RESTAURO – PROGETTI MENZIONATI

L’Ex Convento San Francesco di Rimini, oggi in rovina a causa dei ha più ritrovato la grandiosità che lo distingueva alle origini. Dalle origini ad oggi Sorto per volontà della Chiesa nella seconda metà del XIII secolo, questo luogo è stato fonte di sapere per tutto il rinascimento per poi avviarsi ad un lento declino. Nei secoli si sono succedute diverse attività al suo interno: da convento a caserma, a pinacoteca, fino a museo.
Durante la seconda guerra mondiale subì gravi danneggiamenti.
Finito il conflitto furono avanzate diverse ipotesi di progetto ma la realizzazione di uno di questi(proposto dai BBPR) fu solo parzialmente fatto nell’area di proprietà della Curia (quella più addossata al Tempio Malatestiano) mentre nell’area di proprietà del Comune rimase una lacuna nel territorio, problema mai risolto perché sempre rinviato o non inteso come priorità, ed ignorato a tal punto da realizzare un muro di cinta per non vederne il declino. Oggi questo luogo è il risultato di quella che fu la ricostruzione selvaggia degli anni 50-60, restando comunque documento indispensabile per la comprensione della storia della città.
Il restauro L’intervento ipotizzato mira a reintegrare nel territorio l’edificio attraverso pochi gesti progettuali ed un’attenta opera di conservazione. […]Il progetto affronta un tema suggestivo e di notevole complessità.
Si tratta un’architettura che si presenta allo stato di rudere, connota il paesaggio e, in controcampo, il territorio circostante.
Il castello è situato su un area collinare nel comune di San Felice a Cancello in provincia di Caserta e tale ubicazione condiziona e supporta i tratti connotativi in relazione al sito.
Il suo restauro, che si attua attraverso un progetto di conservazione dell’esistente recupera la memoria storica di un luogo restituendo al manufatto una funzione attiva all’interno del contesto urbano e territoriale.
Il manufatto, quindi, non è considerato come elemento distinto e separato dal sito di cui è parte integrante, bensì come componente indissolubile delle invarianti che danno significato al territorio e che costituiscono i riferimenti essenziali per ogni progetto di sistemazione e valorizzazione.
Tra le finalità del progetto vi è quella di valorizzare un manufatto in relazione alla vita contemporanea, nei suoi molteplici aspetti sociali, economici e culturali. La destinazione d’uso proposta è tale da garantire l’ordinaria manutenzione del complesso, evitandogli nuovi cicli di degrado e, quindi, di restauro.
Le direttrici compositive hanno tenuto conto, in particolar modo, del sistema costruttivo del castello e dei molteplici valori ancora presenti, articolandone l’impostazione secondo le direzioni degli accessi del manufatto. […]1. IL PROGETTO DI RECUPERO
Un tema ricorrente nelle politiche urbane delle città italiane è il recupero e la nuova destinazione d’uso dei complessi e degli edifici che prima erano conventi, ospedali psichiatrici, caserme, gasometri, fabbriche. Dall’Albergo dei Poveri all’ultima chiesa sconsacrata, il centro storico di Napoli è pieno di ex-qualcosa che, anche per la crisi degli ordini religiosi e delle loro scuole private, aumenteranno nel tempo. Si tratta di un’opportunità straordinaria per migliorare la dotazione di servizi locali e localizzare attività attrattive per la cultura, il tempo libero, il turismo
Un esempio notevole, ed oggetto dello studio, è l’ex Ospedale militare ed ex complesso conventuale della SS.Trinità delle Monache, sotto il corso Vittorio Emanuele, a monte di piazza Montesanto che è un importante nodo con tre stazioni (metro, cumana e funicolare).
L’ex convento di Trinità delle Monache risalente al ‘600 che, come pochi altri, è composto da un chiostro a C con un lato aperto sul panorama del centro antico, ha una superficie di circa 30.000 metri quadri di cui 11.500 coperti, con oltre 400 vani.
Il complesso concesso dal Demanio al Comune da diversi anni funziona come parco dei Quartieri Spagnoli e, d’estate, ospita rassegne di cinema e spettacoli all’aperto gradevoli, affollati e a basso costo. […]La città libica di Tripoli: un caso emblematico di città in cui la compresenza di culture eterogenee, di popoli, di uomini, di rapporti sociali che si sono susseguiti e sovrapposti, mescolati e affiancati nel corso dei millenni ha portato ad una complessità del tessuto urbano e degli spazi estremamente articolata e complessa, carattere comune riscontrabile peraltro anche in diverse altre realtà del bacino del Mediterraneo.
Specificatamente il progetto si occupa della medina di matrice romana e poi arabo islamica di Tripoli, medina che è venuta nel corso dei secoli ad assumere un ruolo diverso e strategico all’interno del tessuto della città contemporanea, in particolar modo all’interno di un triplice sistema territoriale legato al porto, al waterfront ed alle grandi arterie di comunicazione.
Un primo approccio è quindi studiare il tessuto della città, prevedendo una riorganizzazione di questi sistemi, tendente a valorizzare la vocazione turistico ricettiva della medina, con lo spostamento del porto commerciale e la creazione in prossimità della medina di un porto turistico e per la piccola pesca. Allo stesso tempo il waterfront di Tripoli è strutturato in modo da collegarsi al Tripoli Green Belt, cintura verde attualmente in fase di realizzazione su progetto di Gilles Clement, in modo da creare all’interno del fitto tessuto della città una vasta area verde legata al tempo libero ed alla percorribilità ciclo pedonale, con attrezzature e luoghi di sosta. […]Il territorio di “Terra di Lavoro”, così come altre regioni italiane, si propone nel Medioevo quale interessante laboratorio per lo sviluppo di sistemi fortificati, costituendo tra il Mille e la metà del Duecento, un’area significativa nell’ambito dell’Italia Meridionale.
Il castello di Francolise rappresenta uno dei più suggestivi castelli di Terra di Lavoro e, al contempo, una delle testimonianze di epoca normanno-sveva meglio conservate dell’intera Campania.
Esso aveva dato origine, nel suo aspetto difensivo, al primitivo insediamento urbano, occupando una posizione di caposaldo marginale rispetto al nucleo del piccolo borgo medievale sottostante.
Il castello che è composto da un solo edificio irregolare da una torre pentagonale, mentre a nord del mastio, una vasta bassa corte è chiusa da mura più basse e rivela stanze con volte a crociera allo stato di ruderi, destinate probabilmente a magazzini, depositi, stalle e dimore di servitù e cortigiani.
Ridotto ad una forma scheletrica a causa dell’opera distruttiva del tempo, dei bombardamenti dell’ultimo conflitto mondiale e delle scosse telluriche che hanno contribuito a lesionare l’intera fabbrica con seri dissesti statici, si presenta in parte interessato dai recenti lavori di restauro, e in parte allo stato di rudere con ambienti privi di solai e di copertura. […]Introduzione ai forti
Quante volte spostandosi a Roma ci si imbatte inaspettatamente nella parola “Forte” chiedendo indicazioni o leggendo il nome di una via. Anche se non facilmente individuabili, i Forti sono noti punti di riferimento per muoversi nella città. Esistono a Roma 15 Forti militari e 4 batterie, che ne costituiscono il Campo Trincerato, una colossale opera di difesa della città che stava diventando capitale del nuovo stato italiano. Nel periodo a cavallo dell’Unità D’Italia infatti, per il timore di un attacco francese proveniente dal mare (Civitavecchia) , si decise di dotare la città di un massiccio sistema di difesa che si distribuiva nel territorio a formare un anello di 40 km di diametro. I Forti, in linea con gli schemi difensivi europei, erano di tipo Prussiano, realizzati in muratura e terrapieno con fossato. Posti a distanze pressoché uguali gli uni dagli altri, si mimetizzavano nel territorio batte
ndo a fuoco di artiglieria le aree circostanti. Tali strutture però non svolsero mai la funzione di difesa per cui erano state progettate a causa della rapida evoluzione delle armi, che li portò ben presto ad essere utilizzate come caserme e depositi.
Il Forte Portuense
Il Forte Portuense fu realizzato lungo la omonima via.Di ridotte dimensioni, presenta un impianto planimetrico costituito da un poligono irregolare il cui fianco più lungo arriva a una lunghezza di più di 200m. […]La tesi prende avvio da alcune riflessioni di natura sociale riguardanti le condizioni dei disabili mentali che per cause biologiche riscontrate alla nascita o per malattie pervenute durante la vita non godono della propria autosufficienza, ma, al contrario, dipendono totalmente dagli altri. In particolare in questo lavoro, dopo un accurato studio delle varie patologie mentali, si affronta il caso della malattia di Alzheimer, ponendosi come obiettivo quello di creare, almeno a livello ideologico, un nuovo modello di integrazione sociale, cura e supporto per i malati. La sfida è quella di superare, per ragioni etiche ma anche pratiche, il modello manicomiale che, nonostante la legge Basaglia del 1980, persiste ancora, sebbene ad una scala più ridotta.
Vengono prese in esame tutte le problematiche di varia natura che concernono la malattia, e vengono trovate alcune soluzioni spaziali che potrebbero ridurle migliorando il benessere del malato e di chi lo gestisce.
L’intero lavoro concettuale viene poi applicato ad un luogo concreto: Ozieri (SS). Si tratta di un paese di 12.000 abitanti, attorniato da diversi paesi minori di cui è il punto di riferimento. L’intero circondario di Ozieri presenta indici di vecchiaia e di dipendenza senile tra i più alti d’Italia, e per tale ragione viene scelto come luogo di progetto.
Il progetto si sviluppa all’interno del centro storico, luogo “ricco di spazi intermediari che assumendo forme ruvide e interstiziali producono radicamento del ricordo e con esso identità”. […]

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