Prof.Paul De Clerck

A che punto si è giunti nella riflessione sull’altare?
L’altare è un oggetto e anche un segno. Ma un segno abitato: questo è importante. Col tempo ho acquistato la convinzione che si debba porre in evidenza la priorità della persona di Cristo, rispetto sull’oggetto. Perché a volte si manifesta la tendenza a sacralizzare l’oggetto in quanto tale, il che mi pare pericoloso per la liturgia: si rischia di perdere il rapporto simbolico. E’ la persona di Cristo che è importante. Certamente la qualità della presenza di Cristo la si ritrova sull’altare, in particolare nel momento della celebrazione, ma anche al di fuori di essa, quando l’altare si presenta solo, come puro segno. L’argomento è difficile e delicato. Tuttavia mi sembra importante sottolineare che caratteristica della presenza di Cristo sia la discrezione, non l’imposizione. Ecco che l’altare non deve essere grande, ma discreto. Non monumentale. Non eccessivamente carico di simboli o di sculture. E’ l’altare in quanto tale che è segno: un segno che richiama la pace.
Frédéric Debuyst Liturgista, Monastero di Clerlande (Belgio)

Vi sono dimensioni particolarmente appropriate?
C’è chi indica un cubo di 90 centimetri di lato. Per quel che mi concerne credo si possa pensare a una certa relazione fisico dimensionale tra altare e celebrante: per esempio un altare largo quanto le braccia aperte può essere adatto. Ma non più grande. Il problema è questo: quando l’altare era addossato alla parete, confrontandosi con le dimensioni del muro, aveva acquisito una proporzione notevole. Una volta che si è deciso di staccare l’altare dalla parete, spesso sono state mantenute le stesse dimensioni dell’altare addossato. Ma in questo modo l’altare è risultato sproporzionato alla nuova collocazione.

Anche per le concelebrazioni, anche nelle grandi cattedrali è preferibile un altare di dimensioni limitate?
Non credo vi sia alcuna differenza. A Lourdes, quando vi sono le grandi concelebrazioni con un’ottantina di sacerdoti, è evidente che non tutti stanno accanto alla mensa eucaristica….

In che relazione si pongono oggi i concetti di altare-ara e di altare-mensa?
Come indica Romano Guardini, la forma sensibile è quella del tavolo della cena. Ma insieme a questa, c’è l’idea del sacrificio, che tuttavia non si manifesta nell’orizzonte sensibile. E’ nella cena eucaristica che si ritrova anche la dimensione sacrificale, seppure in modo indiretto: noi non “vediamo” il sacrificio. Come specifica Guardini, l’altare è “una soglia” verso il sacramento. Tuttavia la presenza della reliquia del martire sotto l’altare non è essenziale. Lo è il richiamo alla mensa della cena nella “stanza al piano superiore”. Quella cena in cui si manifesta la volontà di Cristo di donare la propria vita: è in questo che prende corpo il sacrificio.

La carica simbolica dell’altare deriva anche dal modo in cui esso si relaziona con gli altri poli liturgici entro lo spazio della chiesa…
E’ importante che vi sia spazio attorno all’altare: per girarvi attorno. E una certa distanza con gli altri poli liturgici, così che non si crei una situazione da “corto circuito” nell’assommarsi di diversi elementi. Allo stesso tempo occorre che si mantenga uno stretto dialogo: tra altare e tabernacolo e tra altare e ambone. Sono argomenti questi per i quali non si può dare una regola: occorre esaminare caso per caso, comprendere le specifiche qualità spaziali. La relazione primaria è quella tra altare e assemblea. ma quanto debba l’assemblea stare vicina all’altare, è impossibile stabilirlo a priori. Dobbiamo considerare una distanza nella prossimità, una prossimità nella distanza. Nel Movimento liturgico, già anni prima che il Concilio ratificasse la nuova situazione, si tendeva a celebrare con l’altare verso il popolo. Ma ovviamente dopo il Concilio il tema della collocazione dell’altare ha acquisito un posto fondamentale nel dibattito sulla conformazione dello spazio celebrativo. Oggi il dibattito sta coinvolgendo in modo sempre più evidente l’ambone. Probabilmente perché oggi è cresciuta l’attenzione verso l’evangelizzazione.

In alcune chiese nuove si è cercato di realizzare una reale centralità geometrica dell’altare. Che ne pensa?
Questo non mi sembra giusto: perché ognuno deve avere la possibilità di collocarsi dove meglio crede nell’assemblea parrocchiale. Non essere costretto alla situazione di equidistanza implicito in uno spazio circolare con altare al centro. Tra i fedeli vi sono anche coloro che desiderano nascondersi, defilarsi…. Vi sono diverse sensibilità che vanno rispettate. Ancora: l’altare non va imposto. Credo che sia importante sottolineare che c’è libertà di collocazione dei poli liturgici.

L’aula liturgica del Monastero di Bose. L’ambone è al centro dell’assemblea, in linea con l’altare.

Recentemente si è tornati a sottolineare l’importanza dell’orientamento della chiesa…
L’orientamento deve essere verso Cristo. Nello spazio architettonico di particolare importanza mi sembra il concetto di “genius loci” cristiano. Questo è dato anzitutto dall’identità del luogo e dal suo carattere, nel senso in cui li definisce Norberg Schultz. Pure l’orientamento è importante, ma lo metterei dopo le considerazioni su identità e carattere. Il carattere mi sembra lo si ritrovi anche nella forma che assume l’assemblea e nei movimenti che questa può svolgere. Per esempio, nel nostro monastero di Clerlande in Belgio, noi monaci celebriamo rivolti all’altare, ma durante la preghiera ci rivolgiamo verso l’abside, che è posta verso est.

Condividi

Utilizziamo i cookie per offrirti la migliore esperienza sul nostro sito web.
Puoi scoprire di più su quali cookie stiamo utilizzando o come disattivarli nella pagine(cookie)(technical cookies) (statistics cookies)(profiling cookies)