Roma: 50 chiese nuove in un decennioNella pluralità la qualità

Nella pluralità la qualità

La difficile opera di pianificazione del territorio, per consentire che nei nuovi quartieri delle periferie romane le parrocchie siano ubicate in posizione baricentrica. La necessità di armonizzare estetica ed economia. L’impegno per la collaborazione tra Chiesa e progettisti. Parla Mons. Ernesto Mandara, responsabile dell’Ufficio Tecnico del Vicariato di Roma.

Come ha affrontato il suo nuovo compito di responsabile dell’ufficio preposto anche all’edificazione delle nuove chiese per la capitale della cristianità?
Negli ultimi 12 anni ho operato come parroco. Fermo restando che non sono propriamente un addetto ai lavori, il mio
scopo come responsabile dell’Ufficio Tecnico del Vicariato è quello di aiutare i parroci nell’opera pastorale. I problemi ono
ingenti, Roma conosce una continua espansione e molte parrocchie ancora mancano di strutture.

“Bisogna evitare di ricadere in una specie di monopolizzazione delle proposte da parte di un ristretto circolo di professionisti. Una partecipazione diversificata stimola il dibattito e amplia gli orizzonti”
Mons. Ernesto Mandara

Una decina di anni or sono fu lanciata la grande iniziativa "50 chiese per Roma 2000". A che punto è?
Dal ’91 a oggi il Vicario generale, card. Camillo Ruini, ha inaugurato 47 centri parrocchiali e un centro sussidiario di culto. Ma ci sono ancora 20 parrocchie di recente istituzione prive della struttura e 10 alle quali ancora non è stata assegnata l’area sulla quale costruire. Vi sono parrocchie che da trent’anni aspettano: S. Gabriele dell’Addolorata, istituita come parrocchia nel ’72, S. Patrizio nel ’73, S.Vincenzo de Paoli nel ’73….Tra breve dovranno essere istituite altre due nuove parrocchie. Nella zona di Lunghezza stanno costruendo alloggi per 20.000 persone. E a quel che mi dicono, gli alloggi sono rapidamente abitati. Anche noi dobbiamo essere rapidi nel definire le nuove parrocchie, così che i nuovi quartieri non ne restino privi.

Che "strategia" seguite?
Cerchiamo di istituire parrocchie di almeno 10.000 abitanti e di collocarne le strutture in posizione centrale rispetto al nucleo abitato. Questo, naturalmente, non è sempre possibile. Diversi quartieri, soprattutto quelli edificati abusivamente nei decenni passati, non hanno spazi adeguati. Oggi i fedeli si trovano a celebrare in scantinati, e in alcuni casi non v’è la possibilità di erigere nuovi edifici: mancano gli spazi. In questi casi dobbiamo mantenere la collocazione esistente, nobilitandola al meglio anche se purtroppo mancano i luoghi all’aperto, dal sagrato agli spazi per le attività ricreative dell’oratorio…. Là dove invece possiamo programmare in anticipo, collaboriamo con le autorità comunali – sempre attente alla contestualizzazione e a riservare spazi adeguati – affinché i siti per le parrocchie siano baricentrici nel quartiere. A Roma si sta definendo un nuovo piano regolatore, il dialogo con gli amministratori comunali è proficuo e credo che le nostre esigenze potranno trovare ascolto al tavolo della pianificazione.

Un esempio di questo dialogo?
Stiamo studiando il piano per un nuovo quartiere sulla Casilina. C’è un insediamento di circa 6.000 abitanti ed è già destinata un’area per la parrocchia. Ma il quartiere si sta estendendo e tra breve raddoppierà la popolazione: abbiamo chiesto che il sito della parrocchia sia ridefinito così da restare centrale non rispetto all’abitato esistente, ma a come
apparirà dopo l’ampliamento. Il rischio altrimenti sarebbe di dover collocare una chiesa ausiliaria.

Quali sono le fonti dei contributi?
Quelle di sempre: la Conferenza Episcopale Italiana, le collette all’Avvento e a Natale, qualche contributo del Comune. Ci sono anche i finanziamenti regionali per gli oratori: ma sono cifre limitate. Abbiamo 330 parrocchie, ognuna delle quali ha i propri oneri per la gestione dell’oratorio….

Insomma, bisogna risparmiare…
Ricordo un editoriale pubblicato da CHIESA OGGI architettura e comunicazione:" Architetto non essere egoista!". Non parlava proprio di questo, ma mi colpì: a volte gli architetti sono troppo esuberanti ed esigenti, non tengono conto dei limiti economici. Credo che una buona chiesa possa essere realizzata anche in economia.Tre aspetti dovrebbero andare assieme: estetica, funzio-nalità, economia. Spetta all’architetto armonizzare estetica ed economia.

Un esempio di armonizzazione ben riuscita?
La parrocchia di San Patrizio, progettata da Maicher Biagini: il disegno originale è stato riconsiderato in base alle esigenze economiche. Il tutto è risultato alquanto compresso, tuttavia senza che fosse compromessa la configurazione architettonica.

Invece mi sembra che la chiesa di Richard Meier abbia comportato spese non indifferenti….
E’ un caso a sé stante. Sono intervenuti altri fattori, quali la forte sponsorizzazione di diverse società.

Non è forse utile che anche in altri quartieri vi siano interventi talmente eclatanti da attirare gli sponsor?
Forse. Tuttavia il mio ufficio si limita al coordinamento della programmazione territoriale. Preferisco lasciare alla Commissione di Arte Sacra, competente in materia, la responsabilità della scelta dei progettisti e della definizione dei progetti. Quel che mi sembra importante, è che tale Commissione non dovrebbe limitarsi a un vaglio delle proposte esistenti, ma anche spingersi a ipotizzare nuove soluzioni, a propiziare nuovi interventi. E’ importante che questa azione sia portata avanti in modo tale da dare spazio a diverse voci, a una pluralità di linguaggi. Bisogna, insomma, evitare di ricadere in una specie di monopolizzazione delle proposte progettuali da parte di un ristretto circolo di professionisti. Una partecipazione diversificata stimola il dibattito e amplia gli orizzonti, fornisce contributi e idee nuove, evita ripetizioni, arricchisce il patrimonio della
diocesi. Mi sembra inoltre importante che le nuove proposte progettuali siano definite anche di concerto con gli ordini professionali, che garantiscano la serietà e la congruità delle scelte.

Il terzo aspetto di cui parlava, è quello funzionale…
Questo va discusso e chiarito col parroco. Torno ancora sulle parole "Architetto non essere egoista!": si spendono fiumi di parole sulla collaborazione tra architetti e committente…. Ma all’atto pratico il rapporto è ancora difficile. Bisogna, insomma, evitare di ricadere in una specie di monopolizzazione delle proposte progettuali da parte di un ristretto circolo di professionisti. Una partecipazione diversificata stimola il dibattito e amplia gli orizzonti.

Leonardo Servadio

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