Punta della Dogana: un restauro possibile


Servizio di Caterina Parrello
Foto di Giulio Proli

Nella geografia urbana delle città di tutta Europa sono in atto profondi processi di trasformazione: spazi nati
con destinazioni industriali e commerciali, che nel secolo scorso erano ai margini dei centri storici, diventano oggetto di una riconversione che dà loro una nuova vita, una nuova funzione e che genera una vera e propria "bonifica" dell’area urbana in cui si collocano.
Per iniziativa pubblica o privata, magazzini, fabbriche, macelli, raffinerie, cantieri e caserme, senza perdere traccia della
loro identità originaria, si trasformano in centri polifunzionali dedicati alla produzione e alla fruizione culturale.
L’inaugurazione a Venezia, lo scorso giugno, del complesso di Punta della Dogana, recuperato dalla Fondazione François Pinault su progetto dell’architetto giapponese Tadao Ando, ha messo in evidenza come un intervento di riuso di un’area dismessa all’interno di una città possa segnare una rinascita sia del fabbricato che dell’intero complesso urbano.
La collaborazione tra Tadao Ando e François Pinault inizia a Venezia con il restauro di Palazzo Grassi, che a seguito di un importante intervento di ristrutturazione è oggi sede della collezione di arte contemporanea dell’omonima Fondazione. Seppur prestigioso e ben situato, lo spazio espositivo di Palazzo Grassi si è rivelato “limitato”.
Monsieur Pinault si vide quindi costretto a creare un’altra sede per le sue collezioni.
Quando fu indetta una gara d’appalto per ristrutturare Punta della Dogana, la Fondazione Guggenheim entrò in concorso con l’arch. Zaha Hadid, ma la città scelse il progetto presentato da Pinault di nuovo in associazione
con Tadao Ando. Il lavoro di progettazione è iniziato nel 2007 ed è terminato con l’inaugurazione ufficiale lo scorso
giugno.

1. La Dogana e i suoi magazzini sono opera di Giuseppe Benoni.
Il progetto di quest’ultimo fu preferito, nel 1676 a quello di Baldassarre Longhena, l’architetto della meravigliosa chiesa barocca di Santa Maria della Salute, che sorge all’ingresso dell’area denominata Punta della Dogana.
2. Una vista centrale della prima sala dell’esposizione di arte contemporanea di François Pinault.

3. Durante i lavori di restauro è stata creata una vasca di contenimento in cemento contro l’acqua alta che ricopre tutta la superficie dell’edificio.
4.- 5. Vista e disegno dello spazio a doppia altezza del Cubo progettato da Tadao Ando.

Sebbene più antica di Palazzo Grassi, la Dogana presentava una sfida altrettanto importante.
“Proprio come a Palazzo Grassi – dice Tadao Ando – sia per l’esterno che per l’interno, ogni alterazione che non andasse nel senso di un ritorno all’apparenza originale era fortemente limitata dalle leggi per la conservazione del patrimonio artistico e culturale. Con questi vincoli, venivamo posti nuovamente di fronte al problema di come produrre uno spazio moderno e allo stesso tempo in grado di catturare la forza segreta della costruzione originale. Rimettendo a nudo i mattoni dei muri e le capriate in legno del tetto, che erano state coperte dai restauri successivi, ho voluto enfatizzare il
fascino di quesgli spazi, aggiungendo soltanto qualche elemento strutturale, per rivelare l’individualità dell’edificio.”
Tadao Ando ha scelto, in modo convincente, di vedere l’architettura attraverso la sua forma base, geometrica. L’edifico di Punta della Dogana è caratterizzato dalla sua struttura semplice, razionale. La sua forma triangolare, referenza diretta della forma della punta dell’isola di Dorsoduro, è composta all’interno da lunghi rettangoli suddivisi da una serie di muri paralleli.
Pur dedicando grande attenzione al restauro della struttura esistente, Ando si è concesso un gesto geometrico di grande effetto nel mezzo della pianta triangolare della costruzione: un cubo di cemento alto quanto il resto della struttura, che diventa asse portante di tutti i passaggi che concludono verso spazi rinnovati.
Sia a Palazzo Grassi che a Punta della Dogana, Ando ha dovuto affrontare il problema di come conservare il monumento esistente e nello stesso tempo renderlo adatto a esibire opere d’arte contemporanea.
L’architetto, in questa nuova esperienza, ha puntato a provocare uno scontro a effetto tra il vecchio e il nuovo, inserendo uno spazio delimitato da muri di cemento armato all’interno della struttura esistente; un esercizio che evidenzia la serie di strati storici e porta con sè un senso di chiarezza e di comprensione, invece di coprire o di cancellare la storia.
Riportando alla luce le pareti in mattoni e le capriate, lo spazio ritrova la propria energia e rimanda alle antiche usanze marinare. Ancora una volta, Tadao Ando ha riconciliato la perfezione visuale con la massima semplicità, creando un universo senza tempo.
Anche se l’arte contemporanea esposta nel suo perimetro potrà cambiare negli anni, Punta della Dogana, grazie alla visione e all’impegno di François Pinault e di Tadao Ando, è entrata nel XXI secolo. Venezia, così, potrà offrire di più della sua antica gloria.

La realizzazione degli elementi di cemento concepiti da Tadao Ando è eccezionale. Si tratta di un cemento molto particolare: molto liscio, grigio chiaro, con dei giunti di gettata in cassaforma molto regolari, ma con qualche minima
imperfezione a testimonianza del fatto che il cemento è una materia viva.
Tadao Ando lo definisce il marmo del XX secolo. Per creare un ricco effetto di materia con il calcestruzzo architettonico
ed offrire una testimonianza del passato, Ando ha scelto di utilizzare la pavimentazione tradizionale veneziana (“maegni”) al centro del cubo.
Altrove i pavimenti sono realizzati in cemento (piano terra) e linoleum (primo piano).

PUNTA DELLA DOGANA:
un cantiere modello, un restauro firmato Dottor Group

Per la gestione dei delicati interventi di restauro e recupero di Punta della Dogana, Palazzo Grassi ha incaricato, in qualità di general contractor, Dottor Group Spa, l’azienda veneta attiva in Italia e in Europa nel settore del restauro e dell’edilizia di qualità.
Si tratta del più importante intervento di restauro dal 1600, periodo in cui il complesso della Dogana fu ampiamente rimaneggiato su disegno del Benoni.
Su progetto dell’architetto Tadao Ando, il restauro e il recupero di spazi anche gravemente danneggiati sono stati eseguiti in costante collaborazione con la Soprintendenza di Venezia.
Approfondite analisi filologiche e storiche hanno preceduto il generale ripristino delle antiche volumetrie e il ristabilimento dell’originaria morfologia delle strutture portanti dei magazzini.
"La sfida raccolta da Dottor Group è stata doppia, se si considera che il progetto è stato realizzato nel cuore della laguna di Venezia, all’interno di un edificio che letteralmente galleggia sull’acqua, sprovvisto di un’area cantiere adiacente e raggiungibile solo attraverso l’utilizzo di barche e chiatte" spiega Pietro Dottor.
Il cantiere è stato realizzato in un tempo record di 13 mesi.

La superficie muraria interna restaurata è stata di circa 5.000 mq., grazie all’attento recupero dei paramenti in mattoni originali e al ricorso alla tecnica dello scuci e cuci. La superficie esterna restaurata, di pietra e muratura, ha superato i 3.500 mq. Il restauro del tetto ha richiesto un’attenzione particolare. 90mila i coppi posati, di cui oltre il 50% originali.
La logistica del cantiere e la movimentazione di mezzi e materiale sono avvenute interamente via acqua.
Una delle sfide più delicate dal punto di vista tecnico e logistico ha riguardato la costruzione dei muri Ando.
Nella foto: Pietro Dottor

"Si tratta di gettate di cemento a vista, con pareti lucenti come specchi e soffici come seta, la cui costruzione ha richiesto il ricorso alle più moderne tecnologie e un lavoro artigianale di grande cura – aggiunge Pietro Dottor. – L’obiettivo? Realizzare un quadrato di cemento armato all’interno della sala principale del complesso di Punta della Dogana.
Un cubo alto 7,11 metri, con lati di 16 metri di lunghezza.”
300mila ore di lavoro e solo 2 costole incrinate per via di uno scivolamento accidentale. Questo l’eccezionale risultato in ambito di sicurezza in cantiere ottenuto da Dottor Group. Grazie all’applicazione rigorosa dei più elevati standard di sicurezza.

Il design delle nuove porte e finestre, nonostante la modernità degli elementi in acciaio e in vetro, attinge dall’artigianato veneziano tradizionale. Tadao Ando, infatti, ha ripreso le inferriate di acciaio create da Carlo Scarpa per lo show-room di Olivetti in Piazza San Marco e le ha poste davanti alle porte e alle vetrate del nuovo spazio espositivo.
In questa pagina un particolare della scala in cemento che si trova nella prima sala espositiva.
Il Cantiere di Punta della Dogana è un cantiere notevole dal punto di vista dei tre criteri che, generalmente, un direttore dei lavori tiene in considerazione: le scadenze (i lavori sono stati realizzati in soli 14 mesi), la qualità (l’abilità tradizionale accostata a elementi di alta tecnologia) e il costo (la somma di 20 milioni di euro inizialmente prevista non è stata superata).
Il rispetto del preventivo è stato essenziale non solo per ragioni finanziarie ma anche perchè ha imposto un rigore e un risparmio di mezzi che si addice alla concezione dell’architettura di Tadao Ando.
Bisogna ammettere che la sfida lanciata per il recupero di Punta della Dogana meritava di essere raccolta. Il sindaco Cacciari, Pinault e la Soprintendenza di Venezia hanno creduto e lavorato molto per la riuscita del progetto. Oggi Venezia ha un polo per l’arte contemporanea che si aggiunge all’attività della Biennale e di altre fondazioni.
Questo risultato mostra l’enorme potenzialità di questa straordinaria città ed è un forte segnale per il futuro.

Per lottare contro l’erosione provocata dalla acqua salsa
che impregna tutti i muri di Venezia, per rinnovare le opere in muratura si utilizza la tecnica tradizionale dello
SCUCI E CUCI.
I muratori veneziani tolgono uno a uno i mattoni antichi
“mangiati” dalla salsedine e li sostituiscono con altri,
sempre antichi ma sani.
Questi ultimi sono mattoni di recupero acquistati sulla terraferma e scelti in funzione della loro dimensione, del loro colore, delle loro caratteristiche morfologiche. In funzione della sfumatura e delle misure
, se ne può dedurre il metodo di cottura e quindi l’epoca.
Alcuni dei muri originali, dall’aspetto rovinato ma strutturalmente in buono stato, sono stati così conservati, testimoni della forza dell’edificio.

10. Un primo piano di Monsieur François Pinault.
11. Un momento della giornata inaugurale del nuovo museo di arte contemporanea: da sinistra il sindaco di Venezia Massimo Cacciari, il presidente dell’impresa che ha eseguito i lavori di restauro, Pietro Dottor, e il presidente della
Fondazione François Pinault.
12. Un’immagine dell’architetto Tadao Ando durante l’inaugurazione di Punta della Dogana.
Nella pagina precedente alcuni dei personaggi ritratti durante la giornata dell’inaugurazione ufficiale del nuovo spazio espositivo di Punta della Dogana e della collezione di arte contemporanea della Fondazione Pinault:
6. Il sindaco di Venezia, Massimo Cacciari e l’arch. Gjlla Giani, direttore della rivista Casa Oggi-modi di vivere; 7. La dott.ssa De la Penne e l’arch. Giuseppe Maria Jonghi Lavarini, presidente della Di Baio Editore; 8. L’arch. Giulio
Proli con Tadao Ando durante l’intervista;
9. Da sinistra l’arch. Caterina Parrello con Paola Manfredi, dell’agenzia che ha curato l’evento.

La copertura originale dell’edificio è stata interamente
restaurata.
Le 130 capriate che costituiscono lo scheletro originario della struttura sono state quasi interamente recuperate.
Il trattamento di recupero e consolidamento della
superficie lignea ammonta quasi a 9.000 mq. di legno
(compresi i solai).

 

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