S.E.R. Mons. Francesco Marchisano

Nel decimo anniversario di CHIESA OGGI architettura e comunicazione, abbiamo richiesto ai componenti del Comitato Scientifico di esprimere una ponderata valutazione sull’architettura delle chiese nuove e su quali ritengano più significative, tra le chiese pubblicate nel corso di questi anni. Ecco le loro risposte.

«La Chiesa ha prodotto nel mondo il più grande patrimonio artistico e storico di qualsiasi civiltà: questo è ammesso da tutti. Il Papa insiste perché questo patrimonio possa diventare ancora, e soprattutto oggi, uno strumento, un aiuto per quella nuova evangelizzazione di cui continuamente il Santo Padre parla in tutti i continenti… Sono contento che questa rivista veda la luce e mi auguro di cuore che abbia un grande successo. Sarò ben lieto di mandarla a tutte le Conferenze Episcopali del mondo, perché in tutto il mondo si conosca quello che si fa in Italia in questo settore….»
S.E.R. Mons. Francesco Marchisano, Presidente, Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa (Convegno di presentazione del primo numero di CHIESA OGGI architettura e comunicazione, 1992)

WOTRUBA, FRITZ – MAYR, FRITZ GERHARD
Chiesa della SS.Trinità, Vienna (Austria)
Realizz. 1974-’76
MAKOVECZ, IMRE
Chiesa di Paks (Ungheria)
Realizz. 1987-’90
MICHELUCCI, GIOVANNI
Santuario Beata Vergine della Consolazione, Borgo Maggiore
(Rep. di San Marino)
Realizz. 1961-’67
TALLONE, GUIDO
Chiesa nella Sacra Famiglia
(Locarno – Svizzera)

Mons. Arch. Giancarlo Santi Direttore, Ufficio Beni Culturali della Conferenza Episcopale Italiana
Egregio Direttore, Le invio la mia personale risposta alla richiesta contenuta nella Sua lettera del 27 luglio u.s. Sottolineo il fatto che si tratta di valutazioni del tutto personali, non istituzionali. Mi si chiede di indicare tre progetti, tra i più rappresentativi del periodo postconciliare (1965- 2001), guardando anche fuori dei confini italiani, e di motivare le scelte.
1. Due considerazioni a modo di premessa. Primo: ritengo che a 35 anni dalla fine del Concilio, il messaggio del Vaticano II, almeno per quanto riguarda il nostro Paese, sia ancora in fase di assimilazione anche per ciò che concerne l’architettura per la liturgia. Le opere di architettura, perciò, per quanto valide – e molte lo sono -, corrispondono alla fase che stiamo vivendo: che è, appunto, di lenta e discontinua assimilazione. Per questa ragione di carattere generale mi risulta difficile individuare progetti “in tutto” aderenti al programma conciliare. Molti lo sono parzialmente, per questo o per quell’aspetto. Di conseguenza non credo sia possibile identificare progetti che, globalmente considerati, si possano ritenere esemplari quasi che la ricerca fosse conclusa. Al contrario, sono convinto che la ricerca sia ancora aperta, cioè che sia stata iniziata ma non conclusa e che sia molto importante sostenerla con costanza, indicando strade e soluzioni, anche se parziali e imperfette. Personalmente ritengo dannoso illudere la committenza – sempre ansiosa di avere tra le mani soluzioni semplici, rapide e a buon mercato, in modo da evitare, per quanto possibile, la fatica della ricerca – facendole balenare l’idea che ormai i giochi sono fatti e che è sufficiente assumere come modelli due o tre progetti e tutto è risolto. D’altra parte ritengo non realistico far passare la convinzione pessimistica che ci si trova ancora al punto zero, che tutto deve ancora essere detto e fatto, che in fondo oggi non sappiamo creare nulla di valido, che tanto vale tornare indietro, che tutto si equivale, come se la ricerca non avesse fatto che passi falsi. Per quanto mi riguarda sono convinto inoltre che alcuni punti di metodo sono stati chiariti nel corso dei passati 35 anni: su di essi non vi dovrebbero più essere dubbi. In particolare, sembra ormai chiaro che per ottenere dignitosi progetti di architettura per il culto cattolico: i progettisti devono essere scelti con grande cura da parte di persone competenti che operano la selezione a nome del committente; ai progettisti occorre che la committenza fornisca programmi liturgici, pastorali, finanziari precisi, tempo sufficiente, stima e risorse, e una collaborazione competente innanzi tutto dal punto di vista liturgico; fin dall’inizio il gruppo di progettazione deve comprendere, accanto al progettista, uno o più artisti e un liturgista veramente qualificato; prima di iniziare la costruzione il progetto sia completo in tutte le componenti: gli impianti, le verifiche riguardanti la illuminazione, la diffusione sonora, la dimensione climatica, gli arredi, i luoghi liturgici; infine occorre che vi sia proporzione tra il progetto e le disponibilità di risorse finanziarie e che, in presenza di risorse limitate, sia possibile realizzare il progetto per gradi; da ultimo il progetto venga affidato a un’impresa molto qualificata opportunamente controllata dal committente nel corso dei lavori. Tutto ciò, peraltro, è detto per esteso nella Nota della Commissione episcopale per la liturgia della Conferenza Episcopale Italiana “La progettazione di nuove chiese” pubblicata nel 1993. Secondo: mi è difficile indicare progetti anche perché, rispetto al tantissimo che è stato progettato e costruito in Italia e nel mondo, conosco solo un numero limitato di progetti e li conosco in modo insoddisfacente. In altri termini, nonostante l’impegno di alcune pubblicazioni, credo che ci troviamo ancora in una situazione insoddisfacente sia dal punto di vista documentario sia dal punto di vista critico. Per le considerazioni che ho appena espresso, considererei rischioso indicare nomi di progettisti affidabili. Perciò, a committenti italiani disposti a lavorare secondo i criteri che ho indicato segnalo, oltre ai vincitori dei nove concorsi nazionali indetti dalla Conferenza Episcopale Italiana nel 1998, 1999, 2000 e ai vincitori dei concorsi indetti dalla Diocesi di Milano nel 1990 e dal Vicariato di Roma nel 1994 e nel 1996, un gruppetto di architetti italiani che sono stati invitati ai conc
orsi della C.E.I. e che, pur non avendo vinto, hanno dimostrato grande capacità di adesione e di interpretazione del tema: da essi, secondo il mio personale parere, ci si può ancora attendere molto: Augusto Romano Burelli, Massimo Carmassi, Francesco Cellini, Pasquale Culotta, Nicola Di Battista, Giorgio Grassi, Antonio Monestiroli, Adolfo Natalini, Pier Carlo Pellegrini, Mosè Ricci, Italo Rota, Luca Scacchetti, Francesco Venezia, Paolo Zermani, Cino Zucchi. Evidentemente l’elenco che ho fornito è di tipo indicativo. Va da sé che, oltre a quelli che ho ricordato vi sono molti altri architetti sui quali si può fare sicuro affidamento; tuttavia – e questa è la nota dolente -, il committente ecclesiastico medio raramente è in grado di individuarli. Non è vero, dunque, che non vi siano in circolazione architetti di alta qualificazione disposti a progettare con noi, in un clima di vera collaborazione, chiese nuove. Ai committenti e anche ai più giovani tra i progettisti italiani, ad ogni buon conto, se ve ne fosse bisogno, mi permetto di segnalare, alcuni architetti di varie tendenze, che hanno dato corpo alla tradizione più recente; essi sono documentati, insieme ad altri insigni progettisti, nella mostra fotografica itinerante “Segni del 9cento. Architettura e arti per la liturgia in Italia”: Enrico Castiglioni, Luigi Figini, Roberto Gabetti, Ignazio Gardella, Enea Manfredini, Giovanni Michelucci, Saverio Muratori, Giovanni Muzio, Gino Pollini, Gio Ponti, Ludovico Quaroni, Giorgio Trebbi, Giuseppe Vaccaro. Gli architetti italiani che ho appena citato, insieme ad altri, hanno collaborato a progettare chiese che hanno aperto la strada al Concilio Vaticano II e ne hanno seguito l’attuazione. In questo modo, pur limitandomi ad elencare alcuni nomi, confermo che il Novecento non mi sembra sia stato un secolo buio, per quanto riguarda l’architettura per il culto in Italia, al contrario.

BOTTA, MARIO
Cappella del Monte Tamaro, Santa Maria degli Angeli,
Lugano (Svizzera)
Realizz. 1994
VAN DER LAAN, HANS
Abbazia di San Benedetto,
Vaals (Olanda)
Realizz. 1956-’86
BOTTA, MARIO
Cattedrale di Evry
Parigi (Francia)

2. I tre progetti. Tuttavia, poiché mi si richiede di indicare progetti e non progettisti segnalo tre progetti recentissimi, espressioni diverse di una comune situazione di ricerca. Si tratta di progettisti viventi, di area culturale europea. La chiesa di Heinz Tesar, architetto e docente universitario austriaco, realizzata negli anni 1999-2000 a Vienna, dedicata a Cristo speranza del mondo. La chiesa di Alvaro Siza Vieira, architetto e docente universitario portoghese, realizzata a Marco di Canavezes (località a pochi chilometri di distanza da Porto, in Portogallo) negli anni 1994-1996, dedicata a Santa Maria (v. foto n° 7). La chiesa di Vincenzo Melluso, architetto e docente universitario italiano, in corso di progettazione esecutiva a Potenza, dedicata a Gesù Maestro. In tutti e tre i casi si tratta di chiese che fanno parte di complessi parrocchiali commissionati dalla Chiesa cattolica in zone di espansione urbana che presentano difficoltà notevoli; si tratta di opere di architetti in piena attività che, in dialogo con liturgisti e artisti, hanno saputo fare tesoro dell’esperienza maturata negli ultimi decenni e si muovono lungo la strada indicata dal Concilio Vaticano II. Il progetto di Alvaro Siza, notissimo, premiato, è diventato un riferimento d’obbligo. Il progetto di Heinz Tesar è anch’esso noto anche se molto meno rispetto a quello di Alvaro Siza. Il progetto di Vincenzo Melluso, si può considerare un inedito. Nessuno dei tre progettisti è giovanissimo: Alvaro Siza è nato nel 1933, Heinz Tesar è nato nel 1939 e Vincenzo Melluso, il più giovane, è nato nel 1955. Tutti tre sono docenti universitari e questo testimonia che il mondo universitario sta tornando a essere per la Chiesa un interlocutore di prim’ordine. I progettisti sono stati scelti con metodi diversi: nei primi due casi l’incarico è stato conferito direttamente dal committente con la particolarità che a Alvaro Siza l’incarico è stato conferito su diretta segnalazione e insistente richiesta del parroco; nel caso di Vincenzo Melluso l’incarico è stato dato a conclusione di un concorso internazionale a inviti del quale l’architetto Melluso è risultato vincitore.
3. Le motivazioni. Do in primo luogo le motivazioni comuni ai tre progetti. Faccio seguire motivazioni specifiche e concludo con alcune osservazioni critiche.
3.1 Motivazioni comuni.
I tre progetti mi sembrano meritevoli di segnalazione perché, in contesti diversi, ciascuno con un proprio linguaggio, hanno saputo risolvere in modo brillante tutte (non solo alcune) le questioni che si pongono ogni qual volta, oggi, ci si accinge alla progettazione di un complesso parrocchiale in cordiale sintonia con le richieste del committente: la chiara identificazione del tema; la qualità urbana (equilibrato rapporto con il contesto costruito e naturale, relazione logica con la rete viaria); la qualità ecclesiale (identità e funzionalità pastorale; articolata proposta liturgica e iconografica secondo il Concilio Vaticano II, integrazione tra le arti, sostenibilità economica e gestionale); la qualità formale (adesione alla cultura architettonica attuale insieme a un non interrotto dialogo con la tradizione; disegno semplice, immediato, riconoscibile, tono elevato ma sobrio e discreto, nessun trionfalismo e nessun mimetismo; progetto completo: dagli impianti agli arredi).

PIANO, RENZO
Santuario di Padre Pio a S.Giovanni Rotondo, Foggia.
In costruzione – n. 39-00/p.42 (cantiere)
n. 10-94/p.70 (progetto)
SIZA VIEIRA, ALVARO
Complesso parrocchiale Santa Maria a Marco di Canavezes, Porto (Portogallo)
Realizz.1994-’96
MICHELUCCI,GIOVANNI
Chiesa a Longarone, Belluno.
Realizz. 1975
BENDITO, JOSEP-MATEOS, AGUSTÍ
Centro ecumenico Olimpiadi di Barcellona-Centro Abraham, Barcellona (Spagna)
Realizz. 1992

3.2 Le motivazioni specifiche
Alvaro Siza: la chiesa dedicata a Santa Maria è stata giudicata, ed è un giudizio che condivido, un capolavoro di semplicità. Si dispone nella luce naturale e la utilizza saggiamente anche come elemento di suggestione interna. Straordinariamente coerente in tutti i suoi elementi, compresi gli arredi come le sedie. Attenta alla liturgia e nello stesso tempo non distratta né supponente nei riguardi delle devozioni popolari. Minimalista e nello stesso tempo ricca di invenzioni. Il minimalismo dell’architettura, degli arredi e delle immagini consente alle persone singole e all’assemblea liturgica di assumere il ruolo che è loro proprio, di protagonisti. Il vuoto, l’ambiente rarefatto rinvia a una presenza: l’evento celebrativo.
Heinz Tesar: la chiesa dedicata a Gesù speranza del mondo accetta di muoversi entro limiti dimensionali stringenti e in un contesto dominato da un monumentale e incombente edificio pubblico, in una situazione, cioè, che avrebbe ragionevolmente motivato scelte catacombali o mimetiche. Tesar non si arrende: gioca con energia nella piccolissima dimensione. Scende nel sottosuolo per quel tanto che ritiene necessario ma mantiene la chiesa in superficie, ben visibile. Imprime al volume una elementare modulazione in forma di croce e progetta un interno di grande suggestione, una sorta di sorpresa barocca. In una grande città, specialmente in periferia, la chiesa, affogata tra le case, deve inevitabilmente essere scoperta, ma quando la si scopre e vi si entra nulla è più come prima: come uno scrigno essa rivela entro un mondo noto un mondo nuovo e stupefacente. Il cielo, la luce bianca e l’azzurro del cielo, vi appaiono come presenza, involucro e metafora.
Vincenzo Melluso: il complesso parrocchiale con la chiesa dedicata a Gesù maestro, rispetto agli altri due è il più ricco di invenzioni, complesso e articolato, un frammento di città. Per la chiesa l’architetto adotta un prisma a pianta pentagonale che, insieme al campanile, spicca nel complesso dell’insediamento parrocchiale. All’interno il volume della chiesa è intensamente modellato e attraversato da tagli di luce suggestivi. L’impianto liturgico della navata è assai originale: distanzia l’altare dalla sede e dall’ambone alquanto elevato, mentre fa comparsa una grande abside intensamente colorata di blu e dominata da una croce inclinata. Risulta evidente quanto la collaborazione attiva e integrativa tra architetto, artista e liturgista abbia saputo dare frutto.
3.3 Valutazioni critiche
Di nessuno dei tre progetti mi è nota la rispondenza alla celebrazione e alla preghiere. Poiché la questione è decisiva, su questo punto sarebbe opportuno un supplemento di documentazione. Al progetto di Alvaro Siza porterei due punti di critica relativamente alla qualità liturgica. La conformazione della navata e il suo rapporto con il presbiterio sembrano ancora lontani dal desiderio di portare, per quanto possibile, l’altare dentro, nel cuore dell’assemblea, riducendo ogni eccessiva lontananza e creando un rapporto di interiorità. Il suo progetto dà una forte impressione di frontalità e di immobilità. Anche l’altare e l’ambone avrebbero meritato un ulteriore approfondimento nel senso della forza e, per quanto riguarda l’ambone, nel senso della identità e della immersione nell’assemblea.
Due osservazioni anche per il progetto di Heinz Tesar: il suo ambone continua a essere un leggio. Il clima della chiesa mi sembra un poco asettico. Esprimo un desiderio: è possibile introdurre una nota emotiva con almeno una macchia di colore? Al progetto di Vincenzo Melluso mi limito a formulare un augurio: che sappia sopportare il travaglio della progettazione esecutiva e della costruzione come un tempo intensamente creativo.

 

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