas, USA; nel 2002 per il progetto di una Nuova Città nell’est della Cina, per il progetto strategico nel 1998 per il centro città di Atene e nel 1996 per il Parco Cincinnati di Torino.

L’obiettivo comune era quello di esplorare su un terreno teorico come il tessuto vivente di una biocittà potrebbe essere adattato in una conurbazione per catalizzare la transizione di una regione dallo sfruttamento delle risorse alla conservazione delle risorse.

La proposta principale per l’Hobart Waterfront era quella di semplificare il bordo dell’acqua, rigenerare il centro città con i cambiamenti nell’utilizzazione del territorio, e rinnovare il lungomare di Hobart registrando su un monitor lungo un chilometro, a pannelli solari, con accumulazione di carbonio con una bio-banca ed un museo. Man mano che la bio-banca accumula capitale di carbonio, il colore dei pannelli solari di vetro del monitor del credito di carbonio variano dal rosso al
verde utilizzando le nano tecnologie e i nano materiali. Il guadagno sarebbe chiaramente visibile ai residenti e visitatori di Hobart dimostrando il contributo globale positivo che Hobart fornisce al clima mondiale. Le simulazioni ed i calcoli al computer dimostrano che il nostro progetto per la bio-banca di Hobart, da solo potrebbe fronteggiare quasi tutto il fabbisogno di un bacino di carbonio per un intero anno. In aggiunta, il concetto di questo progetto potrebbe ripristinare
la biodiversità, rimpiazzare gli habitat ecologici, favorire il turismo e la creazione di posti di lavoro, e proteggere le falde di acqua potabile. Il nostro progetto per Hobart mostra come una regione può rivalutare il suo capitale naturale e creare beneficio per l’economia locale e per la comunità glo
bale adottando i criteri della biocittà. Il Parco di Cincinnati a Torino è uno dei dieci parchi varato dalla Commissione Europea per l’Ambiente. SHAGAL | iodaa ha previsto per il Parco di Cincinnati un funzionamento come biotopos: l’acqua piovana viene raccolta e purificata con un sistema di filtri e una selezione speciale di piante riflette la ricchezza della vegetazione acquatica.

Nel progetto per la Cina, abbiamo previsto una nuova città dove il paesaggio è ‘tirato su’: l’orizzonte dei tetti della città è un ridisegno a specchio della topografia esistente in verde. Gli edifici pubblici si fondono con la topografia del paesaggio esistente e sono accessibili a livelli multipli. Il loro tetto verde si estende all’aperto e alle reti dello spazio pubblico, riuscendo a creare una città più salutare, e in futuro, migliori connessioni con gli spazi verdi, senza porre una gerarchia sul paesaggio o sull’architettura. Il sistema di spazi verdi, i canali e i tetti fluttuano tra gli edifici. Su alcuni alloggiamenti dei tetti, questa unica zona urbana promuove una tradizione agricola di giardini comuni e contemporaneamente permette la proliferazione di una risorsa di cibo locale e sostenibile. I giardini tradizionali ornamentali sui tetti richiamano la tradizionale orticoltura cinese, creando uno spazio dedicato nella città e fornendo a queste forme d’arte una casa permanente.
I tetti verdi nella biocittà forniscono molti benefici, incluso la conservazione dell’energia, una risorsa di cibo sostenibile, ritenzione e purificazione dell’acqua piovana, e una connessione con il paesaggio naturale e i cambiamenti stagionali. Fornendo uno strato isolante di terreno e piante, i tetti verdi riducono l’assorbimento di calore nei mesi caldi e funzionano da coperta durante i mesi più freddi sia per gli edifici che per la città stessa, riducendo drasticamente le isole di calore urbane.

Hobart Waterfront Development, Australia: lo schizzo illustra l’introduzione del verde nel contesto
Il Nuovo Masterplan dell’aeroporto di Zurigo: le linee color giallo indicano la delimitazione dell’area della prima fase di riduzione

Per Atene, una delle strategie concepite era quella di riadattare il tetto della maggior parte degli edifici nel centro, come parte della nostra principale proposta per l’Urban Heat Island. Monitorando attentamente il progredire del progetto, il municipio di Atene ha iniziato a sviluppare delle linee guida e delle specificazioni per i futuri tetti verdi nell’area sulla base del nostro progetto master plan. In questo masterplan si è anche previsto che l’intero centro storico della città di Atene venga pendonalizzato ed introdotto punti di sosta in verde urbano come nicchie-verdi nei piccoli spazi abbandonati in città. Il progetto prevede anche una struttura di origami rampicanti – come un gigantesco ornamento – che copre tutta l’altezza della facciata dell’edificio, con un sistema per irrigare le piante rampicanti che vi cresceranno. La facciata letteralmente verde è un gesto simbolico verso la natura ed agisce come un filtro ed una seconda pelle. È un’alternativa al vetro o all’alluminio. L’impegno dello studio SHAGAL | iodaa nella produzione di zero rifiuti si traduce anche nella progettazione e produzione dei propri biglietti da visita, realizzati usando inchiostro e colla vegetale, e stampato da una stampante locale alimentata eolicamente. Alla fine i biglietti da visita comunicano molto più delle mere informazioni per contattarci. Questi biglietti da visita costituiscono il nostro tentativo di aiutare le persone a capire che tutti siamo parte del problema, e che
tutti possiamo facilmente essere parte della soluzione. Il risultato di tutte queste ricerche e progetti suggerisce che noi possiamo mettere in atto i cambiamenti se siamo preparati a ripensare al valore delle nostre esternalità. SHAGAL iodaa, Zurigo, interdisciplinary office for design architecture and arts


Bibliografia
Bruno Kreisky, Hundertwasser, Glarus: Verlag Gruener Janura, 1980.
James Howard Kunstler, The Long Emergency, Cornwall: Atlantic Press, 2005
La redazione, Antartide, si stacca un gigantesco iceberg, in: La Repubblica, 26 Marzo 2008.
Siamak G. Shahneshin, et al., ‘The Weeping Landscape’, in: Urban and Landscape Perspectives, New York: Springer Publishers, 2008.
Siamak G. Shahneshin, ‘A manifesto for better world’, in: Landscape magazine, n. 16, September 2008, pp. 20-23.
Siamak G. Shahneshin, ‘Natura, la nostra guida’, in: L’architettura oltre la forma. Paesaggi urbani sostenibili, a cura di G. Marucci, Milano: Di Baio Editore, pp. 127-131, 2008.
Siamak G. Shahneshin, Learning from Flora e Fauna, in: Landscape magazine, n. 13, Luglio 2008, pp. 44-46.
Siamak G. Shahneshin, ‘The Weeping Alps: what else?’, in Kleine Metropolen, Karlsruhe: Verlag, mens architecturae, 2007.
UN Commission on Sustainable Development, in Economic and Social Council: Official Records, n. 9, New York: UN 2008.

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