Tale soluzione ha permesso di circondare l’area sacrale di un filtro pavimentale decorato; di iscrivere in esso attraverso l’ordito materico percorsi orientativi e processionali; di evidenziare con «tappeti» policromi i vari ingressi ai due santuari. Il progetto complessivo è ambizioso, poiché prevede la sistemazione dell’intera area. In tal modo, attraverso strutture architettoniche e installazioni artistiche l’ampio spazio viene a sacralizzarsi, così che il pellegrino, contemplando natura e arte, può disporsi, tanto ad entrare nel santuario per adorare Dio, quanto ad uscire da esso per testimoniare nel mondo la propria fede. È fuori luogo ricordare che un santuario è spazio qualitativo per entrare nel quale si richiede un corrispettivo tempo qualitativo. In sintesi il santuario necessita di uno spazio, o meglio, di una struttura che faccia da filtro, da preparazione. Ora è proprio questo il sagrato, il luogo in cui può avvenire il passaggio graduale, l’avvicinamento al Santo. Questo flash denuncia in modo drammatico il problema affrontato dal Premio Nazionale di Idee di Architettura “I Sagrati d’Italia”. Ma il discorso appare in generale, di massima urgenza, non solo a livello di programmazione progettuale tra esperti del settore, ma anche per sensibilizzare ed educare il comportamento ecclesiale. Quanto alla “realtà S. Gabriele”, oggi essa assurge a simbolo di luogo dell’infinito, quasi prototipo di “cittadella sacra”, un’autentica meta di preghiera e di pace per l’uomo contemporaneo.
|